1558_QUI SQUADRA MOBILE - SENZA DIFESA . Italia 1973; Regia di Anton Giulio Majano
L’incipit
dell’ultimo episodio della prima stagione di Qui Squadra Mobile,
comincia in modo traumatico: il cane Brick, a spasso per il parco con il
proprio padrone, trova casualmente un cadavere di una povera ragazza. Majano
non vuole però sconfessare i suoi propositi, e calma subito la tensione
narrativa con una gag che coinvolge Carmelo (Giacomo Furia), l’agente che si
preoccupa di portare il caffè ai commissari, e i due protagonisti principali,
il capo della Mobile Carraro e quello della Omicidi Solmi. L’occasione è quella
di rammentare ai telespettatori che, nonostante le condizioni di lavoro tra
omicidi e assassini, e il carattere brusco, l’uomo al comando della Squadra
Mobile è un appassionato d’arte – nello specifico colleziona copie dei quadri che
tappezzano il suo ufficio. Una caratteristica che lo accomuna a molti altri
esponenti delle forze dell’ordine del piccolo schermo, dal commissario Alzani (Renato
De Carmine) di Aprite: Polizia!, al suo successore nella seconda
stagione di Qui Squadra Mobile, il commissario Guido Salemi (Luigi
Vannucchi) per citare un paio. Quella della passione per l’arte è un altro
ingrediente che gli autori Rai sono evidentemente sempre attenti ad aggiungere,
nella caratterizzazione dei poliziotti protagonisti di queste serie, per
alimentarne il carisma umano, che rimane uno degli obiettivi primari di questi
sceneggiati. Tornando alla trama gialla, quella trovata morta è solo una povera
ragazza di campagna appena giunta a Roma dalla Sardegna, sfortuna vuole che si
imbatta nelle persone sbagliate, senza avere alcuna colpa. Queste persone altro
non sono che Tonino Corrias (Soko), un capellone tossico suo paesano, e Romeo
Rovigati (Gianni Musy), losco gestore di un’agenzia di collocamento fittizia
che serve da copertura per il traffico di stupefacenti. L’episodio si segnala
anche per la manovra «insubordinata» del commissario Solmi che abbandona il
gioco di squadra, che puntava ad arrivare all’assassino mediante un
procedimento collettivo, affidandosi al suo istinto. L’intuizione del capo
della Omicidi è giusta, tuttavia l’operazione in solitaria lo espone a rischi
che, concertando l’azione con i colleghi, si potevano evitare. Insomma, alla
fine perfino un tipo burbero come Carraro è costretto a fare i complimenti al
suo collaboratore, che, da parte sua, promette di fare tesoro della lezione e
farsi in futuro più prudente. Ma, per quel 1973, la Squadra Mobile protagonista
della serie Rai, aveva finito il suo mandato. Con onore, questo è sicuro.
Nessun commento:
Posta un commento