542_CHIAMATE NORD 777 (Call Northside 777); Stati Uniti, 1948. Regia di Henry Hathaway.
La presenza sullo schermo di James Stewart è già una buona
garanzia e anche il regista Henry Hathaway non è certo un novellino, avendo
diretto già diversi lungometraggi tra cui I
lancieri del Bengala nel 1935 e Il
bacio della morte nel 1947. Chiamata
Nord 777 nasce quindi sotto i migliori auspici e non delude le attese. Il
curioso titolo fa riferimento ad un annuncio pubblicato su un quotidiano: il
tema è quindi il potere della stampa che, nel corso della storia raccontata,
si sostituisce alla Giustizia, rimediando con un inchiesta giornalistica del
reporter P.J. McNeal (il nostro Jimmy Stewart) ad un grave torto commesso da
quest’ultima istituzione. Lo stile dell’opera è consono al tema, visto che
siamo assistiti da una voce fuori campo che ci guida, come fossimo in una sorta
di cinegiornale, lungo le indagini giornalistiche di McNeal. La definizione dei
vari protagonisti del racconto è di notevole caratura: se è prevedibile quella
di McNeal a cui Stewart presta la sua enorme carica umana, lasciano
favorevolmente impressionati anche gli altri personaggi. Franco Wiecek
(interpretato da Richard Conte), l’orgoglioso e dignitoso innocente
ingiustamente condannato; il direttore del giornale Brian Kelly (Lee J. Cobb)
abile nello stuzzicare il suo reporter migliore; e a suo modo notevole è la terribile Wanda
Skutnik (Betty Garde), la donna che falsamente accusa Wiecek. Compensano la
brutta impressione di questa poco edificante esponente del genere femminile le
altre tre donne della pellicola: l’accorata madre del Wiecek che dà il via alla
storia pubblicando l’annuncio; la moglie, fedele fino al
punto di prestare ascolto alla richiesta del marito divorziando per poi
risposarsi (naturalmente questi stratagemmi sono fatti a ragion veduta, nello
specifico per il bene del figlioletto); resta da citare Laura (una deliziosa
Helen Walker) la moglie di McNeal. Un bel poliziesco, solido e divertente. A voler essere pignoli,
visto il taglio realistico dell’opera, il colpo di scena finale sembra un po’
forzato, col dettaglio della data sul giornale che rimane visibile nonostante i
ripetuti ingrandimenti. Ma è un dettaglio, appunto.
Helen Walker
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