1478_SOLDATI A CAVALLO (The Horse Soldiers). Stati Uniti 1959; Regia di John Ford.
Soldati a cavallo è,
com’è facilmente intuibile, un film sulla cavalleria americana a cui il regista
John Ford aveva già dedicato, una decina di anni prima, non uno ma, bensì, tre
film (Il massacro di Fort Apache,
1948, I cavalieri del nord-ovest,’49
e Rio Bravo, ’50). Quei tre film,
praticamente una trilogia, probabilmente soddisfecero una sorta di esigenza
urgente di Ford, che nel giro di tre anni esplorò in modo così approfondito il
tema. Sorprende, in un certo senso, che il regista ci torni ancora, anche se
dopo un periodo più lungo; il titolo, sebbene eredità del libro da cui è tratto
il soggetto, è comunque abbastanza esplicito. Ed è importante, questo aspetto,
perché poi il film racconta di una missione durante
Un ribaltamento più netto, questo sì quasi a 180°, Ford ce
lo mostra sotto un altro aspetto: nelle guerre indiane, la cavalleria portava
il progresso, rendeva praticabile il Sogno Americano, permetteva la
civilizzazione delle terre dell’ovest. In Soldati
a cavallo le giacche blu portano invece distruzione e una sorta di ritorno
all’imbarbarimento: distruggono ponti e stazioni, ferrovie, e i soldati, ubriachi
di eccitazione e di alcool, esattamente come molti indiani mostrati al cinema,
danno addirittura fuoco ad un paese. C’è certamente un critica alla stupidità
delle guerra, in questo, ma la contrapposizione tra il civilizzato sud e il
barbaro nord è rimarcata, soprattutto nella scena in cui i cavalleggeri
irrompono nella residenza di Miss Hannah Hunters (Costance Towers): il
colonnello Marlowe (John Wayne) accompagnato dal sergente maggiore Kirby
(Judson Pratt) una volta entrati nella lussuosa abitazione appaiono sporchi e
impolverati e non si levano il cappello nemmeno quando arriva la padrona di
casa; il sottoufficiale poi si supera, cercando platealmente una sputacchiera
che non può esserci in una simile dimora. Insomma appaiono palesemente fuori
posto, troppo rozzi per un luogo così raffinato.
Quest’ultima sequenza è quasi comica, e vede protagonisti i ragazzini di una scuola militare che caricano a piedi la cavalleria nordista, che, per puro buon senso, è costretta alla fuga pur di non ingaggiare conflitto con quei bambini in candida divisa. Tutto sommato questo rimarca l’integrità morale dell’eroe, che in ogni caso rimane nordista, e questo è sicuramente un punto da tenere in considerazione; ma sembra che Ford approfitti dell’ambientazione nella Guerra Civile per dimostrare che anche l’eroe americano per eccellenza (John Wayne) può stare dalla parte del torto, come dimostra la crisi di coscienza del colonnello Marlowe che si ubriaca in seguito alla devastazione portata dai suoi. Forse una critica alla cavalleria, emblema e simbolo dell’America, in un film con gli indiani sarebbe stata troppo, e quindi l’ambientazione è diversa; ma alcuni atteggiamenti degli yankee riprendono le incursioni pellerossa, come abbiamo già detto, e in ogni caso la vita militare è completamente spogliata di quegli aspetti famigliari che contraddistinguevano i film della trilogia.
Insomma, un Ford sempre notevole come narrazione e eccellente anche dal punto di vista dell’accompagnamento sonoro: le note di I left my love introducono e ci accompagnano nel film. Bellissima la scena sui titoli di testa, dove i cavalleggeri sfilano in controluce sopra la ferrovia, richiamando un po’ l’effetto dello scorrere di una pellicola e soprattutto l’argomento del film, ovvero il tema militare (la cavalleria) che calpesta quello civile (la ferrovia) allo stesso modo in cui il colonnello Marlowe distrugge quella strada ferrata che da borghese invece si dedica col suo lavoro a costruire. Qualche debolezza la pellicola la mostra nelle motivazioni dell’odio verso i medici provato da Marlowe, e dalla sua storia d’amore con Miss Hunters: temi i cui presupposti e sviluppi sono trattati in modo troppo superficiale, e alla fine risultano più dannosi che di supporto alla resa finale.
Ma nel complesso, un ottimo film. Del resto è un John Ford.
Constance Towers
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Bell'analisi, Giorgio!
RispondiEliminaMi piace quando un regista torna sui propri temi prediletti, ma lo fa per rileggerli in un' ottica nuova... 🙋🏻♂️
Grazie, Alex! Beh, John Ford è pur sempre John Ford.
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