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giovedì 13 ottobre 2022

TEKNOLUST

1131_TEKNOLUST . Stati Uniti, Regno Unito, Germania 2002;  Regia di Lynn Hershman Leeson.

La presenza non di una ma addirittura quattro Tilda Swinton è uno dei possibili motivi che spingono ad avvicinarsi a Teknolust, sperimentale film fantascientifico di inizio terzo millennio. Il lungometraggio è spiazzante, vuoi per certi contenuti erotici espliciti, vuoi per la confezione formale di livello quasi amatoriale, nella quale la Swinton peraltro sembra sguazzare come un pesce nell’acqua. La magnetica attrice britannica interpreta Rosetta Stone, una scienziata al lavoro sul DNA, e le sue tre repliche da laboratorio, Marine, Olive e Ruby. Quest’ultima la più indipendente, intraprendente e, soprattutto, sexy: nel complesso più che una sfaccettatura di Rosetta, la sua più spiccata personalità, tanto da essere scelta come protagonista di Agent Ruby, sorta di spin-off al di fuori dell’ambito cinematografico. Questo sebbene il personaggio-madre è naturalmente colei che porta il nome della Stele di Rosetta: la scienziata è la classica studiosa ligia al dovere nonostante non le siano professionalmente riconosciuti i meriti, mentre i tre cloni ne dovrebbero interpretare in modo diverso la personalità, un po’ come i frammenti della famosa pietra facevano con il decreto tolemaico riportandolo ognuno in un’antica grafia diversa. Il rimando alla Stele di Rosetta sembrerebbe significare che non è tanto importante il testo in sé quanto il fatto che una personalità possa esprimersi in modi completamente diversi, un po’ come nell’esempio il decreto tolemaico è trascritto coi geroglifici, in demotico e in greco antico. E forse proprio il confronto tra queste diverse interpretazioni permette la piena comprensione: e qui è inevitabile fare riferimento alla regista Lynn Hershman Leeson e al suo studio sugli avatar. Il suo esperimento con l’alter-ego Roberta Breitmore risale agli anni Settanta, quando la polivalente artista impersonò Roberta nella vita reale e ingaggiò altre tre ‘Robertas’ in una situazione che pare poi in parte ripresa dal film Teknolust. Ma l’universo della Leeson è troppo articolato e, per quanto pregno di aspetti interessanti, un film che ne è unicamente una scheggia ma che ne incarna allo stesso tempo molti significati, può affascinare ma restare anche poco intellegibile sebbene l’approccio leggero dell’opera sia non poco di aiuto almeno alla sua fruizione. In questo senso perfetta la scelta della Swinton per le quattro facce della protagonista: con il suo glamour astratto e consapevolmente ironico Tilda è certamente un valore aggiunto al film, senza peraltro deviarne lo spirito. Noblesse oblige.  



Tilda Swinton 






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