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lunedì 26 marzo 2018

IL BRUTO E LA BELLA

121_IL BRUTO E LA BELLA (The Bad and the Beautiful). Stati Uniti, 1952;  Regia di Vincente Minnelli.

Il bruto e la bella è un titolo che richiama fortemente quello della famosa fiaba, La bella e la bestia, sebbene in questo caso sia invertito l’ordine dei nomi; forse perché, se dobbiamo tenere presente qualcosa di quel vecchio racconto, si sappia che non è il mondo della cultura europea (di cui la fiaba era espressione) ad essere sotto l’esame di Vincente Minnelli, regista del lungometraggio con protagonisti Kirk Douglas, Lana Turner, Gloria Grahame, Dick Powell e Walter Pidgeon. Un cast così importante è giustificato dal tema dell’opera: Minnelli riflette sulla natura del cinema, con un film smaccatamente metalinguistico. La pellicola è divisa in tre parti, che vedono i protagonisti, un regista (Barry Sullivan), una diva (la Tuner) e uno scrittore (Powell), di volta in volta relazionarsi e, in un certo senso, essere sfruttati da un produttore (Douglas), che farà fortuna anche grazie al loro talento. Sebbene siano evidenziati i meriti di intuito, perspicacia e lungimiranza, che sono determinanti nella carriera di chi deve investire al meglio i capitali economici in prodotti che siano non solo artisticamente belli ma anche remunerativi, è evidente una critica alla rapacità dei produttori hollywoodiani, che forse anche grazie a questa pellicola, godranno nel tempo di una pessima fama. Minnelli sottolinea inoltre l’incapacità artistica di Shields, il produttore interpretato da Douglas, nel momento in cui licenzia il grande regista Von Ellsten e si improvvisa dietro la macchina da presa, con pessimi risultati, economicamente addirittura catastrofici.

Il film è molto ben costruito, che il regista di origine italiana è capace di raccontare ma, sebbene i tre atti della pellicola siano narrativamente collegati in senso cronologico, arrivati al terzo paragrafo, quello dello scrittore Lee Barlow (Dick Powell), ci si scoraggia un poco nel vedere ripartire da capo una nuova vicenda prevedibilmente simile alle due precedenti. Ma tant’è, l’intento di Minnelli è di descrivere i tre importanti aspetti della macchina cinema, e i suoi quatto cardini (produttore, regista, attore, sceneggiatore) e quindi anche l’ultimo capitolo è inevitabile. Forse, consapevole del rischio di appesantire la storia con troppi passaggi simili (il produttore è prima amico, poi sfruttatore del collaboratore di turno), il regista introduce una variabile in questo terzo tempo della pellicola: e che variabile, Gloria Grahame! 

Pur se limitata dal dover interpretare la parte di quella che, a prima vista, sembra la classica oca, l’attrice trova il modo di lasciare sulla pellicola il fascino che la contraddistingue, rivaleggiando e mettendo in ombra una diva del calibro di Lana Turner. Senza dimenticare l'Oscar vinto come miglior attrice non protagonista. Nel film, i tre collaboratori (regista, diva e scrittore) vengono convocati da Harry Pebbel (Walter Pidgeon), co-produttore di Shields, perché quest’ultimo ha un nuovo entusiasmante progetto per le mani, ma, dopo la bancarotta in seguito al suo fiasco, necessita aiuto. I tre hanno da tempo abbandonato Shields, tutti traditi dall’arrivismo dell’uomo e nessuno di loro accetta di tornare a lavorarci insieme. 

Neppure quando Pebbel ricorda loro di quanto Shields sia stato, in sostanza, almeno inizialmente l’artefice dei loro successi, essi cambiano idea: troppo gravi le scorrettezze del produttore, per poter essere perdonate. Il lieto fine, inaspettato, avviene esclusivamente dopo l’ascolto del progetto di Shields di soppiatto, e senza quindi il contatto umano: i tre stanno uscendo dall’ufficio di Pebbel, dopo il loro categorico rifiuto, quando non resistono dall’alzare una cornetta di un apparecchio telefonico secondario per ascoltare Shields raccontare a Pebbel le caratteristiche del nuovo film a cui vorrebbe lavorare. E proprio la genialità di quanto ascoltano, sembra farli cambiare idea.
Insomma, l’importanza del cinema, secondo Minnelli, non è nelle caratteristiche umane di chi ci lavora, ma in quelle del cinema stesso, in senso assoluto.
E, dunque, lunga vita al cinema!

Lana Turner









Gloria Grahame











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