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giovedì 29 agosto 2024

SUPERPOWER

1537_SUPERPOWER . Stati Uniti 2023; Regia di Sean Penn e Aaron Kaufman. 

«La fortuna aiuta gli audaci», recita un famoso detto la cui origine antica ne garantisce l’attendibilità. In effetti è proprio grazie ad una certa temerarietà dei suoi autori, se il documentario Superpower di Sean Penn e Aaron Kaufman non fallisce completamente nei suoi intenti. Intendiamoci: Superpower non è certo un brutto film e, oltretutto, tratta di un argomento quanto mai attuale, la guerra tra Russia e Ucraina. La confezione formale è, come prevedibile, di tutto rispetto, essendo Sean Penn uno dei personaggi più in vista di Hollywood oltre che uno degli attori contemporanei più importanti. Normale, quindi, che abbia una Produzione adeguata, sia per l’aspetto visivo del film, sia per la gestione logistica che ha previsto più di un viaggio in località non precisamente comode, vuoi per la distanza, vuoi per il drammatico momento contingente. Al di là del non irrilevante aspetto economico, c’era ovviamente un problema di altra natura da affrontare, per cui, recarsi in Ucraina tra il 2021 e il 2022 era non solo più che difficoltoso ma pericoloso oltre che precluso a prescindere, almeno alla maggior parte delle persone. In questo senso può essere una giustificazione il fatto che il faccione rugoso e i capelli scombinati di Penn stazionino perennemente sullo schermo: lo ammette lo stesso attore, è grazie alla sua notorietà se ha potuto aver accesso in certi luoghi anche in frangenti tanto delicati. Ricevere a colloquio una star di Hollywood come Sean Penn, significava, perfino per il presidente Volodymyr Zelenskyy, avere un supporto a livello di opinione pubblica alle sue continue richieste di armamenti presso l’Amministrazione americana e, di conseguenza, la Nato. Tuttavia l’operazione di Penn e Kaufman esagera, in questo, e Superpower finisce per sembrare lo specchiarsi di un attore che gioca –o meglio recita, e in inglese avrebbe la stessa parola, «play»– a fare il personaggio anticonvenzionale –si veda l’intervista allo stesso Penn alla televisione– e si compiace nel vedere cosa potrebbe fare il suo riflesso –Zelenskyy, che era un attore pure lui– se si fosse impegnato politicamente. E il fastidio per questa sensazione è forse superiore perfino all’agiografia che l’opera finisce per essere, descrivendo il presidente ucraino come una sorta di supereroe. 

Certo, c’è poi quel passaggio in cui si definisce in modo specifico a cosa si riferisca il titolo, ovvero all’amore di Zelenskyy per il figlioletto, ma sembra chiaro che si tratti di un tentativo non esattamente riuscito. Nel 1985, all’apice della Guerra Fredda, il cantante britannico Sting compose Russians e, in una strofa, si augurava “che anche i russi amino i loro figli” [“the Russians love their children too”, da Russians, Sting, 1985]; le intenzioni dell’ex cantante dei Police erano evidentemente lodevoli, eppure ci fu chi lo criticò per qualunquismo e, in effetti, non è che il testo del brano avesse questa profondità inaudita. Era musica leggera e tanto aspirava ad essere, e rifletteva lo stato d’animo di una persona comune di fronte a problemi geopolitici la cui soluzione era certamente più indicata per gente più preparata nello specifico, ma il cui eventuale conto da pagare spettava poi principalmente al popolo. A posteriori, quasi quarant’anni dopo, si può cogliere la validità del pensiero di Sting: per evitare il peggio, il cantante si augurava che anche il nemico –i russi– amasse i suoi figli; al contrario, o quasi, Penn sottolinea, sin dal titolo, che un presidente come Zelenskyy, il presidente del popolo ucraino –e quindi il popolo ucraino stesso– abbia il potere per battere i nemici –il Superpower– in quell’amore per la prole che, a questo punto è legittimamente deduttivo, si suppone il nemico non abbia.

Insomma, in qualunque modo si cerchi di approcciare Superpower, il documentario finisce per mostrare qualche magagna; è un peccato, perché certamente l’intento complessivo era lodevole e la buona fede degli autori sembra genuina. Tuttavia una nota che permette al documentario di divenire un testo da salvare c’è ed è la sua puntualità nell’essere al posto giusto al momento giusto: Penn era a Kyïv per incontrare Zelenskyy proprio il 23 febbraio 2022 e lo incontrò anche il giorno dopo, la sera del 24, ad invasione già cominciata. Questa contingenza con la Storia rende le scene riprese da Penn e dai suoi collaboratori, in quei frangenti, un documento di una certa importanza, un’istantanea di quello che accadde in uno dei momenti cruciali del nostro tempo. L’insistenza con cui l’attore hollywoodiano andrà poi a vedere le cose di persona, arrivando fino alla prima linea del fronte, alimenta la validità di Superpower e, a quel punto, i difetti citati in precedenza, divengono sorta di ingenua filigrana che certifica la veridicità delle scene. Insomma, non un documentario d’alta scuola, ma certamente un testo puntuale e «sul pezzo», quello sì.




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