1400_VENERDI 13 - LA SERIE : IL GUARITORE . Stati Uniti 1988; Regia di David Cronenberg.
Per dirigere il dodicesimo episodio di Venerdì 13 – La Serie, viene chiamato un regista d’eccezione: David Cronenberg. La produzione è canadese, così come le location, e la possibilità di ingaggiare un connazionale che stia facendo onore al paese in ambito cinematografico come Cronenberg –La mosca, suo film di grande successo, era uscito solo un paio d’anni prima– è un vero colpo gobbo. Il regista nato a Toronto, da parte sua, si accosta alla serie in modo sorprendentemente funzionale: Il Guaritore si integra alla perfezione con gli altri episodi e, allo stesso tempo, i temi trattati nell’episodio sono tipicamente nelle sue corde. Guardando Faith Healer –questo il titolo originale della puntata, traducibile con guaritore della fede– se tralasciamo alcuni passaggi approssimativi, sembra proprio di essere di fronte ad un tipico film di Cronenberg. La setta pseudoreligiosa, il santone carismatico, le malattie che aggrediscono il corpo martoriandolo, sono elementi già frequentati dall’autore canadese e, se è vero che Il Guaritore non li approfondisce come uno dei suoi tipici lungometraggi, è però innegabile che l’atmosfera generale risulti particolarmente evocativa. Nonostante Venerdì 13 – La Serie raggiungerà il ragguardevole numero di 72 episodi, il contributo di Cronenberg rimarrà un caso isolato e questo è certamente un peccato. Faith Healer è indiscutibilmente uno dei punti migliori della serie e si lascia apprezzare anche per la sua coerenza interna al progetto. Non sembra, come accennato, una puntata fuori contesto; l’impressione è che gli abituali protagonisti, Micki (Louise Robey), Ryan (John D. LeMay) e Jack (Chris Wiggins), nel loro curiosare nell’insolito, questa volta finiscano nell’universo cronenberghiano.
La presenza di Robert A. Silverman nel cast – nel ruolo di Jerry, il cacciatore di truffatori – è un altro elemento in tal senso: l’attore canadese aveva già lavorato con il regista connazionale in tre occasioni, Rabid – Sete di sangue (1977), Brood – La covata malefica (1979) e Scanners (1981) e, oltre a ciò –o forse proprio per questo– è un tipico personaggio che ci si aspetti di trovare in un film di Cronenberg. Ambiguo, sfuggente, non offre certo molte garanzie da un punto di vista estetico, anche se può spacciare il suo look dimesso come biglietto da visita più autentico e sincero a fronte dell’impeccabile ma impostato aspetto del villain della storia, Fishoff (Miguel Fernandes). Questi ricorda, in qualche modo, il Greg Stillson interpretato da Martin Sheen ne La Zona Morta (1983). In effetti, anche il modo in cui si manifesta il soprannaturale nella vicenda ricorda un po’ il film tratto da Stephen King, con Fishoff che, grazie ad un guanto trovato casualmente, diviene improvvisamente capace di guarire con il solo contatto della mano che lo indossi. In precedenza, l’uomo era stato il classico impostore che si spacciava per santone, allo scopo di raccogliere soldi dai disperati; ora aveva realmente il potere, ma la cosa aveva un prezzo da pagare. Il male, che il guanto magico permetteva di assorbire, guarendo il malato di turno, veniva “immagazzinato” dal guaritore che, per salvarsi, doveva trovare qualcuno a cui rifilarlo, con un procedimento analogo. In tutti questi trasferimenti, la malattia decuplicava la sua gravità, spacciando l’ultimo malcapitato.
È evidente che un simile articolato soggetto, tra l’altro ben poco credibile, per riuscire a funzionare in un episodio di tre quarti d’ora, necessita della benevola collaborazione dello spettatore che, peraltro, a questo genere di produzioni televisive, in genere non manca. Questa fiducia è perfettamente percepibile in Faith Healer, che perde poco tempo nello spiegare le stravaganti premesse, per cui il guanto sarebbe un manufatto proveniente dal casato degli Sforza e dall’Italia rinascimentale. Come gli altri elementi che fungono da pretesto per i vari episodi, era stato venduto incautamente da Micki e Ryan e, ora, con la collaborazione dell’esperto in materia dell’insolito Jack, andava assolutamente recuperato. Base delle operazioni è sempre il negozio Curious Goods sebbene Cronenberg sembri più affascinato dall’edificio spacciato per chiesa, con tanto di croce al neon, dove opera Fishoff. Non potendo intervenire più di tanto sulla caratterizzazione dei personaggi fissi, Micki, Ryan e Jack, per ovvi motivi di continuity della serie, l’attenzione dell’autore è posta sul binomio Fishoff-Jerry. Il primo è il classico imbroglione, e stavolta sembra interessare relativamente poco Cronenberg; ben più stuzzicante la figura di Jerry, che si presenta come moralizzatore e cacciatore di finti guaritori e che si dimostra, in definitiva, forse anche peggio. Quando si scopre malato, non solo si ritrova a credere al racconto strampalato dell’amico Jack, che gli rivela dei poteri miracolosi del guanto, ma accetta di provarlo su sé stesso. E quando scopre che servirà una cavia per scaricare poi la malattia, non esista a prendere in considerazione proprio Jack, per questo scopo. A Fishoff, addirittura, arriva a sparare a sangue freddo e, quando questo prova a salvarsi con l’uso del guanto, trova il modo di farlo morire nuovamente, senza mai mostrare un minimo di umana pietà. Insomma, una vera canaglia, perfino più subdolo del rivale. Questo non rende, peraltro, Fishoff molto migliore, considerato che, quando era entrato in possesso del guanto, non si era fatto scrupolo nel prendere innocenti passanti da sacrificare per poter continuare la sua attività di santone. Difficile, quindi, dire quale sia il meno peggio tra i due. Ma, da un’opera di Cronenberg, non c’era di aspettarsi niente di semplice.
Louise Robey
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