1457_LE COLLINE DELLA MORTE (Beneath Hill 60). Australia, 2010; Regia di J.ermy Hartley Sims.
Sebbene il ricordo del suo apporto alla Prima Guerra Mondiale sia più che altro legato alla Battaglia di Gallipoli, il contingente australiano ebbe una certa rilevanza anche sul fronte occidentale. Anzi, per la precisione sotto di esso. Nel giugno del 1917 la linea che contrapponeva le trincee correva lungo il Belgio e a Messines, presso Ypres, nelle Fiandre, si concentrò una delle battaglie più fragorose dell’intero conflitto. Bloccati sulle rispettive trincee da un’estenuante guerra di posizione, sia i britannici che i tedeschi avevano cominciato da tempo a scavare tunnel sotterranei al fine di riuscire ad avvicinare il nemico di soppiatto. Tra gli alleati, oltre agli inglesi, c’erano canadesi e gli australiani del Tunnelling Corps, tra le cui fila si distinse il capitano Woodward (Brendan Cowell). Oliver Woodward è il protagonista de Le colline della morte, film del 2010 di Jeremy Sims che racconta principalmente della battaglia di Messines. Il film ha così un fondamento storico e il legame con i fatti reali è esplicitamente dichiarato da una didascalia introduttiva. Inoltre, possiamo leggere una sorta di metafora in questo senso dalla scatoletta di legno fatta dalla recluta Tiffin (Harrison Gilbertson) che, come simbolico testimone, passa al capitano Woodward e quindi alla sua fidanzata, Marjorie (Bella Heathcote). Il percorso dal fronte di guerra europeo all’Australia, lontanissima dai campi di battaglia, è rilanciato ulteriormente dall’autenticità dell’oggetto mostrato nel film con un ideale ponte con la nostra realtà. La semplice scatola in legno, vuota certo, ma ben fatta, dal momento che Tiffin era un falegname, è stata infatti prestata dalla famiglia Woodward alla produzione di Le colline della morte: si tratta quindi dell’autentico oggetto dell’epoca.
Un oggetto di scarso valore economico ma che mantiene intatto quello simbolico: il soldato Tiffin aveva avuto questo gesto di gratitudine verso il suo superiore e con quel regalo aveva cercato di ricambiare l’umanità con cui era stato trattato dal capitano. Ma adesso la recluta era rimasta intrappolata nel cuore della collina 60, poco prima della tremenda esplosione che era stata preparata dagli alleati. Il capitano Woodward era stato avvisato dal sergente Fraser (Steve
Woodward, che invece nelle miniere ci lavorava anche nella vita civile come ingegnere, lo aveva rassicurato e confortato. E Tiffin, per ringraziarlo, aveva intagliato e assemblato una scatola portaoggetti, con un legno pregiato, forse quello preso da una chiesa nelle vicinanze, visto che a quelli del Tunnelings Corps serviva tutta la legna possibile, per armare le gallerie, e i boschi erano ormai stati rasi tutti al suolo. E ora Tiffin era bloccato sotto la galleria mentre Woodward era sul punto di azionare il detonatore, nonostante le proteste del sergente Fraser. Il sottoufficiale era il tipico sergente: inizialmente rude, sia con Tiffin che con Woodward visto che, seppure in modi diversi, erano comunque due novellini, aveva imparato nel corso del film a rispettarli per il valore mostrato. Ma l’esplosivo andava fatto scoppiare, non si poteva posticipare neppure un minuto, non in guerra dove ritardare una scelta poteva cambiare le sorti dell’intera battaglia. Una scelta, quella di azionare quel detonatore, che avrebbe accompagnato Woodward per tutta la vita: per questo aveva donato quella scatola alla donna che si apprestava a sposare, con la quale avrebbe condiviso il suo futuro. Una scatola che, come detto, è una sorta di testimone: dal fronte all’Australia, dalla vita reale al film. Un MacGuffin, in pratica, una sorta di pretesto, per dirla alla Alfred Hitchcock. Ma la scatola, a differenza nella valigia del genio inglese del cinema, non è vuota. Nella scatola c’è il battito del cuore di Frank Tiffin e di tutti gli innocenti morti a causa della guerra.
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