1519_IL CACCIATORE DI UOMINI (El Canìbal). Spagna, Germania Ovest, Francia 1980; Regia di Jesùs Franco.
Una valutazione può spesso dipendere dalla prospettiva
che si adotta nell’analisi: ad esempio, se Il cacciatore di uomini, film
dell’ineffabile Jesús Jess Franco, lo prendiamo in sé, c’è un po’ da
mettersi le mani nei capelli. Diversamente, se vi si approccia dopo aver visto La
dea cannibale, opera dello stesso autore, anno, genere e tenore, allora le
sensazioni potrebbero essere più positive. In effetti, Il cacciatore di
uomini, ha qualche spunto positivo, o almeno migliore rispetto al citato
precedente di Franco in ambito cannibal: innanzitutto l’ambientazione è
assai più plausibile. Anche la tribù cannibale, forse il tasto più dolente ne La
dea cannibale, è stavolta molto più presentabile, non poi meno credibile di
quanto in genere queste figure non lo siano nelle produzioni a basso costo. Il
canovaccio lascia qualche perplessità, a dirla tutta, ma va detto che, nella
fruizione, giova la narrazione scarna che non rivela troppi dettagli, almeno
nella prima parte. C’è, per la verità, un insistito montaggio alternato che
viene presto a noia, soprattutto perché lascia intendere un parallelismo, tra
la vita degli indigeni e quella di una moderna città occidentale, piuttosto
estemporaneo. Si può leggere, in effetti, un malcelato moralismo da parte di
Franco, che sembra alludere che tra le due società mostrate, quella dei
cannibali e quella cosiddetta occidentale, non ci sia poi tutta questa
differenza. Il confronto sembra proprio un atto di accusa ai pregiudizi
dell’uomo bianco ma, poi, Franco, nella sua messa in scena, ne fa pesantemente
ricorso.
La trama si snoda su passaggi poco plausibili su cui lo spettatore è chiamato a
sorvolare e le bellezze discinte che imperversano sullo schermo sono un
incentivo in questo senso. Un gruppo di criminali rapisce Laura, (Ursula
Buchfellner), una bellissima modella, chiedendo un cospicuo riscatto.
Incautamente, i rapitori portano la ragazza in una misteriosa isola popolata da
una tribù cannibale; intanto, il reduce del Vietnam Peter Weston (Al Cliver
alias Pierluigi Conti) è ingaggiato per liberarla. Tra i passaggi davvero
troppo superficiali del racconto, salta all’occhio lo stratagemma di Peter per
ingannare i criminali: il nostro prode eroe si lancia da un elicottero
lasciando il velivolo libero di schiantarsi, simulando quindi un incidente. Al
netto del fatto che i banditi poi manco ci cascano, viene da chiedersi se
qualcuno di coloro abbia lavorato al soggetto o alla sceneggiatura, abbia una
vaga idea di quanto possa costare un elicottero. Domande forse inopportune, a
fronte di un film di Jess Franco, ma in un film che insiste a percorrere
sentieri narrativi avventurosi sono anche ineludibili. Nel complesso, come
detto, il film è gravemente insufficiente, penalizzato dai troppi elementi
risolti in modo dozzinale e superficiale. Stavolta le scene cannibaliche non
sono il piatto forte del film di Franco, per quanto possano essere considerate
accettabili, perlomeno nel loro essere disgustose. Ursula Uschi
Buchfellner, infatti, è davvero uno spettacolo e la sua bellezza folgorante
riesce a rimanere immacolata anche in mezzo all’immondizia cinematografica.
Ursula Uschi Buchfellner
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