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venerdì 27 ottobre 2017

GROSSO GUAIO A CHINATOWN

13_GROSSO GUAIO A CHINATOWN (Big trouble in Little China). Stati Uniti, 1986;  Regia di John Carpenter.

Tra il titolo originale di quest’opera e quello tradotto in italiano c’è una piccola grande differenza: pur se il termine Chinatown è americano, e legato al quartiere cinese di San Francisco dove è ambientata la pellicola, il regista John Carpenter ha deciso di utilizzare un nome differente, ovvero Little China. Nella traduzione italiana questo passo si è perso, ma viene naturale chiedersi perché il regista abbia scelto Little China come nome dove ambientare il suo Big trouble: ebbene un indizio potrebbe essere il rimando alla contrapposizione tra i termini big e little, che nella storia americana inevitabilmente ricordano il cosiddetto massacro del Little Bighorn, come ci ha insegnato Artun Penn nel suo Il piccolo grande uomo (Little Big Man). Suggestioni, forse.
Comunque sia, anche questo Big trouble in Little China si rende protagonista della de-costruzione di un modello eroico tipicamente americano, in modo analogo al film di Penn, dove veniva denigrata la figura del Generale Custer, eroe leggendario della cavalleria americana. In questo caso l’icona forte a finire a mal partito è quella di Kurt Russell: un paio di film interpretati dall’attore e diretti dallo stesso Carpenter (gli straordinari 1997 Fuga da New York e La Cosa) avevano lanciato all’inizio del decennio la potente figura (anti)eroica dell’attore. In effetti un po’ tutti, una volta appreso della nuova collaborazione Carpenter/Russell, ci aspettavamo un nuovo personaggio che eguagliasse il carisma del celebre Jena Plisky. E, ad onor del vero, Jack Burton, protagonista di Grosso guaio a Chinatown,  di carisma ne ha da vendere, visto che alcune sue battute sono da Storia del Cinema. (Una per tutte: “Sei pronto?” gli chiede l’amico Wang; “Io sono nato pronto!” la perentoria risposta di Jack).

Il problema, per lui, è che Carpenter si diverte a costruirgli intorno un meccanismo narrativo che rende il suo essere superiore, in quanto eroe, totalmente fuori controllo, troppo sopra le righe e quindi ridicolo. Non si tratta però, assolutamente, di comicità involontaria, e basti pensare alla scena del rossetto o alle varie goffaggini di Jack nei combattimenti, per capire che l’operazione del regista è mirata a demistificare la figura dell’eroe macho consacrato da Escape from New York. Questo permette di capire come Grosso guaio a Chinatown , apparentemente un film leggero nella filmografia del cineasta americano, sia invece un film di forte valore politico sociale. L’eroe palestrato e muscoloso alla Jena Plisky si è affermato all’inizio degli anni ’80, come conseguenza degli anni ’70, assai tribolati dalle varie contestazioni sociali.

Quella che doveva essere una risposta dell’individuo disagiato, diventare forte più delle avversità, passava ora, negli anni ottanta, ad un’esaltazione individualistica dell’eroe, si pensi al passaggio dal primo Rambo a Rambo 2, la vendetta come esempio per comprenderne la deriva. Ecco quindi che Carpenter sottrae a questo gioco la sua figura di eroe, quella da lui costruita intorno al corpo di Kurt Russell, ridicolizzandola, anche se con un certo affetto, in Grosso guaio a Chinatown. Connesso a questo tema, anche da un punto di vista sessuale si può leggere la critica al culto del proprio corpo esploso negli eighties: il corpo possente di Jack in canottiera è esibito più delle forme femminili delle attrici Kim Cattrall (Gracie Law) e Suzee Pai (Miao Yin), che anzi sono poeticamente oggetto del desiderio solo per i loro occhi verdi.

Questa sorta di inversione dei ruoli si concretizza nella comica scena del bacio, dove Jack rimane con le labbra sporche del rossetto di Gracie, che passa quindi da un corpo all’altro. Quindi l’apparente mascolinità dell’eroe palestrato nasconde una grave forma di insicurezza sessuale: infatti, nonostante le spacconate galanti distribuite da Jack lungo tutto il film, nel finale, il nostro si defila, rinunciando al confronto con Gracie, negandole esplicitamente addirittura il bacio d’addio.
Dal punto di vista narrativo il film è semplice ma sorretto da una trama incalzante, e le decine di trovate mantengono sempre lo spettatore divertito e appassionato.
Apparentemente più spensierata di altre opere di Carpenter, Grosso guaio a Chinatown è invece una delle più lucide riflessioni sugli anni '80.
John Carpenter: un assoluto maestro.



Kim Cattrall




Suzie Pai




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