1496_QUARANTAMILA CAVALIERI (Forty Thousand Horsemen). Australia, 1940; Regia di Charles Chauvel.
Fumettone più propagandistico che storico, Quarantamila cavalieri è un film godibile ed avvincente. Nel 1940 l’Australia era ormai impegnata nella Seconda Guerra Mondiale ma, per questo conflitto, sull’isola non si era ripetuto l’entusiasmo che si era verificato in occasione della Grande Guerra. Con un occhio al botteghino e uno al patriottismo che spronasse i giovani ad una maggior partecipazione, gli autori Charles Chauvel, Elsa Chauvel e E.V. Timms, imbastirono una storia romantico avventurosa calibrata in modo mirabile. Il canovaccio che sorregge Quarantamila cavalieri fila infatti come una palla sul bigliardo e il solo Charles Chauvel, in sede di regia, si occupò poi di trasformala nel film campione d’incassi dell’epoca. Protagonista della pellicola è, stando ai manifesti, Grant Taylor nei panni di Red Gallagher, un soldato della Cavalleria Leggera Australiana, un corpo militare che vantava alcune caratteristiche peculiari: si trattava, infatti, di un reparto della Fanteria e non della Cavalleria. Infatti, durante le cariche, tra i momenti di maggior spicco del film di Chauvel, si può notare che i militari non facessero ricorso all’uso di spade o lance ma usassero il fucile con la baionetta innestata, proprio come veri fanti. Questi dettagli lievemente documentaristici sono importanti perché sorreggono con la loro costante presenza il racconto mantenendolo sempre narrativamente credibile. I riferimenti agli episodi storici, inoltre, scadenzano la vicenda, funzionando a dovere nello stesso senso: così assistiamo alla marcia verso l’oasi di Ogratina, alla Battaglia di Romani, alla Battaglia di Gaza e, per concludere, alla Battaglia di Beersheba. La campagna del Sinai e della Palestina sono così mostrate in modo spettacolare, grazie alla scenografica partecipazione delle Cavalleria Leggera Australiana oltre che dagli spettacolari panorami desertici e dall’utilizzo, forse un po’ strumentale ma efficace, dei pittoreschi nemici. I cattivi della storia, infatti, sono gli spietati tedeschi, dalle nere uniformi e sempre accigliati, e i loro alleati turchi, meno inquietanti ma tratteggiati in modo ugualmente grossolano.
Non si tratta di una critica al film, sia chiaro, visto il tenore di un’opera che spinge il pedale sulla facilità di fruizione e, quindi, necessita che i cattivi di turno facciano i cattivi senza troppi fronzoli. Viene il sospetto, per la verità, che agli elementi in questione la cosa venne, anche sotto il profilo storico, particolarmente bene. Tuttavia non si può pretendere un approccio strutturato delle ragioni o avente profondità nel valutare le parti in causa, quando il testo si presenta, a partire sin da subito, come un sano e onesto film di parte. Lo si è detto, Quarantamila cavalieri è un’opera di propaganda, in questo ben supportata, oltre che dal narrato, dalla messa in scena evocativa, dai citati scenari esotici, dalla musica trascinante (con particolare merito alla canzone Waltzing Matilda, cantata dai soldati a cavallo e vero tema musicale del film), oltre che dalle esaltanti cariche dei cavalieri davvero coinvolgenti. Ci sono anche dei siparietti comici o quantomeno leggeri di cui si occupano gli amici di Red, Larry (Pat Twohill) e Jim (Chips Rafferty), ad esempio con il gioco delle monete truccate con cui imbrogliano spudoratamente gli abitanti locali. Gli australiani sono infatti tratteggiati nella loro vera natura piuttosto schietta, come si evince dal linguaggio particolarmente colorito per l’epoca. Pare che un giovanissimo Clint Eastwood si fosse recato con i genitori a vedere il film, quando uscì in America. La famiglia Eastwood, al sentire i soldati australiani esclamare senza alcun ritegno damn! o hell!, imprecazioni all’epoca non così comuni al cinema, uscì presto dalla sala.
Il buon Clint ritornò successivamente da solo, certo per gustarsi, oltre al colorito linguaggio, anche la sana avventura contenuta nell’opera. O forse anche lui fu ghermito dal carisma della vera protagonista del film, la fulgida Betty Bryant nei panni di Juliette, la francesina che flirta con Red. Questi, interpretato da quel Grant Taylor che abbiano detto essere la star di cartello dell’opera, è in realtà surclassato dalla presenza scenica della Bryant e del suo personaggio. Una cosa di cui dovevano essere consapevoli anche gli autori del soggetto, visto che Juliette, nel racconto, cava un paio di volte il militare dai guai, rovesciando il cliché che vede il cavaliere salvare la damigella. Nel farlo, spesso Juliette si camuffa per sembrare un ragazzo (cosa su cui scherza pure con Red), in un modo che, se vogliamo, interpreta lo spirito del film. Ovvero, il travestimento della ragazza è abbastanza riuscito per farci ritenere che sia credibile nel film, ma non è certo in grado di ingannare lo spettatore, visto che lascia ben apprezzabili le grazie anatomiche della giovane. Insomma, dopo l’ottima interpretazione e la superba presenza scenica, rimane un unico rammarico a proposito di Betty Bryant in Quarantamila cavalieri: durante il tour promozionale del film si innamorò e sposò uno dei manager della MGM e la sua carriera ebbe sostanzialmente termine. E dire che il regista del film Charles Chauvel era convinto di aver lanciato l’Errol Flynn in gonnella!
Betty Bryant
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