1600_LA GRANDE GUERRA . Italia, 1959: Regia di Mario Monicelli
Cominciamo col dire che
Con una simile impostazione, al tempo, era anche semplice trovare poi gli attori giusti: Vittorio Gassman (è Giovanni Busacca) e Alberto Sordi (Oreste Jacovacci) recitano le loro prevedibili parti (il milanese e il romano) in scioltezza, dall’alto della loro classe, esperienza e capacità, trovandosi in una situazione ideale per sfornare due prestazioni memorabili. Chi sorprende, pur essendo già una diva affermata, è Silvana Mangano: la sua Costantina, una prostituta in servizio presso le truppe, non era proprio un ruolo facilissimo. Almeno non era semplice cavarci un personaggio ricco di dignità, simpatia, umanità e soprattutto fascino; questo senza ovviamente poter sfruttare armi le classiche armi di seduzione sofisticate ma dovendo, giocoforza, rimanere coi piedi non tanto per terra ma proprio nel fango. Che in guerra era ovunque e non solo in trincea e non solo intendendo quello materiale. La Mangano ci riesce anche grazie, più che ad una bellezza, che poi la sua è abbastanza singolare, ad un’eleganza mai volgare. Tantissime le scene gustose, agevolate dalla frammentazione del racconto, e tanti i protagonisti che si ricordano: Folco Lulli è il Bordin, costretto ad essere audace dalle esigenze economiche della famiglia numerosa; Romolo Valli è il tenente Gallina, un ufficiale ricco di buonsenso; Tiberio Murgia è Nicotra, il soldato siciliano innamorato dell’attrice Francesca Bertini e via via tutti gli altri. Il film non scade nello sterile macchiettismo perché poi la guerra, quella rappresentata con buona fedeltà storica, presenta il conto e di fronte alla morte i personaggi sono trattati con assoluta dignità da Monicelli.
Un esempio è forse proprio il Nicotra che getta via la fotografia della diva, in un momento di disperazione, ma anche la generosità di Busacca e Jacovacci quando si trovano alle prese con la moglie del Bordin, ancora inconsapevole di essere vedova, lascia il segno. Ma naturalmente è il finale, con la celeberrima esecuzione dei due protagonisti, a condensare in modo splendido lo spirito del film, forse dell’intera partecipazione italiana alla guerra se non addirittura dell’indole del carattere nazionale. Busacca e Jacovacci erano stati scelti, in qualità di soggetti meno efficienti della truppa, per portare degli ordini ad una postazione sul fronte. Consegnati i quali, i nostri vedono i bagliori di un attacco d’artiglieria sul loro reparto e decidono di imboscarsi fino alla mattina successiva. Non si tratta di diserzione vera e propria, ma di ritardare opportunisticamente il rientro nei ranghi: un modo molto italiano di intendere il proprio dovere. Ma, al risveglio, i due scombinati militari troveranno ad attenderli i nemici. Con i quali si accorderebbero anche, pur di salvare la pelle, rivelando al nemico le previste manovre dell’esercito italiano. Mica sono degli eroi. Però, quello che non ha fatto
Silvana Mangano
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