1555_QUI SQUADRA MOBILE - UN CASO ANCORA APERTO . Italia 1973; Regia di Anton Giulio Majano
Nel terzo appuntamento gli autori di Qui Squadra Mobile si
prendono un rischio mica da ridere: al centro della scena è infatti il piccolo Paolo
(Fabrizio Mazzotta), un bimbo di una decina d’anni abbandonato a sé stesso. Il
pericolo, soprattutto per una serie poliziesca, è che la commozione derivante
da vicende che vedano coinvolti innocenti bambini finiscano per ammosciare la tensione
narrativa, finendo per svilire un racconto che fa dell’azione il suo punto di
forza. Ma lo si è detto: uno degli obiettivi di Qui Squadra Mobile è
mostrare il lato umano della Polizia e quindi la scelta degli autori è di un
rischio calcolato. Superato in modo indenne, per altro, soprattutto grazie alla
simpatica verve di Mazzotta –che, in seguito, diverrà esperto doppiatore– che,
nonostante la giovanissima età, si disimpegna con sorprendente nonchalance. La
presenza di un ragazzino con cui avere a che fare è il pretesto narrativo che consente
alla coppia Alberto Argento –capo della Sezione Rapine– e Giovanna Nunziante –ispettrice
della Polizia Femminile– di prendere il centro della scena. L’attenzione che lo
sceneggiato riserva alle «donne-poliziotto», definizione che oggi farebbe
inorridire gli amanti del politicamente corretto ma che al tempo si usava abitualmente,
vuole probabilmente essere, negli intenti degli autori, un riconoscimento a
tutte quelle agenti che cercavano di sovvertire anche un certo scetticismo nei
loro confronti. In Italia, la professione di agente di polizia era aperta agli
individui di sesso femminile dal 1961 e non aveva ancora una tradizione particolarmente
consolidata. Con una certa dose di onesta ingenuità, Majano e i suoi
collaboratori riservano alla Nunziante i compiti dove possa far valere la propria
sensibilità, caratteristica che, almeno nell’immaginario comune, vede le donne
essere particolarmente dotate. E anche questo, volendo vedere, rientra a pieno
titolo nel tentativo di riqualificazione della reputazione della Polizia agli
occhi dell’opinione pubblica che è un po’ la cifra stilistica complessiva di Qui
Squadra Mobile. Tra le operazioni di cui si incarica la Squadra Mobile, per
risolvere il caso al centro di questo episodio, c’è quella di rintracciare il
padre di Paolo, il bambino trovato a vivere di espedienti in avvio di puntata. Un
lavoro collettivo che coinvolge anche Leonello Astolfi (Gino Lavagetto), capo
della Sezione Furti, e Ugo Moraldi (Giulio Platone), capo della Buoncostume. Senza
dimenticare il sottoufficiale della Squadra, il maresciallo Enrico Attardi
(Francesco di Federico), un personaggio un po’ macchiettistico ma che, con la
sua spiccata umanità, scala posizioni su posizioni nel gradimento con l’andar
degli episodi. In uno sceneggiato particolarmente avaro dal punto di vista del
glamour femminile, anche comprensibilmente, considerato l’ambientazione, salta
subito all’occhio la fugace presenza di un’attrice del calibro di Vira Silenti.
L’elegante Vira, nei panni di «una crocierista», ci mostra amabilmente come
bere tequila con sale e limone. Nel 1973, sul Programma Nazionale, l’odierna
Rai Uno, in prima serata: noblesse oblige.
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