Translate

domenica 29 dicembre 2024

THE WITCH: REVENGE

1599_THE WITCH: REVENGE . Ucraina, 2024: Regia di Andriy Kolesnyk

Il cinema bellico inerente al conflitto russo-ucraino si è visto come abbia mostrato, in qualche caso, punti di contatto con il «genere» horror. A pensarci, sembra una cosa ovvia, tuttavia, storicamente, il «genere» di riferimento per i film di guerra è il cinema d’azione, d’avventura drammatica, forse perché gli autori hanno sempre cercato di evitare quelle derive oniriche che il cinema dell’orrore evoca. Insomma, la guerra è qualcosa di tremendamente reale e meglio non creare equivoci. Naturalmente ci sono state eccezioni, basti citare i recenti Deathwatch – La trincea del Male [Deathwatch – La trincea del Male (Deathwatch), Michael J. Bassett, 2002] o Trench – 11 [Trench 11, Leo Scherman, 2017], ma anche alcuni passaggi del classico Fräulein Doktor [Alberto Lattuada, 1969], di cui, in particolare, le scene con il terribile «gas mostarda» sono incubi a pieno titolo. Purtroppo, la guerra, deprecabile sin dalla notte dei tempi, sembra essersi, ai giorni nostri, ulteriormente incattivita e il cinema, per renderne conto, ha spesso incrementato questa tendenza narrativa. Nello specifico del conflitto russo-ucraino un esempio eclatante, in questo senso, è Luce solare calda [Luce solare calda (Solntsepyok) Maksim Brius e Mikhail Vasserbaum, 2021], ma elementi simili sono presenti anche in opere a prima vista insospettabili come This rain will never stop [This rain will never stop, Alina Gorlova, 2020]. In questo studio si sono analizzati anche film non strettamente legati alla guerra in oggetto e, tra questi, Minsk [Boris Guts, 2022] esprime in modo più compiuto l’idea di ricorrere al cinema dell’orrore per raccontare la situazione attuale. Come detto nel paragrafo in proposito, il regista, il russo Boris Guts, ha esplicitamente paragonato il suo film ad un horror americano di quelli con i ragazzi che fanno sesso e poi incontrano gli zombi, con la differenza che, in questo caso, al posto dei morti viventi ci sono i poliziotti. [Nikolay Nelyubin traduzione di Vladimir Kolosov, Boris Guts su Minsk, intervista dal sito NewProspect.ru, pagina web https://newprospect.ru/news/english-prospect/this-is-a-horror-movie-only-we-don-t-have-the-evil-dead-here-we-have-cops-boris-guts-about-the-minsk/ visitata l’ultima volta il primo di settembre 2024].

L’idea di utilizzare un film horror per raccontare come i cittadini civili ucraini vivano l’invasione russa non è quindi estemporanea o del tutto improvvisata e, in ogni caso, è un eccellente punto di partenza. Nella realizzazione dell’opera, il regista Andriy Kolesnyk decide quindi di puntare forte sul versante fantastico, mantenendo al contempo un fortissimo ancoraggio alla realtà bellica che sta vivendo l’Ucraina. Il risultato è The Witch: Revenge, un bell’horror, potente, nel quale, per una volta, si può serenamente parteggiare per la strega, in genere relegata nel ruolo di «cattiva» come tutti i rispettabili mostri dei film di paura. Ma qui ci sono i soldati russi, qualcosa che il regista sembra voler dire che sia ben peggiore dei mostri del cinema dell’orrore; impressione purtroppo condivisibile. La vendetta annunciata dal titolo è ben motivata: in principio, la strega si presenta negli insospettabili panni della bellissima Olena (Tatiana Malkova, affermata star ucraina dello spettacolo), una ragazza innamorata del fidanzato (Taras Tsimbalyuk nel ruolo di Andriy). La coppia vive felice e serena insieme al piccolo cane Ozzy (Charlie, un buffo bulldog francese) quando l’invasione su larga scala russa piomba nelle loro vite. I tre vengono fermati da una pattuglia russa mentre cercano di mettersi al sicuro e la situazione precipita: Andriy riesce a forzare il posto di blocco ma rimane ferito mortalmente. Disperata e furibonda, Olena rispolvera le arti magiche e si accanisce contro i soldati russi che, nel frattempo, hanno stuprato una ragazza e ammazzato alcuni civili senza alcuna ragione. Da questo punto di vista la trama non è certo un esempio di originalità ma, per quel che riguarda gli aspetti folcloristici, va riconosciuto che la tradizione ucraina, ed esteuropea in generale, è particolarmente affascinante. Inoltre, il senso del ritmo della direzione di Kolesnyk è buono e il racconto filmico che ne scaturisce è teso e avvincente, come da manuale del cinema d’intrattenimento. Gli unici dubbi che possono venire sono a proposito di quanto il regista e i suoi collaboratori si prendano sul serio, visto che la matrice propagandistica che percorre il film, per quanto si tratti di un’opera di finzione, è smaccata. Innanzitutto va detto che, nonostante per tutto il film si sottolinei come gli invasori meritino la sorte che la strega protagonista gli infligge, alla fine, si opta per una soluzione conclusiva assai moderata. Certo, Olena, nella sua versione demoniaca, si lascia alle spalle una bella scia di sangue ma, quando scopre di essere incinta, si redime e risparmia proprio il peggiore dei suoi nemici, Rovnyy (Pavel Vishnyakov), il comandante della truppa. L’importanza della vita in arrivo, che al cinema è sempre un forte segnale di ottimismo, rappresenta anche l’importanza della comunità che si oppone alla sua cancellazione da parte degli invasori: in questo senso sono decisivi anche la «zia» Yevdokia (Olena Khokhlatkina) e il cagnolino Ozzy, con la loro vicinanza a Olena anche quando questa ha completamente perso il controllo di sé. Insomma, pur se la tentazione di ricorrere alla legge del taglione è forte, e, in questo senso, si veda anche la scena della rivalsa della ragazza stuprata, gli ucraini sono ben consci che non devono farsi divorare dal demone della vendetta finendo per divenire del tutto indistinguibili dagli aggressori. 

Questi motivi di riflessione, per altro decisamente condivisibili e apprezzabili –anche e soprattutto perché arrivano in un film «di cassetta»– sono ben dissimulati dalla tipica ironia ucraina che, per quanto ruspante, si dimostra ancora una volta piuttosto raffinata. Considerato l’utilizzo «strumentale» del «media» cinema, Kolesnyck ricorre giustamente più volte ad un linguaggio metalinguistico. La velata citazione al cinema d’azione americano, nella risposta di Andriy ad Olena prima del posto di blocco, è un simpatico esempio in questo senso. La coppia di protagonisti è appena stata fermata dai russi e Olena si raccomanda al fidanzato: “Andriy, per favore, non iniziare a litigare. Per favore, stai attento”. La risposta del giovane è degna di Jack Burton [Jack Burton, interpretato da Kurt Russell in Grosso guaio a Chinatown (Big trouble in Litlle China, John Carpenter, 1986) è ricordato per le tante iconiche battute, tra cui: “Sei pronto?”. “Io sono nato pronto”] “Rilassati. Attento è il mio secondo nome”. Ancora più gustose, e, in un certo senso, metalinguistiche, sono poi le didascalie iniziali, nelle quali gli autori strizzano più volte l’occhio allo spettatore. La prima delle quasi si scusa per la violenza di alcune scene del film che va ad iniziare; d’altra parte, proseguono le didascalie, le malefatte degli invasori non possono essere ignorate dal cinema ucraino. In sostanza, si sottolinea la differenza tra la violenza innocua della componente fantastica del film, da quella realmente traumatizzante che riprende le attività degli aggressori. Ma il bello deve ancora arrivare. Le «istruzioni per l’uso» proseguono e l’informazione seguente è che la nuova normativa ucraina vigente obbliga i film a non utilizzare lingue straniere per oltre il 10% dei lungometraggi. In conseguenza di ciò, dal ventitreesimo minuto i soldati invasori passeranno dal russo volgare al doppiaggio in ucraino. In pratica, i russofoni in Ucraina, nel film, da quel momento in poi parlano ucraino; “Presto lo faranno anche nella vita reale” prosegue sibillina la didascalia. Un 18+ ci ricorda il divieto per i minori, quindi, l’ultimo avvelenato messaggio. “Il film contiene morte violenta degli occupanti”. Al quale succede un “Buona Visione” in caratteri maiuscoli che non prova nemmeno a mascherarne la soddisfazione che trapela. Cattivo gusto? Che dire, un innocente film horror in risposta ad un’aggressione militare è perfino troppo buon gusto, altroché.  



Galleria 


Tatiana Malkova



Nessun commento:

Posta un commento