384_HOTEL RWANDA . Canada, Regno Unito, Italia, Sudafrica 2004. Regia di Terry George.
Una delle peculiarità che rendono il cinema non solo utile,
ma indispensabile, è certamente legata alla sua potenza evocativa. Ma, se volete
farvi un’idea di un determinato evento che sia documentata, statistica,
fermamente attendibile, non guardate un film: leggete un saggio, un testo che
ponga la rigorosa fedeltà ai fatti come suo cardine principale. Vi farete un
quadro della situazione, probabilmente lucido anche se un po’ astratto e, se
l’autore è sufficientemente obiettivo, abbastanza simile alla realtà degli
avvenimenti. Poi, però, per comprendere meglio l’impatto emotivo e soprattutto umano del resoconto di cui avete letto,
se c’è un film come Hotel Rwanda che
è inerente, guardatelo, perché occhi e orecchie daranno impulsi a cervello e
cuore, e vi faranno quasi vivere gli eventi di persona. Perché fa una leggera
differenza: le persone non sono numeri scritti nero su bianco sulle pagine di
un libro. Hotel Rwanda di Terry
George è un’esperienza devastante, sia per l’abilità del regista ma,
soprattutto, perché quello che si vede è probabilmente molto simile a quanto
realmente accaduto. Le immagini delle violenze, il sangue, i corpi dei morti…
ma, forse più di ogni altra cosa, l’angoscia dei poveri profughi, abbandonati
vigliaccamente dai caschi blu e in
generale da tutto il mondo occidentale,
per usare una definizione del colonnello Oliver (Nick Nolte): l’orrore
aggredisce presto lo spettatore per non mollarlo sostanzialmente più. Nel
finale, l’eroico Paul Rusesabagina (Don Cheadle) ci lascia con un moto
ottimista, ma è difficile credergli. Certo, il regista Terry George avrà voluto
dare una speranza, soprattutto alle popolazioni locali, per provare a lasciarsi
alle spalle i rancori e l’odio tra le varie etnie.
E, a questo proposito,
arriviamo a quello che forse è il passaggio più sconvolgente, sebbene appena
accennato nel film di George che, comunque, è difficile da accettare come vero.
Se non fosse che ha un fondamento storico. Pare, infatti, che il razzismo
reciproco tra le due etnie più diffuse in Rwanda, gli Hutu e i Tutsi,
responsabile del terribile genocidio che viene mostrato nel film, sia stato
deliberatamente alimentato dai colonizzatori europei. I belgi, osservando alcune
differenti caratteristiche fisiche tra i vari ceppi etnici, stabilirono, in
modo del tutto infondato, che i Tutsi, più alti e snelli e con viso e naso più
affilati, avessero una parentela con il ceppo caucasico. Da questo presupposto
trassero come conseguenza l’intrinseca superiorità di questa etnia rispetto alle
altre.
Vennero quindi affidati ai Tutsi tutti gli incarichi di prestigio, a
dispetto degli Hutu che, in quanto puri e semplici africani, dovevano occupare
un gradino inferiore della scala sociale. Il vecchio motto divide et impera era stato adattato in chiave razzista dai belgi
ma, se questo aveva permesso probabilmente un controllo più agevole per gli
scopi colonialisti del paese europeo, aveva al contempo seminato un odio che,
nel corso degli anni, sarebbe affiorato a più riprese in modo feroce. Il
genocidio del 1994, di cui si parla nel film Hotel Rwanda, non è, infatti, stato l’unico e sangue innocente è
stato versato da entrambe le parti in diverse occasioni. Pur se l’Africa, da un
punto di vista bellico, potrebbe essere un continente in fermento anche per una
sua natura, diciamo così, effervescente, le responsabilità nefaste della
colonizzazione sono evidenti e lampanti. Se, guardando Hotel Rwanda, appare chiaro che il mondo occidentale abbia delle colpe specifiche nel genocidio del
1994, dobbiamo riconoscere che è una situazione comune a tanti altri eventi e
paesi del continente nero o dei paesi
che subirono la colonizzazione.
E, quindi, ricordiamocelo, anche quando guardiamo un
telegiornale.
Sophie Okonedo
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