580_MISSOURI (The Missouri Breaks); Stati Uniti, 1976. Regia di Arthur Penn.
Sei anni dopo Il
piccolo grande uomo, Arthur Penn torna al genere western e anche stavolta
dirige un film anticonvenzionale, che potrebbe lasciare anche un po’ interdetti
se non ci fosse la vena ironica che aiuta ad accettare alcune scelte
dell’autore, altrimenti difficilmente plausibili. La principale delle quali è
la ripetuta e continua insistenza sulle scene scatologiche. Per quanto possano
sembrare quasi gratuite se non con il lasco intento di rendere più realistica
l’epopea western rispetto ai canoni classici, questi momenti fisiologici, a cui
Penn decide di concedere la ribalta cinematografica, sono la vera chiave di
lettura del film. C’è un racconto, quasi una barzelletta, ma dicevamo del tema
farsesco dell’opera, che lo dichiara in modo emblematico; Tom Logan (Jack
Nicholson) sta raccontando di quando ha conosciuto Sandy, suo compagno di furti
di bestiame: la prima volta che conobbi
Sandy, rubava bestiame per conto suo, aveva un cavallo rubato all’esercito e
aveva anche un cane, continua Tom, appena
uccideva una bestia gli tagliava il marchio e lo dava in pasto al cane. Diceva
che, per trovare le prove per condannarlo, dovevano rinchiudere il cane e
frugare nella sua merda per una settimana prima di trovare il marchio! Le
parole, sono scherzose è evidente; ma questo è comunque una sorta di epitaffio
funebre, perché Sandy è stato appena impiccato. E’ chiaro che, in un certo
senso, sono parole anche sentite e significative,visto il momento in cui
vengono pronunciate, al di là del loro significato burlesco. E comunque per lo
spettatore sono scherzose fino ad un certo punto, visto che sono le esplicite
istruzioni per guardare Missouri; ovvero:
cercando negli escrementi troverete le prove della colpevolezza.
La prima parte
della frase si concretizza guardando appunto il film: a partire dalla storiella
che parla della cacca del cane, nella pellicola si vedono un sacco di servizi
igienici dove c’è sempre qualcuno che deve urinare o l’ha appena fatto; poi c’è
Clayton (Marlon Brando) che si concede un sonoro peto (spaghetti western a parte, il primo peto western?), infine uno dei
ladri di bestiame viene ucciso mentre è intento, in una della citate latrine, a
fare il bisogno grosso. E’ chiaro quindi che, nella trasposizione metaforica,
gli escrementi del cane del racconto di Tom sono rappresentati dal film stesso:
manca da capire chi siano i colpevoli. Nel film si parla di ladri di bestiame e questi non possono essere certo innocenti; ma nel letamaio in cui ci
costringe a cercare Penn, innocenti non ce ne sono. Braxton, il pezzo grosso
della zona, si erge a giudice, paventando ordine e pace, ma in realtà altri non
è che uno spietato carnefice, come dimostra la suggestiva iniziale scena con
l’impiccagione di Sandy. E certo non può essere giudicato innocente Clayton,
uno psicopatico che approfitta del lavoro di regolatore per uccidere a sangue freddo. Ci sono solo un paio di
personaggi che appaiono meno colpevoli degli altri: Kathleen, la figlia di
Braxton, è giovane, idealista, contestatrice e desiderosa di trasgressione. La
sua voglia di infrangere la legge è più che altro rivolta alle bigotte
convenzioni sociali legate al sesso, niente di particolarmente serio.
Più
rilevante la sua opposizione all’uso gratuito della violenza a cui ricorre
facilmente il padre. L’altro personaggio che ha degli sprazzi positivi è il
protagonista della storia, Tom Logan: è vero che è un ladro di bestiame e
rapinatore di treni, ma appena può si compra un ranch e si mette a lavorare. Ma,
anche nella valenza positiva, il suo è comunque un comportamento in opposizione
al genere western, visto che si mette a fare il contadino piuttosto che il
cowboy. Perché in fondo il discorso di Penn è semplice: il west fu una latrina,
dove di persone giuste e corrette non ce n’erano, e alcuni fuorilegge potevano
essere migliori dei tanti uomini che si vantarono di aver civilizzato l’ovest.
Insomma, cogliendo probabilmente lo spunto dall’western all’italiana, vero
apripista in tal senso, il riferimento scatologico messo in piedi dal regista
sembra dirci che il genere western è davvero arrivato alla fine del proprio
ciclo vitale. Difficile dire se Penn abbia ragione; certo è che se si intende
rivitalizzare il genere occorrerà un approccio diverso. Qui siamo davvero agli
sgoccioli; e non di acqua limpida.
Kathleen Lloyd
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