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venerdì 28 ottobre 2022

RACCONTI FANTASTICI: NOTTE IN CASA USHER

1146_RACCONTI FANTASTICI: NOTTE IN CASA USHER .Italia 1979;  Regia di Daniele D'Anza.

Competenza, capacità, coraggio, ambizione e anche un pizzico di irriverenza: queste alcune delle armi con cui Daniele D’anza capeggia un’equipe televisiva di altissimo livello è riesce in un’impresa sorprendente. Notte in Casa Usher, il primo film televisivo dei Racconti Fantastici, non è una trasposizione di un racconto di Edgar Allan Poe, come sarebbe naturale pensare riferendosi ad una miniserie dedicata al grande scrittore americano. Piuttosto è l’amalgama di alcuni elementi tipici della poetica di Poe, conditi con particolari coreografici comunque attinenti alla sua opera, per ottenere qualcosa che se è originale, lo è anche grazie alla diversa ricomposizione dei citati ingredienti. In Notte in Casa Usher più che La caduta di Casa Usher come sarebbe prevedibile dal titolo, i riferimenti strutturali del racconto sono principalmente Il ritratto ovale e Il cuore rivelatore. Ma c’è ovviamente anche Roderick Usher (uno strepitoso Philippe Leroy), personaggio principale de La caduta di Casa Usher che qui assume il ruolo del pittore de Il ritratto ovale oltre ad ospitare gli altri due protagonisti del film. Il Giudice (Gastone Moschin, forse il migliore del lotto) e il Giovane (Vittorio Mezzogiorno, inquietante), viaggiano in coppia e, rimasti in panne con l’auto, vagano in una improbabile e inquietante nebbia finendo per trovare l’imponente residenza degli Usher. Il film ha un’ambientazione contemporanea eppure l’atmosfera tra le antiche mura della magione ci ripiomba direttamente nelle pagine di Poe. 

Anche perché il décor trabocca di riferimenti ai suoi racconti, tra cui il gigantesco e mortale pendolo è solo il più evidente. In regia D’Anza padroneggia le riprese da par suo, snodandosi nei corridoi, nei passaggi segreti, nelle camere avvolte dall’oscurità; in sede di sceneggiatura fondamentale la collaborazione di Biagio Proietti per una vicenda che, come detto, riesce ad imbastire diversi spunti tratti da Poe pur mantenendo un filo del discorso autonomo. Notevoli le scenografie di Elena Poccetto Ricci e fondamentali anche le musiche dei Pooh che accompagnano il racconto con una certa autorevolezza. Pur avendo già affrontato il tema del cast del film, manca ancora da citare il comparto femminile, ma andava necessariamente lasciato in chiusura per poter finire quanto mai in bellezza. A cominciare da Erika Blank, stratosferica nella malsana parte della gestrice del bar della stazione di servizio dove arriva il Giovane. Ambigua, lasciva, audace, l’uomo che prova a sedurre non ha evidentemente tutte le rotelle a posto, come dimostrerà in seguito, per scegliere di lasciarla perdere. D’Anza riesce poi a fornirci le immagini di una Maria Rosaria Omaggio, nei panni della donna del ritratto, forse più bella di sempre. Il bianco e all’apparenza pudico vestito che l’avvolge ne sottolinea le sinuose ed eleganti forme e il risultato riesce pienamente a soddisfare il pretesto, invero assai difficile da concretizzare sullo schermo, che era alla base del racconto di Poe. Ma una Maria Rosaria Omaggio così ha la magia sufficiente per giustificare l’arte sublime del maestro americano, del resto valorizzata da tutto quanto il film. Eccellente.   

Erika Blank 

Maria Rosaria Omaggio 

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