1587_IL BARONE ROSSO (Von Richthofen and Brown). Stati Uniti 1971: Regia di Roger Corman
Il titolo originale de Il
Barone Rosso, film di Roger Corman, è Von
Richthofen and Brown. A prima vista sembra che i distributori italiani
possano anche aver fatto un’operazione condivisibile (al netto delle questioni
sul rispetto delle scelte artistiche di un autore): come titolo, Il Barone Rosso mette l’accento sul
leggendario pilota tedesco e certo ottiene un richiamo maggiore. Ma è nella
contrapposizione tra l’aristocratico Manfred von Richthofen, il Barone Rosso,
appunto, e il suo più prosaico avversario Roy Brown, pilota canadese, che si
nasconde il significato del film. Che il titolo originale, in modo pragmaticamente
tipico di Corman, mette già in chiaro. Il film corre su due binari, la sponda
tedesca e quella inglese, che sfilano paralleli fino agli incroci delle
battaglie: al campo della Luftstreitkräfte
arriva il tenente Manfred von Richthofen (John Philliph Law) mentre il
tenente Roy Brown (Don Stroud) si aggrega alla squadriglia inglese. Come
fossimo in uno specchio le figure dei due nuovi arrivati paiono riflettersi,
ribaltando nell’altro le proprie
caratteristiche. Cavalleresco e attento al senso dell’onore il primo,
pragmaticamente votato al risultato il secondo. La natura sembra aver dotato von
Richthofen di qualcosa in più rispetto al rivale, e anche a tutti gli altri,
avversari o compagni che siano. In breve la sua fama cresce al ritmo degli
aerei abbattuti e il pilota diventa il vero asso dell’aviazione tedesca,
ammirato perfino dai nemici. Brown invece non riscuote la stessa popolarità,
nemmeno tra i compagni; non ha carisma né stile, solo ferrea determinazione a
raggiungere il proprio scopo. Del resto è un americano, sebbene canadese e non
statunitense, e non può pertanto avere nulla di nobile, nemmeno qualche vago
ascendente. La storia che si racconta è nota, alla fine l’ostinazione e la
mancanza di scrupoli di Brown avranno la meglio sulla fiera e nobile arte
cavalleresca di von Richthofen, ma la considerazione interessante è però
un’altra. Con il suo stile secco e asciutto, Corman sa che quello che per John
Guillermin nel suo La caduta delle aquile,
(film del 1966) era stata solo una felice intuizione, nasconde uno degli
aspetti più inquietanti della Prima Guerra Mondiale. Lo Stachel, il pilota
protagonista nel film di Guillermin che con il suo arrivismo simboleggia
l’aggressività borghese tedesca libera di esprimersi una volta sciolto il gioco
aristocratico che la teneva al guinzaglio, era un’idea affascinante; ma forse la
questione aveva una matrice diversa. Non potrebbe essere stato il devastante
impatto con la praticità americana, se non decisiva comunque fondamentale nelle
sorti della guerra, ad aprire gli occhi alla nuova Germania, quella che smette
di seguire gli ideali aristocratici e cavallereschi cari a von Richthofen? Come
Brown insegna agli avversari a
bombardare il campo nemico, ospedale compreso, e viene prontamente imitato dai
nemici, così la nazione tedesca una volta finita la guerra, guarda caso con sano
pragmatismo, finirà per scegliere la strada che sembrerà, al momento, più conveniente
e più affidabile. Quella dell’uomo forte e sicuro di sé. Purtroppo, l’immagine
cruciale de Il Barone Rosso non è,
infatti, quella del triplano rosso o degli sgargianti biplani del circo volante, ma i festeggiamenti al
nuovo leader della squadriglia tedesca, l’eroe in grado di rispondere colpo su
colpo alla determinazione di Brown: il tenente Hermann Göring (Barry Primus). La
feroce determinazione tedesca trova così nello spietato opportunismo americano
una nuova strada da perseguire. Ma per vedere gli effetti di questo nuovo Deutscher Traum, il sogno americano alla
tedesca, bisognerà aspettare qualche anno. E la più classica versione dell’uomo fatto da sé che
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