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domenica 4 marzo 2018

WICHITA

110_WICHITA Stati Uniti 1955;  Regia di Jacques Tourneur.

Jacques Tourneur può vantare un posto di assoluto rilievo nella galleria dei grandi registi grazie soprattutto ad alcune pellicole inquietanti, tra le quali vale la pena ricordare i classici horror Il bacio della pantera, Ho camminato con uno zombie e il capolavoro noir Le catene della colpa. E’ quindi evidente che l’autore abbia una predilezione per il lato oscuro delle cose, che si manifesta anche in un film come Wichita, che in qualità di western, dovrebbe invece avere, almeno stando alle vie canoniche, tutt’altra prospettiva. Eppure, basta guardare la scena dove Wyatt Earp (interpretato da un solido Joel McCrea) incontra Wallace con la mandria e i suoi cowboys, per capire che il regista non abbia perso la sua cifra stilistica: il Cinemascope è ben usato da Tourneur per mostrare la vastità delle pianure americane e, sulle alture sullo sfondo, si nota un cavaliere. Tutto quello spazio aperto dovrebbe rassicurarci, l’uomo a cavallo è solo, che pericolo ci può essere per un numeroso gruppo di cowboys armati e ben avvezzi all’uso delle pistole? Sarà quell’assenza di ripari, quell’essere sperduti in mezzo ad uno spazio che sembra infinito ma, nelle mani del regista francese, tutto questo mette inquietudine; anche Mr. Wallace si preoccupa, infatti, e manda Al (il poco rassicurante Jack Elam) a controllare che non ci sia nessuno con l’uomo che sta’ arrivando. Ma già dalla notte successiva a quell’incontro tra Earp e i mandriani, Tourneur mette l’accento su quello che per lui è Wichita, e forse l’intero genere western. Wichita è una città simbolica della conquista del west, divenne infatti famosa con il termine di cowtown proprio per il suo essere principale svincolo tra le mandrie dell’ovest e i mercati dell’est. 
E, del resto, anche il personaggio storico Wyatt Earp, protagonista di questo film, è uno dei più emblematici simboli del selvaggio west, soprattutto grazie ad un episodio successivo alla sua permanenza a Wichita, ovvero la celeberrima sparatoria all’OK Corrall di Tombstone. Ecco, forse Tourneur intende Wichita, il suo film, come un manifesto, una rappresentazione del west e quindi, nel pieno rispetto del genere, dell’America stessa: già la sequenza in notturna quando, all’inizio del lungometraggio, i due fratelli provano a derubare Earp, è illuminata quasi come se fossimo a teatro, con lo sconfinato paesaggio delle pianure americane a fare da fondale alla recita che va in scena in primo piano. 


E poi il film pullula di duelli, di confronti viso a viso, che sembrano tante rappresentazioni; con la coreografia della cittadina tipicamente western a fare da scenario. Forse non è un caso che l’editore locale inviti Earp ad entrare con il cavallo direttamente nella redazione del giornale: l’idea è di mettere il personaggio eroico del west (e il suo inseparabile cavallo) dentro, all’interno del luogo dove si costruisce la storia del west; che, parlando di Earp, personaggio che divenne famoso grazie alle cronache dell’epoca, è quanto mai opportuno. E se per il west della realtà lo strumento per avere notorietà furono i giornali dell’epoca, per il western nel XX secolo questo strumento è stato il cinema: ecco quindi che il genere assume quel valore simbolico che ebbero gli eroi del tempo. Il problema di fondo che affronta la storia narrata è quello della violenza e di come la legge possa, o meglio debba, metterne un freno anche a costo di limitare la libertà che è però assoluta prerogativa del west e dell’America stessa. Earp non ha dubbi, in proposito; non ha neanche, comprensibilmente, voglia di prendersi la patata bollente; ma non ci sono scappatoie, per mettere un freno alla violenza occorre limitare la libertà (di essere violenti) anche a costo di usare la forza. 


  E’ una sorta di cortocircuito, visto che l’imposizione di misure restrittive può essere intesa come un atto di violenza essa stessa; ma ai benpensanti di Wichita non interessa tanto questo scrupolo morale, quanto i mancati guadagni se i cowboys dovessero decidere di andare a spendere i loro soldi in città che facciano meno storie a fronte delle loro scorribande nelle giornate di paga. Ma anche Mr. McCoy, il tipico facoltoso uomo del west e strenuo avversario dei metodi radicali di Earp, dovrà ricredersi: non c’è alternativa, la violenza deve essere bandita, a qualunque costo. Purtroppo, pare che sia una lezione non ancora, nemmeno oggi, accettata da tutti.     




Vera Miles



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