1455_LA GRANDE PARATA (The Big Parade). Stati Uniti, 1925; Regia di King Vidor.
Gli Stati Uniti d’America scesero in guerra nel primo
conflitto mondiale solo nel 1917, quasi tre anni dopo l’inizio delle ostilità;
ma ci volle dell’altro considerevole tempo prima che le truppe a stelle e
strisce arrivassero in prima linea. In questo senso, La Grande Parata , il film
americano del 1925 di King Vidor, rende abbastanza l’idea. La durata
complessiva è di 140 minuti ma per più di un’ora di scene di battaglia non se
vede nemmeno l’ombra. Dopo l’incipit negli Stati Uniti, il giovane Jim (John Gilbert)
viene arruolato e mandato di stanza in Francia, insieme ai suoi inseparabili
amici, Bull (Tom O’Brien) e Slim (Karl Dane). I tre danno vita ad una serie di
gag che sembrano adeguate alle comiche del tempo, forse non a livello di quelle
di Stanlio e Ollio ma, insomma… A stemperare un po’ il clima da film comico ci
pensa Melisande (una splendida Renée Adorée) ma non certo nel senso di
trasformare La
Grande Parata
in un film con qualche attinenza bellica, quanto per innestare una solida
traccia romantica che poi, prevedibilmente, sarà quella che determinò la
fortuna clamorosa dell’opera al box-office.
La Adorée era
una bella ragazza ma soprattutto aveva due fanali chiarissimi e splendidi al
posto degli occhi e, anche se la qualità di una pellicola del 1925 non può
certo essere considerata di grande resa, rimangono l’effetto scenico più
efficace dell’intero lungometraggio. Vidor poi, sa come si racconta una storia
d’amore e quindi riesce, con le opportune sferzate narrative, a preparare
adeguatamente un finale di grande impatto emotivo. Nel frattempo, ovvero dal
momento in cui Jim lascia Melisande a quando la ritrova per il lieto fine,
arrivano anche gli eventi bellici. Il corpo militare di Jim è chiamato in
fretta e furia al fronte e, dopo più di un’ora di film, il regista si premura
di avvisarci, tramite la sovraimpressione La Grande Parata , che gli
americani scendono in campo in pompa magna. Oddio, la primissima avanzata non
promette granché, con gli statunitensi che avanzano incautamente allineati
nella boscaglia, presto alla mercé delle proverbiali mitragliatrici tedesche. Poi
il conflitto si fa più serio e Vidor dà sfoggio della sua classe registica con
una serie di scene di grande impatto. Per la verità i nostri tre baldi
giovanotti sembrano ancora non rendersi bene conto in quale inferno siano
capitati, tanto che Slim, il più guascone del gruppo, viene fatto secco mentre,
dopo un’azione, sembra quasi perdere tempo a scherzare con due elmetti
tedeschi.
Alla morte dell’amico Jim va in crisi di nervi e parte all’attacco
allo scoperto, da solo, subito seguito da Bull che è meno fortunato del commilitone.
Rimasto solo e disperato, Jim si avventa su un nemico in una buca da scoppio ma,
pur vincendolo nel corpo a corpo, non se la sente di ucciderlo a sangue freddo.
Gli offre anzi una sigaretta; il tedesco è solo un ragazzo, come lui, del resto;
turbato da questa vista, prova a girargli la testa dall’altra parte ma il
ragazzo è ormai morto. Nonostante il tempo del racconto dedicato agli scontri
bellici sia relativamente breve rispetto alla lunghezza del film, Vidor sa il
fatto suo e quando assistiamo al ritorno a casa di Jim, possiamo capire bene il
suo stato d’animo. Che poi, oltre al trauma da battaglia e le pesantissime
ferite il nostro, ripensando a Melisande non è certamente contento di tornare
da una fidanzata che non ama più. Il regista, che è uno dei padri del cinema
americano, si premura di sistemare le
cose con anticipo, mostrando la madre che scopre la suddetta fidanzata
amoreggiare col fratello di Jim. Il prevedibile lieto fine non andrà in quella
direzione. Intanto il padre ha portato il reduce a casa: stiamo ancora pensando
a come si evolverà la cosa, tra Jim, fratello e fidanzata, quando l’ex soldato
entra dalla porta senza una gamba. L’emozionante carrello che stringe sul volto della madre, tagliando fuori dall’inquadratura,
nel suo avanzare, fratello e fidanzata, è forse il momento migliore del film. Finale
con Jim che ritorna in Francia e,
naturalmente, trova Melisandre: happy
endindg per una volta pienamente meritato.
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