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sabato 7 dicembre 2024

IL BARONE ROSSO (1971)

1587_IL BARONE ROSSO (Von Richthofen and Brown). Stati Uniti 1971: Regia di Roger Corman

Il titolo originale de Il Barone Rosso, film di Roger Corman, è Von Richthofen and Brown. A prima vista sembra che i distributori italiani possano anche aver fatto un’operazione condivisibile (al netto delle questioni sul rispetto delle scelte artistiche di un autore): come titolo, Il Barone Rosso mette l’accento sul leggendario pilota tedesco e certo ottiene un richiamo maggiore. Ma è nella contrapposizione tra l’aristocratico Manfred von Richthofen, il Barone Rosso, appunto, e il suo più prosaico avversario Roy Brown, pilota canadese, che si nasconde il significato del film. Che il titolo originale, in modo pragmaticamente tipico di Corman, mette già in chiaro. Il film corre su due binari, la sponda tedesca e quella inglese, che sfilano paralleli fino agli incroci delle battaglie: al campo della Luftstreitkräfte arriva il tenente Manfred von Richthofen (John Philliph Law) mentre il tenente Roy Brown (Don Stroud) si aggrega alla squadriglia inglese. Come fossimo in uno specchio le figure dei due nuovi arrivati paiono riflettersi, ribaltando nell’altro le proprie caratteristiche. Cavalleresco e attento al senso dell’onore il primo, pragmaticamente votato al risultato il secondo. La natura sembra aver dotato von Richthofen di qualcosa in più rispetto al rivale, e anche a tutti gli altri, avversari o compagni che siano. In breve la sua fama cresce al ritmo degli aerei abbattuti e il pilota diventa il vero asso dell’aviazione tedesca, ammirato perfino dai nemici. Brown invece non riscuote la stessa popolarità, nemmeno tra i compagni; non ha carisma né stile, solo ferrea determinazione a raggiungere il proprio scopo. Del resto è un americano, sebbene canadese e non statunitense, e non può pertanto avere nulla di nobile, nemmeno qualche vago ascendente. La storia che si racconta è nota, alla fine l’ostinazione e la mancanza di scrupoli di Brown avranno la meglio sulla fiera e nobile arte cavalleresca di von Richthofen, ma la considerazione interessante è però un’altra. Con il suo stile secco e asciutto, Corman sa che quello che per John Guillermin nel suo La caduta delle aquile, (film del 1966) era stata solo una felice intuizione, nasconde uno degli aspetti più inquietanti della Prima Guerra Mondiale. Lo Stachel, il pilota protagonista nel film di Guillermin che con il suo arrivismo simboleggia l’aggressività borghese tedesca libera di esprimersi una volta sciolto il gioco aristocratico che la teneva al guinzaglio, era un’idea affascinante; ma forse la questione aveva una matrice diversa. Non potrebbe essere stato il devastante impatto con la praticità americana, se non decisiva comunque fondamentale nelle sorti della guerra, ad aprire gli occhi alla nuova Germania, quella che smette di seguire gli ideali aristocratici e cavallereschi cari a von Richthofen? Come Brown insegna agli avversari a bombardare il campo nemico, ospedale compreso, e viene prontamente imitato dai nemici, così la nazione tedesca una volta finita la guerra, guarda caso con sano pragmatismo, finirà per scegliere la strada che sembrerà, al momento, più conveniente e più affidabile. Quella dell’uomo forte e sicuro di sé. Purtroppo, l’immagine cruciale de Il Barone Rosso non è, infatti, quella del triplano rosso o degli sgargianti biplani del circo volante, ma i festeggiamenti al nuovo leader della squadriglia tedesca, l’eroe in grado di rispondere colpo su colpo alla determinazione di Brown: il tenente Hermann Göring (Barry Primus). La feroce determinazione tedesca trova così nello spietato opportunismo americano una nuova strada da perseguire. Ma per vedere gli effetti di questo nuovo Deutscher Traum, il sogno americano alla tedesca, bisognerà aspettare qualche anno. E la più classica versione dell’uomo fatto da sé che la Germania potesse (e si spera potrà), mai offrire.  




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