1680_INGHILTERRA NUDA , Italia, 1969. Regia di Vittorio De Sisti
All’interno del giro del mondo che incarna lo spirito degli
pseudo-documentari, prosegue la recente attenzione data ai paesi più sviluppati
della civiltà occidentale. Vittorio De Sisti si incarica di andare a sbirciare
dal buco della serratura di quello che succede in Inghilterra, e a Londra in
particolare, indiscutibilmente uno degli snodi nevralgici del pianeta.
Soprattutto in quegli anni Sessanta che, seppur stessero finendo, avevano visto
la british invasion, capitanata dalla band musicale dei Beatles, tornare
a dominare il mondo. In realtà, De Sisti, non sembra cogliere l’aspetto
complessivo del fenomeno, concentrato com’è a cercare, nel puzzle filmico che
compone Inghilterra nuda, ogni pretesto per mostrare le bellezze
d’Albione al naturale. Del resto il titolo lo chiarisce subito e la deriva sexy
dei Mondo movie, in fondo, non si era mai sopita del tutto, nemmeno quando
aveva preso piede la sua controparte, quella sadico-violenta. La critica, al
tempo, liquidò sbrigativamente il film: “Scotland Yard indaga sull’uccisione di una bambina in St. Bartholomew
Park. Si vede il cadaverino (ma è una bambola) e gli agenti che lo compongono.
Il commento si rivolge alla vittima, definita un'ingenua che era andata nel
bosco per trovarvi Cappuccetto Rosso ed è invece incappata nel lupo: ma, come
nella favola della nonna, toccherà alla polizia fare giustizia di chi non è
buono. É questo uno dei vari reportage del documentarlo Inghilterra
nuda e ne indica chiaramente i limiti. Vittorio De Sisti offre materiale
non sempre di prima mano e di buon gusto e comunque mai illuminato da
un'autentica idea di regia”. [Un curioso a Londra, Stampa Sera, anno 101,
n. 111, 14, 15 maggio 1969, pagina 8]. Tuttavia alcuni passaggi, si lasciano
ricordare, soprattutto per i particolari più scabrosi, che peraltro rendono
particolare il film di De Sisti. Tra questi c’è senz’altro il club, inteso come
sorta di locale, agghindato in stile nazista, con i camerieri che maltrattano i
clienti, e la crocifissione volontaria a cui si sottopone un tizio. Più
prevedibili i passaggi con il catch femminile, il teatro sperimentale che si
riduce ad un’orgia collettiva, la nude-fashion, una presunta nuova tendenza
della moda, e le ragazze completamente senza veli in una fattoria fuori Londra.
Ritorna all’interno del genere mondo, dopo qualche film in cui se ne erano un
po’ perse le tracce, il tema del transessualismo, con lo scrittore che si
innamora del proprio domestico e decide, per poterlo sposare, di cambiare
sesso. Tra i passaggi particolarmente assurdi merita una menzione il tipo che
pratica dei buchi nella calotta cranica dei suoi pazienti per migliorare
l’irrorazione di sangue nel cervello. Bella, nel complesso, la fotografia di Marcello
Masciocchi; tra le scene memorabili, si può citare la ragazza nuda con il corpo
dipinto dalla Union Jack, la bandiera britannica, che chiude il documentario
camminando sulla neve. Notevole la colonna sonora di Piero Piccioni, e note di
merito per la sua Richmond Bridge, cantata in modo convincente da Lydia
MacDonald, già interprete per alcuni brani in Svezia inferno e paradiso.
Eccezionale, poi, il manifesto del film, opera del maestro Sandro Simeoni
(Symeoni), che, da solo, giustifica l’intera operazione cinematografica.
Al fenomeno dei Mondo Movie, Quando la Città Dorme ha dedicato il secondo volume di studi attraverso il cinema: MONDO MOVIE, AUTOPSIA DI UN GENERE, AUTOPSIA DI PAESE
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