96_INCONTRI RAVVICINATI DEL TERZO TIPO (Close encounters of third kind). Stati Uniti, 1977; Regia di Steven Spielberg.
Un’opera di grandissima
ambizione, questo Incontri ravvicinati del terzo tipo di
Steven Spielberg; dopo aver mostrato sullo schermo la paura dei pescecani con
il precedente Lo squalo, il giovane autore americano prova ora a
concretizzare in un film tutti i dubbi, le speranze e anche le paure sul
mistero degli UFO. Il regista lavora un po’ come il suo protagonista quando, in
preda alla follia euforica, prende tutto quello che gli capita a tiro nel
giardino e lo scaraventa nella finestra di casa per dare forma alla sua idea.
Piante, terra, recinzioni, bidoni dell’immondizia, tutto fa brodo: Roy Neary
(Richard Dreyfuss) deve mettere in pratica l’immagine che gli alieni gli hanno
lasciato impressa nella mente, la Devils
Tower. Non un metodo ragionato o
razionale ma una foga istintiva e intuitiva per dar corpo alla propria
immaginazione. E nello stesso modo, per accumulo, sembra
operare Steven Spielberg col suo film: misteri rinomati come le sparizioni nel
triangolo delle Bermude, teorie complottiste come quelle legate alla
famosa Area 51, voci e dicerie degli avvistamenti di Ufo, tutto
viene frullato in modo vorticoso, senza permettere allo spettatore di
raccapezzarcisi un po’. Al contrario, quello dell’incomprensibilità e della
difficoltà nelle comunicazioni, o guardandola in un’altra ottica, della voglia
di comunicare a tutti costi anche contro le barriere linguistiche,
è un altro tema del film: serve ad introdurre il problema di intendersi con gli
alieni. Nel frattempo, oltre alle liti e alle incomprensioni famigliari del
protagonista, il film è farcito di dialoghi in numerose lingue, a volte
lasciate incomprensibili, altre volte, al contrario, addirittura con traduzioni
multiple (dallo spagnolo all’inglese e quindi al francese dell’altro
protagonista del lungometraggio, Claude Lacombe interpretato dal regista Francois Truffaut).
Già da questo primo abbozzo di
analisi, emerge quella che può essere la chiave per decifrare il messaggio
dell’opera: forse non basta la razionalità, occorre un approccio mistico per
capire. Infatti l’attitudine al misticismo che viene richiesta da Spielberg è
ben evidenziata dal comportamento del protagonista Neary: segnato (sulla
faccia) dall’incontro con gli alieni, ne rimane colpito e apparentemente fuori
di senno, mentre in realtà egli è stato elevato ad un grado di conoscenza
superiore del quale però non ha subito consapevolezza.
Questa
sfasatura lo metterà in cattiva luce presso i famigliari e i vicini che ci
vedranno i sintomi di una pazzia; tuttavia, dopo aver visto sullo schermo la
Devils Tower, egli
metterà ordine nei suoi pensieri, dimostrandosi non il più folle ma, al
contrario, il più consapevole di quanto sta succedendo (ad esempio nel
distinguere le bugie del complotto ordito dai militari o sulla presenza del
gas).
Le scene ambientate in India sono un altro possibile
indizio ai rimandi mistici dell’opera; anche il significato simbolico
del monte Devils Tower, sacro secondo i nativi americani, è un altro tassello
di questo mosaico.
Ma cruciale è l’aspetto
metalinguistico che, nel film, è riconducibile ai tanti dettagli in tal senso
disseminati nella pellicola: la presenza del regista Truffaut (come detto nei panni di
Lacombe) è già di per sé un notevole indizio. O la metafora di Neary che
modella la
Devils Tower (un po' come
Spielberg col suo film) dopo aver concretizzato l’immagine guardando il notiziario su uno
schermo (della televisione); schermo sul quale appaiono più volte frammenti di
vari lungometraggi. E lo stesso Neary sottolinea l’importanza del cinema quando propone la
visione del Pinocchio di Walt Disney ai propri figli. Per
finire, la scena finale sembra un set di ripresa dove, in effetti, l’incontro
con gli alieni viene pure filmato.
E il
momento culminante del film sembra esso stesso esserne la proiezione: tra i
fasci delle luci emergono le figure degli alieni come fossero gli attori su
uno schermo del cinema. E allora, se prendiamo per buona questa metafora, quegli
extraterrestri la cui venuta è stata preparata come qualcosa di mistico altro non sono che il cinema. E' quindi il cinema la nostra nuova religione grazie al quale possiamo avere una conoscenza e una consapevolezza superiore; proprio come accade a
Neary/Spielberg che, infatti, si consegna all’astronave/cinema.
Gli Incontri
ravvicinati del terzo tipo, sembra dirci in definitiva Spielberg, avvengono
tutte le sere nel buio delle sale cinematografiche di tutto il mondo.
visto un bel po' di anni fa, credo ai tempi del liceo... e non più rivisto da allora... infatti che comparisse pure l'India proprio non me lo ricordavo...
RispondiEliminaChiedi al Gaviale... :D
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