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sabato 15 gennaio 2022

LE SETTE AQUILE

957_LE SETTE AQUILE (Lilac Time); Stati Uniti1927; Regia di George Fitzmaurice e Frank Lloyd.

C’è qualcosa che, al cinema, possa competere con il fascino delle battaglie aeree nei cieli della Prima Guerra Mondiale? Certo, Collen Moore. La piccola ma esuberante attrice americana, qui nei panni di Jeannine, una giovanissima ragazza francese, sfrutta a dovere i limiti insiti nel cinema muto, occupando con la sua verve, la sua capacità espressiva, i suoi splendidi occhioni e il delizioso musetto, gli spazi lasciati liberi dalla mancanza dei dialoghi. Prova ne è che le didascalie, nel film, sono davvero poche, considerando che si tratta di un lungometraggio che, tutto sommato ha una storia da raccontare e, al netto dei dogfights acrobatici dei caccia biplano, non è una sequela di gag umoristiche come nelle comiche. Perché, al di là dell’aspetto bellico, Le sette aquile ha i toni di una commedia umoristica ma la forza dell’interpretazione della Moore è che, nonostante la ragazza ricorra molto spesso alla mimica, anche fisica e non solo facciale, di molti comici del cinema muto, ha una bellezza che tiene sempre viva la traccia romantico-sentimentale del racconto. Per rendersi conto della maiuscola prestazione attoriale di Collen basta considerare come il suo partner sullo schermo, nientemeno che Gary Cooper nel ruolo del capitano Philip Blythe, è totalmente surclassato dal carisma dell’attrice. Certo, Coop non era ancora un divo di Hollywood affermato ma era comunque in piena rampa di lancio, tanto che proprio Le sette aquile è considerato tra i film da cui partì la sua corsa verso l’olimpo delle star. L’attore statunitense era tra l’altro particolarmente abituato a interpretare il ruolo di pilota di caccia della Grande Guerra: dopo la parte avuta in Ali (1927, di William A. Wellman) aveva ottenuto il ruolo di protagonista ne La squadriglia degli eroi (1928, dello stesso Wellman), film andato malauguratamente perduto. Onestamente, George Fitzmaurice in regia non valeva certo un asso come Wellman, e nemmeno Frank Lloyd chiamato a girare alcune sequenze; tuttavia Le sette aquile è un bel film e, per essere un film sulla guerra aerea del primo conflitto mondiale, non si basa esclusivamente sulle battaglie acrobatiche dei velivoli, sul cameratismo tra i pilori, o sull’incombente presenza della morte, com’era tipico di altri prodotti simili. Della travolgente prestazione sullo schermo di Collen Moore si è detto ma va anche ricordato che, pur essendo un film muto, Le sette aquile fu uno dei primi ad avere un accompagnamento sonoro già pianificato in sede di produzione. Inoltre, la traccia romantica, sostenuta dal motto l’amore non muore mai, si dipana tra mille peripezie con la Moore che non molla la presa e solo quando anche un delizioso mastino come lei sembra arrendersi, la trama le rivela il lieto fine. Ambientazione affascinante, racconto ben tracciato, interpreti all’altezza e una spruzzata di innovazione tecnica: al cinema basta e avanza.




Colleen Moore





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