10_IL TRAPEZIO DELLA VITA (The tarnished angels). Stati Uniti, 1958; Regia di Douglas Sirk
Due anni dopo, il geniale regista Douglas Sirk riunisce
il terzetto che già aveva diretto nello riuscitissimo Come le foglie al vento, per un nuovo folgorante melodramma. Il
termine melodramma non deve influenzare negativamente: è vero che spesso si usa con accezione dispregiativa per certe opere che non hanno il senso della misura,
ma di per sé è un genere cinematografico che, se condotto con maèstria, può dare
risultati eccezionali. Come quando dirige Douglas Sirk, ad esempio. Il film è
girato in un sontuoso bianco e nero in Cinemascope che regala immagini
splendide. Sirk è un vero maestro della regia e elargisce alcune sequenze
memorabili: oltre a tutte quelle in cui è in scena una strepitosa Dorothy
Malone, vanno ricordate almeno quella dell’incidente aereo del pilota, montato
in alternato con il figlio chiuso nella giostra, e l’arringa giornalistica nel
finale. Tornando ai protagonisti del film, per questo Il trapezio della vita il regista tedesco chiama a raccolta,
insieme al suo pupillo Rock Hudson, Robert Stack e Dorothy Malone, che erano appunto
stati protagonisti nel celebrato Written
on the wind (meritatissimo premio Oscar alla Malone). Ma se nel precedente
film la bellissima Dorothy doveva dividersi la scena con una diva del calibro
di Lauren Bacall (per altro, in quell’occasione, nettamente surclassata)
stavolta Sirk concede alla bionda platinata il completo centro dell’attenzione. Il trapezio della vita è infatti un film che è totalmente imperniato sulla figura di LaVerne (Dorothy Malone, appunto), attorno alla quale girano, come gli aerei del film, gli uomini della storia: il marito Roger, (Robert Stack) eroe di guerra e pilota acrobatico; Jiggs, (Jack Carson) amico della coppia e meccanico di fiducia di Roger; Burke Devlin (Rock Hudson) cronista d’assalto; Matt Ord (Robert Middleton) magnate organizzatore di gare e manifestazioni aeronautiche acrobatiche. Il film ha un curioso incipit, in quanto veniamo brutalmente gettati, insieme a Burke, nell’intimità dello strano terzetto (la coppia Roger e LaVerne e l'amico Jiggs) che intende partecipare alla gara aerea che si disputa a New Orleans in occasione di Carnevale.
I tre hanno qualcosa di malsano, e questo lo si capisce
subito, dagli sfottò che subisce il quarto elemento del gruppo, ovvero il
piccolo Jack, figlio della coppia, del quale però si insinua che possa avere come padre naturale Jiggs e non Roger. Questa promiscuità non chiarita, e l’eccessiva
confidenza che LaVerne concede a Burke, che è addirittura un giornalista in
cerca di notizie, alimentano i dubbi sulla moralità dei personaggi del
terzetto. Dubbi che diventano ormai certezze nel momento in cui veniamo a
sapere che LaVerne è sempre stata contesa tra Roger e Jiggs e, quando questa ha
rivelato ai due uomini di essere rimasta in cinta, i due si sono giocati ai
dadi l’opportunità di sposarla! Apparentemente questo è un passaggio esagerato
anche in un melodramma, ma in realtà Sirk è molto più sibillino: Roger sfida ai
dadi Jiggs, che si era subito proposto di sposare la donna, ma senza definire
bene la posta, tant’è che ne nasce subito un equivoco. Il meccanico perde e
pensa (e spera) di dover sposare LaVerne come penitenza, mentre, a sorpresa, il pilota rivendica il
diritto di farlo in quanto vincitore. E’ uno dei momenti chiave del film, dove
si definiscono le psicologie dei personaggi, perlomeno maschili. Il tormentato
triangolo amoroso è di natura simile ai rapporti dei protagonisti di Come le foglie al vento, dove i
sentimenti si rincorrono da un personaggio all’altro: Jiggs ama LaVerne che ama
Roger. Jiggs quando vede l’esitazione di Roger nel regolarizzare il rapporto
con LaVerne ora che questi è incinta, ne coglie l’opportunità di scalzare il
pilota dal ruolo di partner della donna e si offre di sposarla.
Ma Roger lo spiazza proponendo di giocarsi questa
eventualità ai dadi: un’ipotesi degradante per tutti, ma LaVerne e Jiggs hanno
una posizione simile, mentre quella di Roger è differente. LaVerne e Jiggs, pur
se inorriditi, accettano l’azzardo perché sperano che la sorte benigna aggiusti
le cose: la donna si auspica che i dadi le consegnino Roger, di cui è
innamorata e che è il padre del bambino, mentre Jiggs spera di realizzare il
sogno, per lui altrimenti proibitivo, di unirsi a LaVerne. Roger è l’unico che
non si affida alla speranza: egli vuole sposare LaVerne, e infatti poi la
sposa, ma non vuole ammettere né di amarla né di volerla sposare, così imbastisce
la degradante scenetta dei dadi, (di cui però mantiene le redini evitando di
chiarirne i termini, per poterne gestire l’esito in ogni caso). In questa
apparente contraddizione c’è il senso del film e forse del cinema di Sirk: non
è la bellezza, né la ricchezza o la bravura, che ci tengono vivi, ma il
desiderio; quando realizziamo il nostro scopo e otteniamo la felicità, la paura
di perderla ci tarpa le ali e ci condanna. Roger ha paura di rivelare il suo
amore a LaVerne, perché nel farlo diverrebbe vulnerabile, smetterebbe di essere
l’eroe volante invincibile: e così infatti accade quando la minaccia di Burke
lo costringe a dichiararsi esplicitamente alla donna.
La vita, insomma, sembra dire Sirk, è un carosello durante
la quale ci struggiamo di desiderio per un qualcosa che, quando lo conquisteremo, farà sorgere dubbi e timori di perderlo, ovvero quelle stesse angosce che ci distruggeranno.
Il trapezio della vita
è quindi un film formidabile anche perché ci rivela quanto, in realtà, la
felicità, faccia paura.
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