1624_NOTTI ROSSE (Nuits Rouges). Fancia, Italia 1974. Regia di Georges Franju
E’ un po’ triste considerare che il congedo con il
cinema di Georges Franju sia un film un po’ deludente come Notti Rosse.
Intendiamoci, non è che sia un film negativo, sia chiaro. Ha un bel senso del
ritmo e, se ci si adegua alle trovate kitsch, ci si diverte anche. Ma si
avverte comunque che l’operazione è un po’ fuori tempo: Notti Rosse è
infatti un film di metà anni Settanta e non del decennio precedente. L’origine
di questo lungometraggio è curiosa perché si tratta di una sorta di versione
condensata degli otto episodi di una serie televisiva che sarebbe stata poi
trasmessa l’anno seguente. In genere avviene il contrario e la cosa ha come
conseguenza che, per via dei tagli per la riduzione ai tempi del film previsto
per le sale, spesso si avvertono fastidiose lacune nella trama. La cosa non
capita in Notti Rosse e, quale che sia il motivo, è comunque un pregio raro per
questo tipo di produzioni. Franju fece appello ad un recupero dell’innocenza
dello sguardo dello spettatore per potersi gustare il film ma quello che manca
a Notti Rosse è un po’ di mordente. Un altro aspetto che si può tenere in
considerazione è che dopo gli adattamenti da Emile Zola (L’amante del prete,
1970) e Joseph Conrad (La ligne d’ombre, 1973), Franju ritorna ai feuilleton
d’inizio Novecento come fonte d’ispirazione. L’autore bretone si era già
cimentato con il genere una decina d’anni prima con L’uomo in nero,
decisamente più coerente. Non è una mera curiosità perché Franju era sempre
stato in bilico tra letteratura alta e spunti più popolari: l’autore ammetteva
di non avere capacità narrative mentre era in grado di dare forma visiva ai
racconti. Tra le varie qualità della sua poetica ci fu anche quella di dare
dignità a opere come i romanzi d’appendici, tipici della cultura popolare, che
era stato in grado di ridurre per lo schermo con grande efficacia. Il fatto di
essere stato allo stesso tempo capace di interpretare con talento testi di
origine letteraria più alta, si prendano Il delitto di Thérèse Desqueyroux
(1962, da François Mauriac) e Thomas l’imposteur (1965, da Jean Cocteau)
come ulteriori esempi dopo i citati spunti da Zola e Conrad, dava credito alla
sua voce. Insomma, anche se non appassiono più come qualche anno prima, se
Franju ci dice che Notti Rosse e i suoi personaggi mascherati dovrebbero
divertirci, forse faremmo bene a credergli. O almeno il dubbio, al grande
autore di Occhi senza volto (1960), si può concedere.
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