103_THE WOMAN IN BLACK Regno Unito, Italia, Canada, Svezia 2012; Regia di James Watkins.
La casa di produzione Hammer ha avuto il suo apice
negli anni 50, con un filone di pellicole horror
che ripercorse i fasti dell’americana Universal negli anni 30. Dopo quel mitico
periodo, di cui si possono citare almeno La
maschera di Frankenstein e Dracula,
entrambi per la regia di Terence Fisher, lo studio
subì un progressivo declino e con l’arrivo degli anni 80 la produzione si
estinse. Una trentina di anni dopo il
marchio fu rispolverato, inizialmente con un film diffuso sulla rete internet (Beyon the rave fu pubblicato nel 2008 su
MySpace) che segnò comunque la rinascita ufficiale della gloriosa Hammer Film. The Woman in Black è il quinto film di questa nuova era dello studio inglese e si
presenta come un classico prodotto Hammer. La regia è affidata a James Watkins,
mentre il ruolo principale è di quel Daniel Radcliffe da tutti ricordato per
aver dato volto a Harry Potter nella serie dei film Warner Bros. Radcliffe nel lungometraggio è Arthur Kipps, un
avvocato inviato in una vecchia e imponente residenza, che si dice maledetta, a
cercare i documenti necessari per la vendita della stessa; a dargli un minimo
di man forte c’è il validissimo Ciaràn Hinds
nel ruolo di Mr. Daily, l’unico abitante un po’ razionale nei dintorni
della suddetta villa. Il film mette già nel breve
prologo le carte in tavola: sarà per merito della musica e degli effetti
scenici, o meglio per il perfetto sincronismo tra le due cose, ma la pelle
d’oca è assicurata. Tutto il racconto è basato sui
meccanismi della suspense e sulla sorpresa
indotta (si attira l’attenzione dello
spettatore da un lato e lo si sorprende dall’altro) che sono certamente
risaputi, ma in questo caso fanno paura lo stesso.
Il lungometraggio fonda la sua forza evocativa sui
cliché dei film sulle case infestate, sulle storie con tragici lutti che hanno
segnato una famiglia o una residenza, e in questo senso non aggiunge
niente a quanto già conosciuto. In effetti lo spettatore si trova nella
condizione di Mr. Daily che si mostra scettico di fronte alle tante
testimonianze che parlano di eventi sovrannaturali; la realtà del film sembra
dirci che invece c’è ancora spazio per avere paura, che la nostra ragione non
ha del tutto seppellito le nostre ataviche paure, e quindi per Watkins e i suoi
collaboratori c’è ancora campo su cui coltivare le nostre inquietudini e i
nostri spaventi. Da un punto di vista tecnico il lungometraggio è sopraffino,
con almeno quindici minuti ininterrotti, nella fase centrale del film, davvero
di panico totale. The Woman in Black è
quindi godibilissimo e certifica che è ancora possibile fare paura con le armi
classiche del cinema dell’orrore e delle case infestate. E il finale, con la donna in nero che guarda nell’obiettivo
della macchina da presa, ci avverte: la prossima casa del terrore, potrebbe essere la nostra.
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