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lunedì 7 ottobre 2024

QUI SQUADRA MOBILE - UN'INDAGINE ALLA ROVESCIA

1557_QUI SQUADRA MOBILE - UN'INDAGINE ALLA ROVESCIA . Italia 1973; Regia di Anton Giulio Majano

“Roma è un’immensa fabbrica di disadattati” così, laconicamente, commenta la situazione il Capo della Mobile, commissario Carraro, discutendo con il procuratore Lancia, in apertura del quinto episodio. L’occasione è il ritrovamento di due cadaveri nel Tevere, di cui non si sa niente: se non si riuscirà a scoprire l’identità delle vittime, sarà impossibile risalire al colpevole. Secondo Carraro, e qui prende la motivazione la sua affermazione, si tratta di un delitto occasionale e non legato alla malavita. Come già visto in precedenza, in particolare nella seconda puntata, nella capitale il crimine non si era ancora organizzato ma questo rendeva le cose, sotto un certo aspetto, anche più difficili per le forze dell’ordine. Il che è, certamente, una provocazione, in ogni caso le indagini, in questo specifico caso, fanno subito un deciso passo in avanti grazie al puntuale lavoro della scientifica guidata da De Maria. L’identikit delle due vittime, nonostante fossero in acqua da più di quaranta giorni, è somigliante al punto che, tra le tante telefonate di mitomani, c’è quella di Agata Mainardi (Isabella Riva), un’anziana signora che imbastisce una prima gag umoristica coi due centralinisti della sala operativa del 113 (Silvio Anselmo e Mario Righetti) e poi con il commissario Argento e il maresciallo Attardi. La signora, infatti, che ha riconosciuto le due persone ritrovate nel Tevere, chiede e ottiene da Argento che questi, con la scusa dell’interrogatorio, le porti a domicilio del “polmone per i suoi gatti”. La donna, per altro –dopo essere stata cruciale per l’indagine rivelando l’esistenza della piccola Gabriella (Emanuela Rossi), ragazzina con un lieve ritardo, figlia della coppia trovata morta – cercherà di pagare l’alimento per i suoi micetti al commissario, rivelando la sua indole onesta a tutto tondo. Si tratta di un passaggio certamente secondario, sebbene riveli il dettaglio cruciale, ma la simpatica cura con cui viene gestito denota lo spirito alla base di Qui Squadra Mobile, un lavoro nel quale si cerca, oltre ad intrattenere il pubblico, di dare fiducia nelle istituzioni e, più in genere, nella società. Questo senza edulcorare il contesto: infatti l’asilo lager gestito da un guardiano (Aleardo Ward) e una direttrice (Lia Curci) a dir poco squallidi, sembra, in effetti, perfino esagerato nel senso opposto, considerato il target dello sceneggiato. Ma questo è niente: la scena in cui piccola Gabriella racconta come quello che credeva un amico di famiglia, Michelangelo (Daniele Tedeschi) –un contrabbandiere omicida, sedicente mago, nonché vero «cattivo» della puntata– si preparasse ad ucciderla, fa gelare il sangue nelle vene. L’uomo temeva che la ragazzina potesse aver visto qualcosa a proposito della brutta fine dei genitori, eliminati dal contrabbandiere, e, mentre cercava di accertarsi di questo fatto, aveva portato Gabriella nel bosco e si era già messo preventivamente a scavare. Un passaggio di forte emozione utilizzato, narrativamente, dagli autori, per riavvicinare il commissario Argento e l’investigatrice Nunziante, che avevano il compito di interrogare la piccola. Quel giorno, nel bosco, la povera giovane aveva davvero creduto all’uomo, che le diceva di scavare una trappola per conigli? Michelangelo aveva stranamente insistito, per sapere da Gabriella se aveva guardato nella serratura, quella sera in cui i suoi genitori, prima di partire, avevano urlato tanto. Naturalmente la ragazzina certe cose non le faceva ma il contrabbandiere aveva bisogno di essere sicuro. Ma, forse, aveva finito per insistere troppo, forte del fatto che Gabriella non fosse troppo sveglia? Ma la ragazzina aveva davvero questi problemi o era soltanto capitata in una famiglia non esattamente ideale per crescere? E se avesse compreso a cosa serviva la buca e non si fosse bevuta del tutto la storia della trappola per conigli? Dubbi che rimangono aleggianti sulla storia e, pur essendo atroci, sono forse la cosa migliore di questa prima stagione di Qui Squadra Mobile


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