88_JHONNY GUITAR . Stati Uniti, 1954; Regia di Nicholas Ray.
I titoli di testa di Johnny Guitar di Nicholas Ray sono abbastanza semplici, almeno in
apparenza: scritte gialle su sfondo blu. Ma se un particolare curioso può
passare inosservato, ce n’è almeno un altro che salta subito all’occhio: è
infatti insolito che in un film che ha per titolo l’appellativo di uno dei
personaggi, questo non sia quello interpretato dalla star più importante, (che per di più poi si scoprirà essere la vera
protagonista della storia). E i titoli di testa evidenziano bene questa
anomalia: il nome di Joan Crawford appare
subito dopo quello della produzione ed è scritto in grande; solo poi arriva Johnny Guitar, il titolo del film, scritto
meno in grande. E' Sterling Hayden l’attore a cui spetta il ruolo di Jonny
Guitar, eppure il suo nome è messo in seguito, insieme ad altri coprotagonisti, in
caratteri ancora più piccoli. E’ chiaro che la protagonista del film è Vienna,
il personaggio della Crawford; ma allora perché la pellicola si intitola Johnny Guitar? E a questo punto tanto
vale notare, sebbene sia un particolare di cui è difficile accorgersi senza la dritta giusta, come sia curioso che lo
sfondo di questi titoli di testa sia proprio un bel blu intenso, quando in
tutto il lungometraggio il regista Nicholas Ray ha praticamente bandito quel
colore, per via dei problemi tecnici legati all’uso del Tru-color nella fotografia della pellicola. Perché Ray in Johnny Guitar lavora molto
sui colori: ad esempio con gli abiti di Vienna, che si cambia nel corso della
storia ben sei volte e i cui colori indossati, sgargianti o cupi, aiutano ad ambientare il tenore della scena.
Impressionante, in tal senso, la resa del largo vestito bianco con la quale,
durante la notte, la donna finisce al cappio e sta per essere impiccata (!).
Lo
stesso Johnny Guitar le fa osservare come la si noti come se fosse una lampada
accesa. Ma torniamo al principio, ai titoli di testa. Da
questi pochi particolari possiamo subito dedurre come Ray sia da una parte
fuorviante, dall’altra molto scrupoloso nel non lasciare nulla al caso. Lo si
può ben dire perché poi tutta la pellicola conferma quei due piccoli indizi,
che diversamente sarebbero trascurabili. Innanzitutto la protagonista è una
donna, Vienna, il che è un fatto insolito per un western; ma ancora più
singolare è che anche la sua rivale sia di sesso femminile: Mercedes McCambridge
nel ruolo di Emma. Gli uomini sono relegati al ruolo di contorno, compreso il
Johnny Guitar che presta il nome al lungometraggio.
Che poi in realtà non è il vero nome, in quanto il nostro si chiama Johnny Logan; quindi il
nome che da’ il titolo al film è quello di uno soprannome, il che non sarebbe
nemmeno strano, in un western. La cosa strana è che Johnny si spaccia per Guitar solo nella prima sequenza, ma già
nella quale sostanzialmente parcheggia la chitarra per tornare ad usare i
tipici strumenti del far west, ovvero le mani e la pistola. Ma non possiamo già
liquidare la questione femminile di cui abbiamo solo accennato: in realtà, se
Vienna è una donna (e che donna, è nientemeno Johan Crawford, la diva degli
anni 30 e 40) ad un certo punto uno dei suoi dipendenti dice: mai vista una donna più uomo di lei. E
qui si aprono quindi altre
diramazioni nell’architettura di questa sorta di labirinto di scatole cinesi che è una storia che non lascia mai
allo spettatore la possibilità di accettare pacificamente le apparenze.
Perché abbiamo un western, genere maschile per
eccellenza, con protagonista una donna, (ed è donna anche l’antagonista), ma non
è una donna qualunque, è una diva, sebbene un po’ attempata (50 candeline per la Crawford ) ma ci dicono
che non se ne è mai vista una più uomo di
lei. Una serie di stranezze e contraddizioni sancita dall’ultima
affermazione. E l’attore che ci confessa questa cosa, guarda nella macchina da
presa: non è un particolare da poco, sottintende una matrice metalinguistica
dell’opera. In pratica il regista si rivolge allo spettatore tramite il suo
personaggio; ma è una consuetudine che a Hollywood non è affatto frequente, se
non in casi particolari come, ad esempio, nelle comiche di Stanlio e Ollio. Non
è certo comune in un film classico come un western. Insomma, tutta la pellicola
è intrisa da questo tipo di contraddizioni:
per fare altri esempi, le scene girate all’aperto non danno mai la sensazione
di libertà tipica del western, anzi, si potrebbe dire che sono claustrofobiche.
Il luogo che ospita la vicenda è chiuso da un lato da
una montagna, che oltretutto si presenta subito minacciosa per via delle frane
causate dalle esplosioni per i lavori della ferrovia. Poi c’è il locale di
Vienna, addossato ad una roccia; e quando vi arriviamo con Johnny Guitar
all’inizio del film, c’è una tempesta di sabbia che impedisce di vedere
alcunché. Il gruppo di Ballerino Kid (uno dei personaggi della vicenda,
interpretato da Scott Brady e che in lingua originale è Dancin’ Kid, soprannome che suona decisamente meglio rispetto alla traduzione italiana) ha per covo una miniera in
cui vi si arriva da un passaggio sotto una cascata, e non ha altre vie di fuga.
Di contro, il saloon di Vienna, dove si svolgono molte scene d’interno, sembra
ampio; sebbene la parete di roccia che lo caratterizza è un elemento
completamente fuori posto e contribuisce ad una sensazione straniante.
Insomma, Ray non vuole favori, non si affida a nulla di
quanto già previsto, consueto, oliato, codificato. Il cinema non è questo,
sembra volerci dire, non è nelle regole dei generi,
nelle consuetudini che, se rispettate, permettono di imbastire un film
praticamente senza sforzo e senza metterci un minimo di creatività. Ray azzera
tutto, gira un western, che è il più classico dei generi, ma non rispetta
nessuna regola. Nemmeno quelle narrative degli sceneggiatori di Hollywood,
perché la sua storia lascia tantissimi punti interrogativi: chi ha fatto la
rapina alla diligenza? Cosa successe tra Johnny e Vienna? Perché Emma odia in modo così feroce Vienna? Ci sono imbeccate, rimandi, ma
niente di preciso; a Nicholas Ray non interessa tutto ciò.
Al regista americano interessa il cinema, interessa, ad esempio, la
dimostrazione di come la capacità di interpretazione possa cambiare
completamente il valore di una scena. Come nella scena notturna, dove Johnny
chiede a Vienna di ripetergli quelle frasi amorose che un tempo i due si
scambiavano; e
E sono tanti i momenti alti, nel film, con l’incendio del locale di Vienna, la tentata
impiccagione della stessa o il duello finale che oppone le due donne della
pellicola. Ma per capire la grandezza dell’opera basta la prima strepitosa
sequenza, composta, tanto per cambiare, da una serie di fatti insoliti e
bizzarri: Johnny Guitar arriva a cavallo e rischia di venire travolto dai massi
scaturiti da esplosioni su un costone; poi ode uno sparo e, da un’altura,
assiste, senza intervenire, ad una rapina alla diligenza. Quindi, nel mezzo di
una tempesta di sabbia, giunge al saloon di Vienna, che trova deserto, senza
avventori. Nel locale arrivano poi gli uomini
capeggiati da Emma, che portano il cadavere di suo fratello; infine giunge Ballerino
Kid con i suoi scagnozzi (tra cui Bart, ovvero Ernest Borgnine). La sequenza è piena di suspense e tensione, volano
accuse, il morto è stato ucciso dai rapinatori della diligenza e gli incolpati
sono Vienna e gli uomini di Ballerino Kid. Non ci sono prove, ma Emma sprona il
boss del paese McIvers (un ottuso Ward Bond) e lo sceriffo ad arrestare i
presunti colpevoli; la tensione sale alle stelle, anche per via dell’odio che
scorre platealmente tra Vienna ed Emma.
Da un momento all’altro, si scatenerà
l’inferno, basterà la minima scintilla; i personaggi lo sanno e i loro occhi saettano
a destra e sinistra cercando il più piccolo pretesto per attaccare il concerto
calibro 45. Eccolo: un bicchiere cade e rotola in circolo sul bancone, si
capisce che al giro successivo finirà per terra. Sarà quello il segnale che
farà scattare i nervi tesissimi degli astanti? Il bicchiere compie il secondo giro, supera il bordo del
bancone del saloon e cade: una mano arriva lesta e salva il bicchiere e evita
la sparatoria. E’ Johnny Guitar che proviene dalla cucina dove stava beatamente
mangiando e, prendendo in giro un po’ tutti, stempera momentaneamente la
tensione accumulata precedentemente, mentre ne introduce di nuova.
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