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giovedì 13 gennaio 2022

ZEPPELIN

956_ZEPPELIN ; Regno Unito1971; Regia di Etienne Périer.

Ci sono argomenti narrativi talmente entusiasmanti che si pensa, erroneamente, possano giustificare da soli una storia da raccontare. Dove per argomenti si può intendere eventi, personaggi, miti, popoli, animali, perfino macchine; quello che si vuole insomma. Ad esempio anche un tipo di dirigibile della Prima Guerra Mondiale. I famosi Zeppelin tedeschi erano macchine meravigliose e terrificanti insieme: esattamente come quello protagonista del film di Étienne Périer che prende il nome da questa straordinaria aeronave. In sostanza l’errore del regista belga è grave, perché non sfrutta a dovere la potenzialità che gli capita tra le mani; se alla fine se la cava è perché comunque Zeppelin, il suo film del 1971, è comunque divertente ed interessante. Ma poteva e anzi doveva essere di più. L’impressione è che Périer si concentri prevalentemente sulle sequenze che vedono in scena il maestoso dirigibile, che sono effettivamente spettacolari, ma non costruisca un film adeguato a supporto di quello che è e sarebbe rimasto comunque il motivo di interesse principale. Ma che da solo non basta a far davvero decollare il film. In un certo senso l’impiego di Elke Sommer conferma questo modo di operare da parte del regista: vero è che la Sommer forse aveva già visto sfumare il suo momento di gloria, non colto pienamente dopo l’exploit di Uno sparo nel buio (1964, regia di Blake Edwards). Ma la sua presenza in Zeppelin appare davvero solo legata al suo aspetto e se è vero che a livello scenico è l’unica a reggere il paragone col fascino tecnologico del dirigibile, non vi risulta troppo compatibile. Insomma, evidentemente tra gli ingredienti della storia era richiesta una figura femminile e si è preso la Sommer senza curarsi se poi il suo ruolo potesse avere uno sviluppo inerente al soggetto. Con una bambola come Elke che scorazza per il dirigibile, peraltro nel ruolo di una assai poco credibile scienziata, l’unica scena un po’ pepata è un bacio rubato nella cabina della radiotrasmittente. Tanto valeva prendere un’attrice meno avvenente, a questa stregua. La bellezza e il fascino di Elke finiscono infatti per creare inevitabilmente un’aspettativa nello spettatore che poi Zeppelin lascia delusa. 


Ed è lo stesso discorso che si può fare per il dirigibile stesso. Il copione senza nerbo imbastito dagli autori è il punto debole dell’operazione sebbene l’incipit con le scene dell’attacco sopra a Londra sembrava dare buone speranze; poi la storia si complica un po’ con il protagonista Geoffrey Richter-Douglas (Michael York) che viene rimpallato tra inglesi e tedeschi. Siamo nel 1915, in piena Guerra Mondiale; il tenente dell’aviazione Geoffrey è inglese ma ha sangue tedesco. Forse temendo un suo tradimento, l’esercito di sua maestà non lo ha ancora impiegato in nessun ruolo di valore. Almeno finché il servizio segreto inglese opta per spedirlo in Germania: facendo leva sulla sua origine tedesca Geoffrey otterrà un incarico nell’esercito imperiale mentre continuerà a servire l’Inghilterra nello scomodo ruolo di spia. In Germania sono ovviamente sospettosi nei suoi confronti ma provano subito a sfruttare la sua conoscenza del suolo britannico per una pericolosa missione in Scozia. Il volo inaugurale dell’EZ 36, l’enorme dirigibile vero protagonista del film, è presto trasformato in un’incursione che mira a distruggere l’originale Magna Carta inglese, la Carta Costituzionale del Regno Unito. 

L’idea è piuttosto bizzarra ma intendeva mettere in rilievo come l’operato degli Zeppelin sui cieli inglesi avesse un impatto più psicologico che concreto: il fatto che i dirigibili volassero a quote che non erano raggiungibili dai caccia alleati li teneva fuori portata da qualunque controffensiva con grande disappunto per i britannici. Inoltre, per abbattere gli zeppelin, occorrevano proiettili incendiarli; diversamente il dirigibile, una volta forato, perdeva semplicemente un po’ di pressione ma non in modo così rilevante. Questo era ulteriormente fonte di frustrazione per gli inglesi a cui non restava di subire le incursioni tedesche senza poter replicare almeno fino al completamento dello sviluppo costruttivo di nuovi proiettili incendiari adeguati. La distruzione della Magna Carta sarebbe stata un’ulteriore umiliazione che avrebbe, secondo i piani tedeschi del film, minato in modo irrimediabile il morale inglese. 

Come prevedibile, essendo il film  una produzione appunto inglese, questi propositi rimarranno tali e l’operazione finirà in un fiasco. Anzi in un falò: concreta fine del dirigibile e anche efficace metafora delle risorse investite nel film a fronte del penoso risultato al botteghino. Il finale con Geoffrey ed Erika, il personaggio della Sommer, che riparano nella neutrale Olanda con il destino di rimanervi fino alla fine della guerra, sembra inoltre un tentativo un po’ maldestro degli autori di prendere le distanze dal conflitto. Non a caso il protagonista è di sangue sia inglese che tedesco ed è conteso dalle due potenze nemiche, una posizione in bilico sin dall’inizio, sebbene rimanga sempre fedele alla corona. La scelta di un esilio forzato e pacifico in Olanda sembra però simbolica: e, anche in questo caso, l’idea di non adottare una soluzione narrativa forte tradisce gli autori. Insomma, nemmeno il finale convince, nonostante si possa ipotizzare che, ad allietare il soggiorno inglese di Geoffrey, ci sia la presenza della bella Elke. Ma, in sede di commento conclusivo, non si può andare oltre ad un buon per lui.





Elke Sommer 




4 commenti:

  1. In pratica come avere un fumetto con disegni strabilianti che però non sono supportati da una valida sceneggiatura...

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  2. no, davvero (^^)
    da quando i fumetti li faccio io stesso, sono diventato meno critico verso gli altri...
    Poi certo ho le mie preferenze, lo si vede da quali fumetti mi viene voglia di rileggere...😇

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  3. Si certo, la mia era solo una battuta. Non polemizzo più sugli sceneggiatori di fumetti nelle sedi apposite, figuriamoci se voglio farlo qui. :)

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