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martedì 3 dicembre 2024

THE TRIAL: THE STATE OF RUSSIA VS OLEG SENTSOV

1585_THE TRIAL: THE STATE OF RUSSIA VS OLEG SENTOV . Cechia, Polonia, Estonia 2017: Regia di Askold Kurov

All’inizio del documentario, c’è uno stralcio da un’intervista rilasciata da Oleg Sentsov, protagonista, suo malgrado, del racconto su cui verte il film di Askold Kurov. Siamo nel 2013, il regista è l’apprezzato autore di Gamer, per il quale viene anche premiato in Russia, allo Spirit of Fire Film Festival di Khanty-Mansiysk. Alle domande del giornalista di Black Sea Tv, oltre a parlare del modo in cui interpreta il ruolo di cineasta, Sentsov risponde che “si sente un regista ucraino, un cittadino ucraino di origine russe che abita in Crimea”. Il giornalista lo guarda perplesso e conclude: “Ne riparliamo tra dieci anni”. A cosa si riferisce il conduttore della televisione di Sinferopoli? Alle scelte autoriali di Sentsov che potrebbero cambiare nel tempo? O, assai sinistramente, a quello che sarebbe accaduto al regista di lì a poco? Difficile dirlo; certo, sembra davvero che Kurov, nel montaggio del suo documentario, alla fine del brano di intervista inserito nell’incipit del film, si soffermi sul volto di Sentsov, quasi che questi abbia un presentimento. Dal punto di vista strettamente cinematografico, il documentario di Kurov, non è un capolavoro, manca di ritmo che, anche in un’opera di questo genere, è sempre di grande aiuto. È chiaro che l’obiettivo del coraggioso regista russo non è quello di divertire il pubblico ma di essere credibile, vista la posta in palio. Inoltre, The Trial: The State of Russia vs Oleg Sentsov sopporta il citato appunto critico senza patirne visto che, in ogni caso, l’innegabile carenza di scorrevolezza del documentario non inficia in nessun modo la validità e l’utilità del film. Perché quello di cui ci racconta questo documentario, non è solo una incredibile, moderna e tragicamente reale versione de Il Processo [Il Processo (Der Process), Kranz Kafka, 1925] di Franz Kafka, ma qualcosa di ben peggio e, come si avrà modo di costatare, amaramente profetico. Ma andiamo con ordine: per dovere di cronaca, il rimando a Kafka è di Ken Eisner, che proposte il paragone in occasione del Vancouver International Film Festival 2017. Scrisse, il critico: “Se Franz Kafka tornasse oggi e vedesse cosa sta succedendo nella Russia di Vladimir Putin, potrebbe semplicemente dire: «Non puoi inventare questa merda» e smettere di scrivere”. [Dal sito Straight.com, pagina web htpps://www.straight.com/movies/973996/viff-2017-trial-state-russia-vs-oleg-sentsov, visitata l’ultima volta il 28 novembre 2024]. Ha ragione, il giornalista del The Georgia Straight, quello che è capitato a Sentsov è kafkiano in modo persino troppo letterale. Oleg Sentsov, giovane ma già apprezzato regista, venne arrestato l’11 maggio 2014 in Crimea, appena dopo l’annessione della penisola alla Federazione Russa, con gravissime accuse di aver partecipato ad azioni terroristiche collaborando con organizzazioni paramilitari, ad esempio il già citato Settore Destro, considerati criminali da Mosca. Nel documentario, il regista Kurov alterna le scene in tribunale, in cui Sentsov si trova dentro una cella, con dichiarazioni o interviste a vari personaggi, che vanno dalla sorella dell’imputato al presidente russo Vladimir Putin, ai partecipanti di Automaidan. Questo movimento, nato in contemporanea ad Euromaidan, si caratterizzava per l’utilizzo di auto e camion come mezzi di protesta contro il governo Janukovyč. Da un punto di vista processuale, le prove a carico di Sentsov sembrano poca roba e poi, il principale testimone dell’accusa, Gennadij Afanas’ev, al momento decisivo, ritira la sua testimonianza, che, in precedenza, gli era stata estorta sotto tortura. 

Del resto lo stesso imputato dichiara di essere stato picchiato, umiliato e torturato, durante gli interrogatori e l’autorità russa gli ha poi negata la cittadinanza ucraina, in modo da evitare qualsiasi ipotesi di estradizione. La condanna per 20 anni appare quindi una conseguenza inevitabile a quanto abbiamo assistito e la destinazione siberiana per Sentsov una sorta di sentenza definitiva, visto la lugubre fama della regione e, soprattutto, delle sue carceri. Il mondo del cinema ha fatto sentire la sua voce di protesta, con le dichiarazioni di registi del calibro di Pedro Almodóvar, Wim Wenders, Agnieszka Holland e Ken Loach, ma è l’intervento di Kirilli Rogov, professore di scienze politiche, ad essere particolarmente rivelatore. Secondo lo studioso, tutta la messinscena del processo-farsa ha uno scopo di fungere da monito, da esempio, per chiunque abbia intenzione di opporsi alla politica del Cremlino. Il fatto che le accuse appaiano palesemente estemporanee sarebbe quindi voluto: si tratta di quello che il sito di LDH [Ligue des Droits de l’Homme, la Lega dei Diritti Umani] definisce efficacemente “Il principio di Khodorkovsky” [dal sito di lhd-france.org, pagina web https://www.ldh-france.org/la-ldh-soutient-le-film-le-proces-letat-de-russie-contre-oleg-sentsov-de-askold-kurov/, visitata l’ultima volta il 28 novembre 2024]. Khodorkovsky, o Chodorkovskij, era un potente oligarca russo che, nel 2005, venne condannato per frode; secondo molti media, il processo sarebbe stato una farsa e interamente pilotato dalle autorità russe, per via del sostegno dato dal magnate alle forze di opposizione del Cremlino. [dal sito it.gariwo.net, che riporta tra le fonti Memorial Italia, Il Corriere della Sera, e Amnesty International, pagina web https://it.gariwo.net/magazine/diritti-umani-e-crimini-contro-lumanita/la-condanna-a-khodorkovsky-e-una-farsa-2803.html, visitata l’ultima volta il 28 novembre 2024]. In pratica, la posizione prestigiosa di Sentsov, che aveva al tempo già vistosi riconosciute le sue qualità artistiche come regista, ne ha fatto un nuovo bersaglio ideale per Mosca: se possiamo distruggere un artista come Sentsov, così come abbiamo fatto per l’oligarca più potente, possiamo distruggere chiunque. Anche Owen Gleiberman, giornalista di Variety [dal sito Variety.com, pagina web https://variety.com/2017/film/markets-festivals/the-trial-review-berlinale-2017-oleg-sentsov-1201983542/, visitata l’ultima volta il 28 novembre 2024] condivide questa lettura degli eventi, seppure come esempio di riferimento scelga il caso Aleksandr Litvinenko, avvelenato con il Polonio 210 mentre si trovava nel Regno Unito. La CDEU, Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ha dichiarato che la responsabilità dell’uccisione di Litvinenko è da ascrivere, senza alcun ragionevole dubbio, a due uomini dei Servizi Segreti russi, Andrej Lugovoj e Dmitrij Kovtun “agendo come agenti dello stato convenuto”, facendo un palese riferimento alla Russia. [dal sito NPR, un’organizzazione radiotelevisiva pubblica statunitense, pagina web https://www.npr.org/2021/09/21/1039224996/russia-alexander-litvinenko-european-court-human-rights-putin, visitata l’ultima volta il 28 novembre 2023]. Il Cremlino ha negato pubblicamente ogni coinvolgimento, come ovvio; al tempo stesso, l’utilizzo del Polonio 210 come veleno, ne sembra l’esplicita e beffarda firma.
A pensarci bene, dopo i casi Litvinenko, Khodorkovsky e Sentsov, ora diviene chiaro anche quale sia stato il senso dell’annessione della stessa Crimea. «Se possiamo prenderci un’intera penisola di oltre ventiseimila metri quadrati, potremo anche prenderci l’intera Ucraina. Non dite che non eravate state avvisati».     


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