1585_QUI SQUADRA MOBILE - TESTIMONI RETICENTI . Italia, 1976; Regia di Anton Giulio Majano
L’ultimo
episodio conferma il livello della serie e lascia il rammarico che sia l’ultima
possibilità di vedere all’opera la Squadra Mobile guidata dal commissario
Salemi. Ancora una volta, l’episodio è corale con lo stesso Salemi, e il
coprotagonista principale, il commissario Solmi, che lasciano ampi spazi di
manovra non solo ai commissari Argento, Moraldi, Astolfi ma anche agli colleghi
di grado inferiore, il maresciallo Mandò e l’agente Di Franco. Sempre presente
anche l’ispettrice Nunziante, per un gruppo di lavoro che funziona in modo
perfetto sia come personaggi sullo schermo che come cast di attori. Il tema di
questo episodio sono le spietate ed efferate rapine che, al tempo, infiammavano
la capitale: i riferimenti all’attualità sono anche stavolta tempestivi,
suggellati dal riferimento al bandito arrivato dalla Francia che se ne torna a
Marsiglia. In effetti, i primi episodi di criminalità organizzata a Roma furono
introdotti dal Clan dei Marsigliesi, che lasciarono in seguito posto a bande
armate autoctone, come la celebre Banda della Magliana. Tra gli interpreti
occasionali, ad impressionare è soprattutto Silvia Monelli, nel ruolo di
Arlette Bartoli, un’attrice davvero poco utilizzata da cinema e televisione e
che aveva carisma scenico da vendere. Nell’episodio abbondano le scene
d’azione, in genere non proprio il terreno ideale degli sceneggiati Rai, ma, in
questo caso, il risultato è ampiamente sufficiente. In una storia ricca di
ambientazioni diverse tra loro, a destare qualche perplessità sono le scenografie,
davvero troppo povere e minimaliste per essere credibili. I muri troppo spogli
nel bar dove si ritrovano i criminali o del casale di Trevignano, si sommano ai
già scarni arredi dei luoghi peculiari della serie. Ma sono dettagli marginali,
che la bravura degli attori, Luigi Vannucchi su tutti per distacco, relegano
sullo sfondo. Interessante il ritorno in auge della sponda scientifica, mentre,
dal punto di vista umano, Salemi perde le staffe con la testimone reticente per
eccellenza del racconto, la signora Ceccacci (Maresa Gallo). La donna era stata
peraltro pesantemente minacciata dai criminali che, se avesse parlato,
avrebbero infierito sulla figlia e i suoi timori appaiono ampiamente
comprensibili. Anche perché la polizia non si rivela così infallibile, e si
veda il finale, quando, prima di intervenire, aspetta che la ragazza olandese
(Eva Axen) arrivi al casolare dei banditi, mettendone inutilmente la vita a
rischio. Poco male; probabilmente si tratta di esigenze narrative, visto che
sarà la ragazza a chiudere il conto al boss della banda Salvatore Loferro
(Mario Bardella). Loferro, per sfuggire ai controlli, si fa chiamare Arrigo
Lenzi, un nome che è un evidente richiamo al regista Umberto Lenzi, maestro dei
poliziotteschi del cinema italiano e a cui, Qui Squadra Mobile, coi suoi
inseguimenti e le sue Alfa Romeo Giulia che sfrecciano a tutto gas, è
certamente debitore. Il cinema, come rimando, torna proprio in chiusura e, quando
il capo della Mobile Salemi degna di attenzione un caratterista come il
maresciallo Mandò, in genere bonariamente bistrattato da Solmi, c’è la conferma
che la serie ha fatto tesoro degli insegnamenti del poliziesco all’italiana del
grande schermo. Chiusura in bellezza, su tutti i fronti, insomma.
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