819_LA DOMINATRICE (Annie Oakley). Stati Uniti, 1935; Regia di George Stevens.
Film di matrice biografica dedicato all’infallibile
tiratrice Annie Oakley, La dominatrice
viene a volte considerato la prima incursione nel western sia del regista
George Stevens che della protagonista, Barbara Stanwyck. In realtà il film non
è prettamente un western ma una storia d’epoca ambientata perlopiù nel circo di
Buffalo Bill (interpretato da Moroni Olsen), il famoso Wild West Show. I legami col Far
West passano appunto attraverso lo spettacolo circense e solo successivamente
nella storia raccontata che è tutto sommato abbastanza fedele alla vita di
Annie, il personaggio della Stanwyck. Siamo in Ohio, sul finire del XIX secolo,
e la ragazza in questione si guadagna la vita cacciando quaglie per i
ristoranti. Le sue piccole prede sono sempre colpite con precisione alla testa
e così arriva un invito per una gara di tiro per sfidare Toby Walker (Preston
Foster), il più grande tiratore del mondo.
Ovviamente gli organizzatori ignorano che dietro il prodigioso cacciatore di
quaglie ci sia una giovanissima fanciulla e questo deve essere uno degli
elementi che può aver stuzzicato l’interesse di George Stevens, già avvezzo
agli equivoci e ai toni leggeri fin dalle sue collaborazioni ai film con
Stanlio e Ollio. Il clima da commedia leggera dura però poco perché da una
parte il soggetto decide di seguire, come detto grosso modo fedelmente, la vita
di Annie, dall’altro la
Stanwyck, forse anche perché al suo primo ruolo da freelance, sembra particolarmente
trattenuta. Negli anni 30, una donna in grado di battere gli uomini su uno dei
loro terreni preferiti come la competizione con le armi da fuoco, al netto
delle caratteristiche reali della vita del personaggio in questione, avrebbe
dovuto e potuto ispirare qualcosa di più stuzzicante dell’ordinaria storia che
si snocciola nel film. In effetti deve essere questo il ragionamento alla base
dei distributori italiani che si lanciarono in un particolarmente fuorviante
titolo come La dominatrice in luogo
del più opportuno Annie Oakley
originale. Per una volta il cambio tanto radicale, per quanto comunque
condannabile per almeno due motivi, ha però una qualche giustificazione. In
effetti è difficile immaginare che qualche abitante della penisola si rechi a
vedere un film dedicato a questa Annie Oakley, personaggio forse famoso in
America ma tutt’oggi praticamente sconosciuto in Europa.
La dominatrice, se era diverso dall’originale (prima scorrettezza dei distributori italiani)
e oltretutto completamente poco inerente alla storia narrata nel film (e ben
più grave seconda scorrettezza),
perlomeno dava l’idea di una donna in grado di superare gli uomini, un tema un
po’ pepato che era sempre spendibile presso il grande pubblico. Ma poi, nel
film di Stevens, la Annie Oakley
interpretata dalla Stanwyck è una persona davvero ammodo, modesta e molto
comprensiva anche nei confronti del presunto rivale nello spettacolo, il citato
Toby Walker; con il quale, piuttosto, imbastisce una storia sentimentale. Nel
cast c’è anche Melvyn Douglas nella parte di Jeff, agente teatrale che ingaggia
la Oakley e
che contende, vanamente, il cuore della protagonista a Walker. Stevens ha una
mano solida in regia, lo spettacolo circense di Buffalo Bill aiuta nei momenti
di stanca e, soprattutto, ad un certo punto entra in scena nientemeno che Toro
Seduto (Capo Thunderbid), protagonista di alcune scene gustose che rianimano il
clima da commedia. E’ a lui che spetta il compito di riunire la coppia di
protagonisti per il lieto fine e, per chiamare Annie, il capo indiano entra con
un carro mettendosi alla guida della cavalleria americana proprio nel momento
cruciale dello spettacolo del Wild West
Show, sotto lo sguardo sbigottito di Buffalo Bill. Ma la scena più gustosa,
che rende davvero memorabile questo La
dominatrice, è quella in cui Toro Seduto, ornato con il cimiero di penne
d’aquila lungo fino ai piedi, in pratica il suo costume di scena, scorazza di
soppiatto per la città di New York. Ha appena individuato dove si è rintanato
Walker e, dopo aver segnato col tomahawk una colonna nei pressi del
luogo, torna di filata al tendone per chiamare Annie. Ad un angolo della via
sopraggiunge, nell’altra direzione, un elegante signore un po’ brillo che,
nello scontro con il massiccio indiano finisce al tappeto perdendo cappello e parrucchino.
La scena si presenta così: New York, esterno notte, Toro seduto, vestito come
nei suoi giorni gloriosi chino su un uomo esanime, con un ascia in una mano
mentre con l’altra impugna lo scalpo, ops, il parrucchino del tizio! Il capo indiano sembra un po’
perplesso ma probabilmente soltanto per capire come riposizionarlo sulla testa del malcapitato. A
quel punto arriva il conducente della carrozza che, al vedere la scena,
strabuzza gli occhi quasi quanto James Finlayson, l’omino coi baffi dei film di
Stanlio e Ollio. Ecco, la bonaria presa in giro di un mito come Toro Seduto,
che per altro nel racconto è tratteggiato in modo molto positivo, è una delle
cose migliori del film e contribuisce in modo concredo a renderlo davvero interessante.
Barbara Stanwyck
questa interpretazione comica di Toro Seduto mi piace :-)
RispondiEliminacomica, ma comunque in grado di lasciare il segno ;)
Fortissima!
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