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mercoledì 9 ottobre 2024

QUI SQUADRA MOBILE - SENZA DIFESA

1558_QUI SQUADRA MOBILE - SENZA DIFESA . Italia 1973; Regia di Anton Giulio Majano

L’incipit dell’ultimo episodio della prima stagione di Qui Squadra Mobile, comincia in modo traumatico: il cane Brick, a spasso per il parco con il proprio padrone, trova casualmente un cadavere di una povera ragazza. Majano non vuole però sconfessare i suoi propositi, e calma subito la tensione narrativa con una gag che coinvolge Carmelo (Giacomo Furia), l’agente che si preoccupa di portare il caffè ai commissari, e i due protagonisti principali, il capo della Mobile Carraro e quello della Omicidi Solmi. L’occasione è quella di rammentare ai telespettatori che, nonostante le condizioni di lavoro tra omicidi e assassini, e il carattere brusco, l’uomo al comando della Squadra Mobile è un appassionato d’arte – nello specifico colleziona copie dei quadri che tappezzano il suo ufficio. Una caratteristica che lo accomuna a molti altri esponenti delle forze dell’ordine del piccolo schermo, dal commissario Alzani (Renato De Carmine) di Aprite: Polizia!, al suo successore nella seconda stagione di Qui Squadra Mobile, il commissario Guido Salemi (Luigi Vannucchi) per citare un paio. Quella della passione per l’arte è un altro ingrediente che gli autori Rai sono evidentemente sempre attenti ad aggiungere, nella caratterizzazione dei poliziotti protagonisti di queste serie, per alimentarne il carisma umano, che rimane uno degli obiettivi primari di questi sceneggiati. Tornando alla trama gialla, quella trovata morta è solo una povera ragazza di campagna appena giunta a Roma dalla Sardegna, sfortuna vuole che si imbatta nelle persone sbagliate, senza avere alcuna colpa. Queste persone altro non sono che Tonino Corrias (Soko), un capellone tossico suo paesano, e Romeo Rovigati (Gianni Musy), losco gestore di un’agenzia di collocamento fittizia che serve da copertura per il traffico di stupefacenti. L’episodio si segnala anche per la manovra «insubordinata» del commissario Solmi che abbandona il gioco di squadra, che puntava ad arrivare all’assassino mediante un procedimento collettivo, affidandosi al suo istinto. L’intuizione del capo della Omicidi è giusta, tuttavia l’operazione in solitaria lo espone a rischi che, concertando l’azione con i colleghi, si potevano evitare. Insomma, alla fine perfino un tipo burbero come Carraro è costretto a fare i complimenti al suo collaboratore, che, da parte sua, promette di fare tesoro della lezione e farsi in futuro più prudente. Ma, per quel 1973, la Squadra Mobile protagonista della serie Rai, aveva finito il suo mandato. Con onore, questo è sicuro.  


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