419_LA POLIZIA BUSSA ALLA PORTA (The Big Combo); Stati Uniti, 1955. Regia di Joseph H. Lewis.
Nel 1955 sono ormai lontani i tempi in cui Joseph H. Lewis
si guadagnava il soprannome dispregiativo di Wagon Wheel Joe; un nomignolo che, qualche volta, nella traduzione
italiana, ha finito invece per essere
nobilitato: ‘Joe la locomotiva’ poteva
infatti far pensare ad una notevole capacità produttiva dell’autore anche a
fronte di difficoltà o scarsi mezzi. Ai tempi di La polizia bussa alla porta, l’abitudine di utilizzare stratagemmi
visivi per rendere interessanti le sue pellicole (a cui si riferisce il wagon-wheel dell’appellativo americano attribuito al regista) si
è ormai persa, e Lewis dispone di mezzi tecnici consoni e sufficienti per
connotare le sue storie in modo comunque originale e personale. The big combo, questo il titolo americano,
è un noir classico, sebbene un po’
tardivo, visto che gli anni 40, periodo di massimo splendore del genere, sono ormai passati da un pezzo.
Nel film spiccano due figure, il poliziotto protagonista, il tenente Diamond
(Cornel Wilde) e il boss della malavita, l’elegante mister Brown (Richard Conte). Non sono più i ruggenti anni venti, quelli del
proibizionismo e dei mitra spianati, e il distinto gangster si guarda bene dal
farsi cogliere in situazioni che lo possano danneggiare; così controlla i suoi
loschi affari con estrema accuratezza. Il tenente Diamond ne fa un caso quasi personale e viene richiamato dai
suoi superiori per la grande quantità di denaro profuso nel vano tentativo di
incastrarlo. Oltre alla preoccupazione per i soldi dei contribuenti, c’è il
sospetto che il poliziotto sia innamorato della nuova fiamma di Brown, la
biondissima e bellissima Susan Lowell (Jean Wallace), cosa che metterebbe in
dubbio l’obiettività di Diamond nelle indagini. Il tenente non smentisce mai
con troppa convinzione questa insinuazione e, in ogni caso, il suo
coinvolgimento sentimentale sembra abbastanza probabile.
Un aspetto non
trascurabile visto che, al di là della trama poliziesca, sono proprio i legami
e le attrazioni sessuali tra i protagonisti ad essere maggiormente sotto
l’obiettivo della macchina da presa di Lewis. Brown ha soggiogato la bella
Susan, che però col tempo diventa sempre più insofferente; Diamond, che sembra
invaghito dalla bellezza della giovane, cerca quindi di utilizzarne i dubbi per
attaccare il gangster. Il quale, prima di Susan, aveva una moglie che, almeno
stando alle sue parole, lo ha fatto soffrire prima di venire messa da parte,
praticamente reclusa viva. Diamond, che già è poco limpido nel suo insistito
comportamento con Susan, ha anch’esso un lato oscuro: quando ha bisogno di
compagnia non si fa scrupoli ad andare a trovare Rita (la notevole Helen
Stanton), una ballerina di un night che, diversamente, sembra sinceramente
innamorata. La povera ragazza, oltre a non venir corrisposta rimedierà da Fante (Lee Van Cleef) e Mingo (Earl Holliman), gli
scagnozzi di Brown, una letale
dose di piombo destinata al poliziotto. Il punto più controverso di tutta la
questione è l’ossessione di Diamond nei confronti di Brown: lascia un po’ perplesso il
fatto che, oltre all’interesse professionale per il gangster, il poliziotto
abbia contemporaneamente un desiderio così ardente per la compagna del bandito,
una donna che in sostanza non conosce (la conoscerà solo nel corso del
film).
Il comportamento del tenente sembra addirittura dar credito alle parole
del rivale, che motiva l’insistente attenzione del detective nei suoi confronti
con una malcelata ammirazione. Questo malsano legame tra due uomini non è
l’unico nell’opera, in quanto Fante e Mingo, i due gangster al servizio di
Brown, vivono insieme, nello stessa stanza, in modo piuttosto insolito per un
film. Anche tra Brown e l’altro gangster che lavora per lui, McClure, c’è un
rapporto strano, improntato ad una sfacciata dominazione del giovane boss sull’uomo
più anziano e, in teoria, più titolato per sostituire il vecchio capo. La
sottomissione di McClure è però mal sopportata da questi che quindi prova,
fallendo, a scalzare Brown. Questi passaggi sono mostrati con estrema crudezza
da Lewis, che mette in scena (al netto delle interferenze della censura) i
momenti cruciali che vanno a definire gli equilibri di forza nei rapporti
interpersonali: di Brown che umilia McClure, o che usa parole sprezzanti nei
confronti Diamond, si è detto; ma c’è un altro passaggio quantomeno pittoresco,
quando il gangster sembra sinceramente preoccupato per la sorte di Susan (che
ha appena tentato il suicidio) e cede alle continue provocazioni del detective.
Nella traduzione italiana sentiamo Brown avvertire apertamente Diamond di stare
attento altrimenti gli avrebbe rotto la schiena ma, nell’originale, la minaccia
era di spezzarlo così in fretta da non
dargli nemmeno il tempo di cambiarsi i calzoni. Per quale motivo, Diamond
dovrebbe cambiarseli? Forse in merito al fatto che se la farà addosso?
Un
riferimento piuttosto ardito, per i tempi. Le scene particolarmente forti non
sono finite, a partire dalla tortura al poliziotto legato ma soprattutto perché
per ora abbiamo tralasciato la componente femminile della storia. C’è una scena più simbolica
che altro, in tal senso, che vede coinvolta Rita, la ragazza
del night, che il poliziotto frequenta solo in modo opportunistico. La
ballerina, forte, probabilmente, del senso di colpa nell’uomo derivante dal suo essere opportunista, si fa servire da questi umiliandolo palesemente: gli chiede di portarle
le scarpe e poi, sostanzialmente, gli ordina di mettergliele ai piedi.
Ma la scena più forte dell’intero film è quella in cui Brown incontra Susan che sembra avere rimorsi per la scelta di vita fatta: per poter godere della vita agiata come compagna di un ricco uomo d’affari elegante ma di dubbia reputazione, ha infatti lasciato gli studi da musicista. Lei pare insofferente, ma Brown le arriva alle spalle e comincia a
baciarla sempre più intensamente e la ragazza via via si scioglie; l’uomo
sparisce dallo schermo abbassandosi e il volto della ragazza è inquadrato in
primissimo piano mentre il suo trasporto diventa totale. Una scena per la quale
Joseph H. Lewis pare abbia avuto problemi con la censura, alle cui domande il
regista rispose che non sapeva dove fosse andato e cosa stesse facendo Brown a
Susan mentre si trovava fuori dall’inquadratura dello schermo.
Tra l’altro, sempre stando alle indiscrezioni riguardo a questa torbida scena, pare che per girarla Lewis attese che Cornel Wilde (che nel film interpretava Diamond, ma nella vita reale era il marito di Jean Wallace) fosse lontano dal set: quando l’uomo la vide, non la gradì affatto; Lewis però riuscì a mantenerla nell’opera. Era davvero un bel tipo, Joe la
locomotiva: chissà che questi contrasti non fossero una versione aggiornata
delle sue famose intuizioni con la macchina da presa, e che servissero a
rendere, nel film, una tensione costantemente tesa tra i due rivali, tra cui,
al di là del ruolo da interpretare, c’è meno differenza di quanto ci
piacerebbe credere. In questo senso sono emblematiche le due sequenze, quasi
speculari, degli interrogatori: prima è il poliziotto a sottoporre il gangster
alla macchina della verità, e in seguito succede esattamente l’opposto con
Brown che utilizza anch’egli strumenti tecnologi (una radio e l’amplificatore
acustico di McClure) per far dire a Diamond quello che ha scoperto nella sua
indagine. E chissà anche se siano proprio le figure di questi due personaggi,
così in contrasto ma volendo anche così simili nella loro specularità, che possano
essere intese come la grande abbinata,
la grande combinazione, (The big combo) del titolo originale.
Jean Wallace
Hellen Stanton
Nessun commento:
Posta un commento