Translate

domenica 11 agosto 2024

SCHUMACHER

1528_SCHUMACHER . Germania 2021; Regia di Hans Bruno-Kammertons, Vanessa Nocker e Michael Wech.

In Italia il documentario Schumacher è un evento di una certa importanza: a Schummy, come venne soprannominato, è, infatti, indissolubilmente legato l’ultimo grande periodo della Ferrari in Formula 1. Come in Germania, del resto: Schumacher è ricordato, oltre che per i sette titoli, anche per essere stato il primo tedesco a laurearsi campione del mondo nella massima serie automobilistica. Per tutti quanti, in ogni caso, Michael Schumacher è il pilota più vincente della storia della Formula 1, almeno fino all’arrivo di Lewis Hamilton che ne ha uguagliato il numero di mondiali vinti ma lo ha superato nella classifica dei trionfi nei Gran Premi. Dettagli statistici: Schummy è una vera leggenda dell’automobilismo e il film Netflix di Hans-Bruno Kammertöns, Vanessa Nöcker e Michel Wech ne ripercorre sommariamente la carriera e regala anche qualche dettaglio, molto commovente, legato alla vita privata del pilota. Il documentario non è una rigorosa cronistoria, dando maggiormente spazio alle prime due fasi della carriera di Schumacher, mentre il glorioso periodo dei cinque titoli consecutivi, vinti al volante della Ferrari, viene quasi tralasciato. Volontà, forse, di non sconfinare nell’agiografia; rischio inevitabile, tuttavia, in quanto nessuno si sognerebbe di fare un documentario su uno sportivo che non abbia amato. In Germania, e in seguito anche in Italia, in ogni caso, era impossibile non innamorarsi sportivamente di un asso come Schummy. Oltretutto, se siamo di fronte ad un predestinato, le cause di questa garanzia di successo sono da ricercarsi nel suo talento e nella sua feroce determinazione, perché la famiglia di Schumacher non è che navigasse nell’oro. Per correre nei Kart, Michael doveva ricorrere alle gomme che gli altri scartavano; tanto poi, con la sua formidabile abilità nella guida, vinceva lo stesso. Dopo qualche stagione nelle categorie inferiori, Michael, nel 1991, ebbe la fortuna di debuttare con la Jordan Ford facendo all’esordio –in un templio della velocità come Spa-Francorchamp, a lui totalmente sconosciuto–meglio del compagno di squadra, il veterano Andrea De Cesaris. 

Eddie Jordan si rese conto di aver per le mani il nuovo fenomeno della Formula 1, e provò a far firmare a Schummy un contratto; il manager del pilota, Willy Weber, prese opportunamente tempo. Flavio Briatore, direttore della Benetton Ford, non si lasciò scappare l’occasione e appiedò il suo secondo pilota, Roberto Moreno, per far posto al giovane tedesco, al fianco del tre volte campione del mondo Nelson Piquet. Nei restanti cinque Gran Premi, Schumacher arrivò tre volte a punti, dando del filo da torcere a tutti, a cominciare dall’illustre compagno di squadra. Nelle due stagioni successive il tedesco consolida la fama di giovane promessa, riuscendo a vincere una gara all’anno nonostante, il quel biennio, la Williams Renault fosse praticamente imbattibile. Da un punto di vista generale, l’anno successivo, con l’approdo in Williams del formidabile Ayrton Senna –idolo, tra l’altro, del giovane Schumacher– sembra nascere sotto auspici ancora più foschi per chi non piloti un’auto di Sir Frank. A sorpresa, il 1994 si apre con due vittorie per Schumacher e la Benetton, poi, a Imola, nel mese di maggio, il week end forse più nero della Formula 1, porta via Ayrton Senna –e Roland Ratzenberger– e, a quel punto, il mondiale sembra ormai già assegnato. La Williams Renault, che rimane infatti la scuderia di riferimento, è rimasta con la seconda guida Damon Hill e il collaudatore David Coulthard; due piloti che vediamo intervistati nel documentario, anche perché protagonisti, insieme a Schumacher, di episodi controversi. Il primo dei quali capita giusto all’ultima gara del 1994, nel decisivo Gran Premio di Australia. A sorpresa, infatti, Hill ha compiuto una strepitosa rimonta e ora è ad un solo punto di distacco da Schummy: in fondo, siamo ancora nei primi anni Novanta, e giova ricordare che il pilota tedesco era stato gran fan di Senna, un pilota che di mondiali decisi in modo assai poco ortodosso all’ultima –o penultima– gara se ne intendeva. Ad Adelaide, nonostante la Williams sia ormai dichiaratamente superiore alla Benetton, Schummy prende il comando; Hill lo tallona ma non sembra avere la verve per attaccarlo. 

Tuttavia non molla di un centimetro e induce Schumacher all’errore: la Benetton del tedesco urta un muretto del circuito cittadino e rimbalza in pista. Sopraggiunge Hill, che ora avrebbe la strada spianata verso il titolo: Schumacher chiude con decisione, nonostante sia già fuori gara, ed elimina anche il rivale. Il mondiale 1994 è suo. Il documentario sorvola su questo passaggio, che, a suo tempo, l’ex pilota di Formula 1 John Watson definì “un colpo d’esperienza, altro che errore casuale”, mentre l’ex campione di motociclismo Barry Sheene sentenziò: “Schumacher ha provocato l’incidente, è una cosa evidente a tutti”. [La Repubblica, 15 novembre 1994]. Schumacher si ripeterà, tanto nella vittoria del mondiale che nella scorrettezza specifica, sebbene riuscirà ad avere successo solo nel primo dei due tentativi di replica. Il titolo dell’anno successivo arrise, infatti, ancora al tedesco, stavolta senza code particolarmente polemiche. Per cercare un «corpo a corpo» nella gara decisiva degno di un «Senna v Prost», si deve attendere il 1997: Schummy è approdato alla Ferrari, il rivale è sempre l’alfiere della Williams Renault, in questo caso Jacques Villeneuve, figlio dell’indimenticato Gilles. Ultima gara, Gran Premio d’Europa al circuito di Jerez de la Frontera: Schumacher ha 78 punti in classifica, Villeneuve 77. La Pole Position è del canadese ma il tedesco prende saldamente la testa della gara; poi, al 47° giro, Schumacher si fa sorprendere da Villeneuve alla curva Dry Sack. Vistosi perduto, Schummy chiude la traiettoria nel tentativo di speronare l’avversario; malauguratamente per lui, è il solo a rimetterci e Jaques può finire la gara con i punti necessari per vincere il mondiale. In un certo senso l’incidente di Jerez è emblematico di come funzioni la comunicazione degli eventi in Formula 1: il tedesco ha provato una scorrettezza ma, stavolta, gli è andata male. 

C’è da credere che, se fosse riuscito a buttar fuori Villeneuve come fatto con Hill, si sarebbe applaudito la sua determinazione, specialmente in Italia, dal momento che guidava una Ferrari. Al contrario, avendo perso, nonostante Schumacher fosse sicurissimo di avere ragione e fosse furibondo con Villeneuve, il suo comportamento venne criticato dagli organi di stampa, un quotidiano tedesco lo definì “kamikaze senza onore” <si tratta del Frankfurter Allgemeine Zeitung, dal sito https:// it.wikipedia.org/wiki/Gran_Premio_d%27Europa_1997>, dagli addetti ai lavori e persino la FSI arrivò a squalificarlo dal campionato. Una sanzione spropositata se paragonata all’incolumità concessa ai casi precedenti –da Prost, a Senna, allo stesso Schumacher– che, curiosamente, avevano sempre visto premiata dalla pista tale condotta. La colpa di Schummy, guardando le cose in quest’ottica, sembra unicamente quella di non essere riuscito nel suo intento piratesco. In questo caso, perfino un documento agiografico per sua stessa natura come il film di Hans-Bruno Kammertöns, Vanessa Nöcker e Michel Wech, ammette la scorrettezza di Schumacher. Che, in ogni caso, si ripeterà altre volte, e nel documentario in questione si approfitta della presenza di Coulthard per rinverdire l’episodio che vide il pilota tedesco tamponare violentemente lo scozzese in Belgio nel 1998. Naturalmente, in Italia, patria della Ferrari, la cosa provocò un’ondata di indignazione e il pilota della McLaren fu accusato di aver rallentato deliberatamente per farsi urtare da Schumacher, un modo suicida per fare il gioco di squadra e favorire Hakkinen, il compagno in lotta col tedesco nel campionato. 

Ancora oggi, se si cerca in un qualunque sito di motorsport italiano l’incidente in questione, per sottolineare al meglio la responsabilità di Coulthard, vi si trovano elencate tutte le regole che un doppiato deve rispettare, quali non rallentare, spostarsi dalla traiettoria principale di gara, eccetera eccetera. Basterà, peraltro, guardare un qualsiasi Gran Premio per rendersi conto che i piloti, anche i doppiati, in pista gareggiano e capita che non siano sempre ligi e rispettosi di tutte quante le regole previste. Gente come Senna e Schumacher, tanto per fare due nomi, meno degli altri. In ogni caso, se anche la telemetria ha stabilito che la McLaren rallentò inopinatamente, furono gli spruzzi d’acqua che limitarono la visibilità, ad impedire a Schumacher di vedere la vettura di Coulthard. Schummy, per una questione di sicurezza, oltre che per motivi di classifica, avrebbe fatto meglio ad essere più prudente, evitando di tallonare così da vicino la McLaren, anche perché nelle condizioni della pista, in quel momento, il fattore aereodinamico e perfino la questione della traiettoria di gara, avevano assai meno valore. Il tedesco poteva superare lo scozzese dove voleva e solo la sua temerarietà cagionò l’incidente; l’ira che lo colse, in seguito, quando ai box cercò di aggredire Coulthard, ci lascia qualche dubbio, purtroppo, anche sulla vera natura dell’uomo, dopo che quella della scorrettezza di pilota era stata smascherata dai troppi episodi discutibili. Per altro, i famigliari e gli amici, in primis la moglie Corinna, nel documentario, assicurano che Michael era un uomo premuroso e dolce. Per carità, non ci occorre altro per chiudere la questione, anche perché, c’è da credere che, allo spettatore tipico di Schumacher, il documentario, interessino più che altro le sue gesta sulla pista. E sulla pista, Schummy si può ricordare per le tante vittorie e per la determinazione che ne fanno, indiscutibilmente, uno dei piloti più competitivi di sempre. Con tutto quel che questo, evidentemente, comporta.  




Corinna Schumacher 


Galleria 


Nessun commento:

Posta un commento