647_LE MANI SULLA CITTA' . Italia, 1963. Regia di Francesco Rosi.
L’aspetto più interessante di Le mani sulla città il regista Francesco Rosi si premura di
chiarirlo in modo inequivocabile: “I personaggi e i fatti sono immaginari ma
autentica è la realtà sociale e ambientale che li produce” recita infatti
una didascalia esplicativa. E Rosi rincara la dose, in questo senso, con una
messa in scena credibilissima, (che tiene conto dell’eredità neorealista), con
ricostruzioni di fatti e situazioni plausibili, a cui aggiunge alcuni tocchi
metalinguistici nella stessa direzione. L’interprete che veste i panni di De
Vita, consigliere dell’opposizione di sinistra, è Carlo Fermariello, nella
realtà sindacalista e uomo politico, così come tra gli addetti della stampa
presenti al processo finale si possono scorgere veri giornalisti e non semplici
comparse. Insomma, Rosi cerca di far capire che, anche se nel suo film c’è Rod
Steiger, che è un attore di fama internazionale, in Italia non serve fare della
finzione, non serve avere troppa
immaginazione, per imbastire una trama di intrighi, giochi di potere e
corruzioni: basta raccontare la realtà. Il succo del film è presto detto:
Napoli, in un’operazione di squallida speculazione edilizia, si stanno
demolendo alcuni fabbricati senza aver svolto gli adeguati accertamenti preventivi.
Risultato: crolla un palazzo, due morti e un bambino ferito gravemente. Ma
naturalmente l’inchiesta verrà insabbiata e il responsabile di ciò, Edoardo
Nottola (interpretato magistralmente da Steiger), non solo non pagherà per le
sue colpe ma otterrà addirittura la poltrona di assessore comunale. Il tutto
seguendo in modo quasi documentaristico, ben anticipato dal simbolico volo
panoramico sui titoli di testa, tutte le trame, gli accordi, gli scambi,
insomma, il tipico campionario dell’italico malcostume della corruzione
pubblica. La bravura di Rosi è nella messa in scena nuda e cruda, coadiuvato in
questo dall’efficacia degli attori, tra cui, oltre a Steiger, spiccano Salvo
Randone e Guido Alberti. Ma attenzione: non si pensi che il cinema in questo caso
abbia lasciato spazio ad una mera rappresentazione del reale e quindi risieda
in questa sua discrezione la qualità
dell’opera. Il cinema è esattamente quello che abbiamo visto: la
capacità, lavorando in sottrazione o sopra le righe, a seconda della
sensibilità dell’autore o delle esigenze contingenti, di arrivare allo scopo. E
dopo aver visto Le mani sulla città,
nessuno potrà dire di non aver colto se non proprio compreso, e averlo fatto
proprio grazie all’opera di Rosi, il peggiore dei mali che affligge l’Italia. E tutto questo in soli
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