813_IL GRINTA (True Grit). Stati Uniti, 1969; Regia di Henry Hathaway.
Il Grinta di Henry
Hathaway uscì nelle sale americane, a Los Angeles, l’11 giugno 1969; giusto una
settimana dopo, il 18 dello stesso mese, usciva Il Mucchio Selvaggio di Sam Peckinpah e il pubblico americano aveva
già avuto modo di vedere per intero, negli anni precedenti, l’intera trilogia del dollaro di Sergio Leone.
D’accordo, western con apparenti connotazioni classicheggianti se ne
producevano ancora e se ne produrranno anche in seguito, ma un regista attento
come Hathaway non poteva non cogliere i segnali del cambiamento. La possibilità
di ingaggiare un monumento come John Wayne, ormai più che sessantenne, permise
al regista di inquadrare il film in un modo originale, trattando il tema del
tramonto dell’epopea del far west sovrapponendolo a quella del protagonista
della storia. Pur se avanti con gli anni, il Duca era ancora perfettamente in grado di reggere la portata di un
western che avesse anche delle connotazioni classiche; pare addirittura che
l’imponente attore volesse assumersi il compito della regia, ma dovette
rinunciarvi per la malattia che lo affliggeva e lo costringeva persino a
richiedere un aiuto meccanico per montare a cavallo. Sia come sia, Wayne
sfoderò un’interpretazione superba, per una volta riconosciuta anche dall’Academy Award che gli tributò l’Oscar
come miglior attore protagonista. Dal canto suo, Henry Hathaway, per Il Grinta mette in scena un far west in
cui comincia a farsi sentire l’arrivo della civiltà, ed è più che altro questo
l’aspetto in cui si può cogliere la rappresentazione della fine di un’epoca.
Il
personaggio nuovo è Mattie Ross (Kim
Darby), la petulante ragazzina protagonista insieme a Rooster Cogburn (John Wayne) e La Boeuf (Glen Campbell): è istruita, fa la
contabile, conosce tutti i suoi diritti (veri e presunti) e minaccia
costantemente di rivolgersi al suo avvocato. Come nota sagacemente La Boeuf, un impomatato ranger
del Texas, sfodera la minaccia di
chiamare in causa l’avvocato come fosse una pistola; e riuscendo sempre a
spuntarla. Almeno finché rimane a Fort Smith, paese ormai civilizzato: la prima
volta che i suoi interlocutori di turno non si faranno intimidire dalla
minaccia di essere chiamati in tribunale, sarà infatti significativamente sul
traghetto oltre il quale si estende il Territorio
Indiano, e che nel film rappresenterà ancora il selvaggio west.
L’accostamento tra l’introduzione del film, che si svolge nella cittadina
dell’Arkansas, e il corpo principale del lungometraggio ambientato in pieno
Territorio Indiano, evidenzia come gli ambienti urbani siano ormai civilizzati
anche nell’ovest, e di selvaggio rimanga ormai soltanto quella sorta di riserva
praticamente deserta destinata (almeno al tempo) ai nativi. Le ambientazioni
specifiche, e la musica, sottolineano questo contrasto: i titoli di testa
scorrono sull’immagine di una verdeggiante vallata, con una fattoria in primo
piano; non uno scorcio western ma piuttosto bucolico. La canzone che accompagna
i credits è cantata dallo stesso Glen
Campbell (che nel film interpreta il ranger texano), ed è una melodica ballata country.
A Fort Smith assistiamo ad uno
degli (inquietanti) aspetti della civilizzazione, ovvero l’amministrazione
della Giustizia: nella fattispecie l’impiccagione di tre condannati, con una
folla da stadio che si raduna sul prato antistante la forca per assistervi; un
altro spaccato di civiltà americana Hathaway ce lo dà nel tribunale, dove è
chiamato a deporre Rooster Cogburn. Questi
è un malandato pistolero ubriacone e orbo da un occhio che, è presumibile per
mera convenienza, è divenuto una sorta di sceriffo/cacciatore di taglie. Per
contrasto, l’altro rappresentante della legge, La Boeuf, sembra essere appena
uscito da un western del tempo di Tom Mix, con il suo look laccato e così beneducato. Quando la coppia di tutori della legge, ingaggiati dalla giovane
Mattie Ross per dar la caccia all’uomo che ne ha ucciso il padre, supera il
crinale e compare su un paesaggio selvaggio, irrompe la travolgente tipica
musica di Elmer Bernstein (True Grit
theme) e si capisce che siamo ancora nel far west e Il Grinta, almeno in questa fase, è ancora un western classico.
Certo, gli avversari appartengono al nuovo corso cinematografico: a parte Jeff
Corey che interpreta Tom Chaney, l’uomo a cui i nostri danno la caccia
ma che è una figura secondaria, tra i cattivi spiccano Dennis Hopper (Moon), e
soprattutto Robert Duvall (Ned Pepper). Sia Duvall che Hopper sono due attori
importanti nel cinema americano degli anni sessanta/settanta, e tutto sommato
non sfigurano a confronto con una roccia della golden age hollywoodiana
come Wayne, anche se si evidenzia una sostanziale distanza ancora a favore di
quest’ultimo. D'altronde l’elemento in cui si gioca la partita decisiva,
l’abbiamo visto, è il selvaggio west del cinema classico, il terreno ideale del
Duca; che, al contrario, nella prima
parte della pellicola, quella a Fort Smith e con la scena del tribunale, lo
vedeva più impacciato.
Insomma, il western classico è ormai agli sgoccioli, ma
possiamo accogliere l’invito che, nel finale, John Wayne fa alla sua giovane
amica, e andare a trovarlo ogni tanto.
Il Duca è sempre il Duca, anche da vecchio.
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