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giovedì 11 luglio 2024

IL FORTE DEL MASSACRO

1511_IL FORTE DEL MASSACRO (Fort Massacre). Stati Uniti 1958; Regia di Joseph M. Newman.

Uscito ancora in piena epoca «classica», Il forte del massacro di Joseph M. Newman è un western insolito e controverso. A parte il protagonista Joel McCrea, il film non schiera nel cast altre stelle di prima grandezza e, questo, unitamente, alla lunghezza ridotta, un’ottantina di minuti, lascerebbe intendere che si tratti di una produzione minore, un B-movie o qualcosa del genere. Tuttavia i western di serie B erano, di solito, opere piuttosto conformi, considerato che gli autori, avendone meno a disposizione, ottimizzavano il tempo concentrandosi su uno schema abbastanza consolidato. Il forte del massacro, al contrario, propone una serie di situazioni fuori dall’ordinario, almeno per l’epoca che, come si è detto, è ancora quella più classica del «genere». Il film di Newman si rivela, infatti, anticonvenzionale, a partire sin dall’inizio, con la vicenda narrata che comincia giusto dopo una battaglia tra i soldati americani e gli Apache: in pratica uno dei momenti abitualmente considerati cruciali è invece clamorosamente schivato dalla sceneggiatura. La storia non ha, quindi, un canonico avvio, ma ci si trova subito in mezzo ai territori desertici del south-west americano insieme ad un gruppo sparuto di sopravvissuti: inizialmente c’è ne ancora uno moribondo, ma, per il resto, gli ufficiali sono tutti caduti in battaglia e il comando delle operazioni passa quindi al sergente Vinson (Joel McCrea). Anche il fatto che McCrea interpreti il ruolo di sergente lascia un filo sorpresi perché l’attore americano aveva il tipico aspetto dell’ufficiale –alto, snello, slanciato, dalla faccia pulita– ma, in effetti, anche da un punto di vista psicologico il suo personaggio è un po’ controverso. Vinson, infatti, si rivelerà un individuo alquanto discutibile, e non può valer per tutte, come esempio, la scelta di uccidere a sangue freddo un apache dopo che l’indiano si era arreso, perché poi il sottufficiale proverà a fare anche di peggio. Eppure la recluta Travis (John Russell) –che oltre ad essere il protagonista-ombra, funge anche da voce narrante– ne tesse le lodi, esaltandone la capacità di assumersi responsabilità, anche quando la cosa non sia particolarmente gradevole. 

\In effetti, dal momento che proprio l’incapacità di scegliere è il tratto distintivo di Travis, questo aspetto di non scantonare al proprio dovere è probabilmente il tema portante del film. La metafora dell’orologio, con Vinson che si carica di portare addosso tutti quelli dei suoi uomini caduti, non è particolarmente funzionale e si aggiunge ai tentativi di approfondire la deriva psicologica del racconto, operazioni che però ostacolano l’agilità narrativa del testo. Peccato, perché Il forte del massacro ha anche buoni spunti, oltre che alcuni bravi interpreti come Forrest Tucker (è il soldato McGurney) o Susan Cabot (è la ragazza paiute). Tra i personaggi sul versante indiano, oltre a quest’ultima, si possono ricordare il vecchio paiute (Francis MacDonald) e Pawnee (Anthony Caruso), la solida guida dei soldati; da un punto di vista generale, gli Apache sono mostrati in luce negativa –erano in effetti gente bellicosa– ma non in modo acritico. Ad esempio ne è riconosciuto il valore in battaglia, mentre osservando la sorte che rischia il vecchio paiute, si può comprendere come, per i nativi americani, anche essere eventualmente persone pacifiche cambiava di poco la sostanza. Per gente indurita come Vinson –che, nello specifico, aveva perso moglie e figli a causa degli indiani– faceva poca differenza e, sostanzialmente, la sua idea era che i pellerossa, tutti indistintamente, stessero bene un paio di metri sottoterra. Un atteggiamento odioso e violento a cui, nel momento cruciale, Travis è costretto ad opporsi in modo assai drastico, prendendo finalmente una decisione che non può che essere condivisibile. Purtroppo la Storia d’America andò diversamente e, quando vi fu la necessità che qualcuno si ergesse a difesa dei diritti di sopravvivenza degli indiani, nessuno ebbe il coraggio, o meglio l’onestà morale, della recluta de Il forte del massacro.



Susan Cabot 





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