1562_APRITE: POLIZIA! UN PAESE CHE LEGGE. Italia 1973; Regia di D'Aniele D'Anza
Dopo le prime due puntate, in cui ci era scappato il
morto, nella terza la vittima, alla fine dell’episodio, si era scoperto che
l’aveva scampata. Chissà, forse era il modo per sdoganare altre forme di
indagine otre a quelle che vertevano su un assassinio. Fatto sta che nel quarto
episodio, Un paese che legge, siamo in pieno clima di spionaggio
industriale, con i segreti di una ditta chimica del centro Italia che vengono trafugati
all’estero. Già il fatto che ad indagare sia mandato un commissario della Squadra
Mobile di Roma può sembrare inconsueto, ma poi la stranezza più grande è che la
vicenda tutto sembra tranne che una storia di spie. Oltretutto, l’ambientazione
agreste del paesino sperduto nelle Marche, sembra l’antitesi di una questione
di formule rubate tra impianti e laboratori chimici. Il piano del commissario
Alzani è poi, un’altra idea bizzarra: nessuno, nel paesino, si beve la storia
che sia un pittore, e anche Patanò, come venditore ambulante, non convince
assolutamente. Ma questo era appunto il piano di Alzani, forse per costringere
gli avversari a fare la prima mossa. Le storie di spionaggio sono molto
particolari e non si può dire che Un paese che legge ne interpreti a
dovere gli stilemi; si può semmai annotare che nel titolo è nascosta già la
chiave dell’enigma, ovvero il modo in cui le formule venivano trafugate. La
talpa, il dipendente della ditta chimica che fa uscire le informazioni, è Luigi
(Alberto Lupo), che sottolinea parole e cifre alla bisogna da alcuni libri, in
modo da comporre le formule segrete. I volumi in questione vengono fatti
circolare in tutto il paese grazie alla biblioteca, gestita dalla fidanzata di
Luigi, Maria (Milly Vitale): in questo modo anche intuendo il sistema sarà
arduo stabilire chi, tra i tanti che si passano di mano il libro, è il
destinatario della soffiata. Lo sceneggiato non si può dire particolarmente
avvincete, sebbene il finale concitato ribalti perfino le previsioni: dopo una impensabile
scazzottata tra Alzani e Luigi, questi viene freddato prima che possa parlare.
A sparare è quello che era sembrato più innocuo di tutti, Clorindo (Arturo
Bragaglia), il vecchietto appassionato di pittura, che conosceva Giovanni Segantini
e il Divisionismo. Amare l’Arte –come fa anche Alzani, peraltro– non è garanzia
di rettitudine; e già anche solo questa sottolineatura, permette comunque di
salvare una puntata magari non irresistibile.
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