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sabato 1 gennaio 2022

SON MEKTUP

950_SON MEKTUP ; Turchia, 2015; Regia di Ozhan Eren.

Nell’avvicinarsi della ricorrenza per i cento anni dalla Campagna di Gallipoli della Prima Guerra Mondiale, in Turchia sono stati prodotti due film, Çanakkale 1915 di Yesim Sezgin nel 2012 e Çanakkale Yolun Sonu di Kemal Uzun l’anno successivo. Pur trattando l’argomento con sensibilità diverse, entrambi erano concentrati prevalentemente sugli scontri nella penisola, avvenuti dopo lo sbarco degli alleati dell’Intesa. In effetti i britannici avevano provato prima a presentarsi allo stretto dei Dardanelli con la temibile flotta da guerra, nel tentativo di aprirsi una strada via mare che li portasse dritti ad Istanbul. Nell’anno del centenario esatto esce Son Mektup, film di Özhan Eren sulla battaglia di Gallipoli, che si concentra appunto su questi aspetti della campagna, lo scontro tra le navi da guerra dell’intesa e gli obici turchi ma, un po’ a sorpresa, lo fa da un’insolita prospettiva, per altro molto funzionale alla resa scenica. Al centro del racconto bellico, infatti, sono i biplani della squadriglia ottomana, a quanto si è saputo ricostruiti fedelmente per somigliare ai velivoli originali. Certo, l’Albatros B.I. biposto che scorrazza per lo schermo non è del tutto credibile: colorato di uno sgargiante rosso, con le insegne della mezzaluna stellata, sembra una versione cinematografica turca dello storico Barone Rosso tedesco. La rappresentazione idealizzata di questo apparecchio, che nella realtà pare versasse in condizioni più critiche durante il conflitto, è un po’ lo specchio dell’intera operazione filmica. 

C’è il tentativo evidente di emulare la propaganda di certe produzioni americane (Pearl Harbor, 2001, di Michael Bay o, per restare alla Grande Guerra, Flyboys, 2006, Tony Bill) ma si cerca di farlo senza avere la capacità di Hollywood, imbattibile in questo specifico tipo di pellicole. Che, tra l’altro, ormai comincia a segnare il passo, quando si azzarda a riproporre queste storie pacchiane e faziose; difficoltà che risultano ovviamente assai maggiori per questo Son Mektup. La retorica che trasudano le scene in cui gli ufficiali incitano le truppe è difficilmente sostenibile, se non in ottica critica che per altro è totalmente assente dal film. L’opera, nel complesso, fatica, combattuta tra troppi elementi poco funzionali: al netto dei citati convinti passaggi pregni di retorica bellica, non paga la scelta di relegare nell’oblio il nemico, quasi che l’altro sia qualcosa di alieno e totalmente ignoto. Uno stratagemma narrativo degno della prima Guerra Fredda. 

Anzi, per la verità, in uno dei rari momenti in cui vediamo gli alleati dell’Intesa in azione, questi si producono in un’operazione vile e ignobile come bombardare un convoglio della mezzaluna rossa avendo cura di sparare ai sopravvissuti. E’ un passaggio cruciale, nell’economia del film, perché il piccolo Fuat (Engin Benli) scampato al massacro, si renderà protagonista dell’avvicinamento tra i due personaggi principali, Salih (Tansel Öngel), pilota di aerei, e Nihal (Nesrin Cavadzade), infermiera. Della loro storia d’amore, per altro impegnativa in termini di importanza nel racconto, importa però poco, essendo un evidente mero pretesto per rendere il film appetibile al pubblico femminile. 

Come al solito, in questi casi, difficile, piuttosto, farsi un’opinione, guardando le cose dall’esterno, a proposito della polemica tutta turca che sembra ruotare attorno alla figura di Mustafa Kemal, il mitico Atatürk, precedentemente incensato in Çanakkale 1915 e ignorato in Çanakkale Yolun Sonu. Eren non gli riserva un ruolo di rilievo nel suo Son Mektup e la cosa sembra un po’ forzata. In quest’ottica, Son Mektup lascia trapelare la mancanza di serenità anche su questo argomento che, di conseguenza, rende più comprensibile il patriottismo un po’ fuori tempo che impregna la pellicola. Insomma, se nemmeno su questioni interne il cinema turco (e, di riflesso, anche la società?) riesce ad avere uno sguardo pacato e obiettivo, figuriamoci quando sono coinvolte terze parti. Peccato, dal punto di vista scenico Son Mektup non è male, un po’ patinato, è vero, ma comunque pittoresco. I duelli aerei, che si sviluppano a suon di revolverate tra i cieli, non sono tra i migliori della storia del cinema, perché ci sono capolavori inarrivabili in questo senso, ma hanno un loro fascino esotico. Non un film di guerra storico, ma una rievocazione nostalgica(!) questo avrebbe potuto esserla, non fosse stato per i citati pesanti fardelli.



Nesrin Cavadzade



Barbara Sotalsek

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