644_A SUD OVEST DI SONORA (The Appaloosa). Stati Uniti, 1966. Regia di Sidney J. Furie.
Il titolo originale di A
Sud Ovest di Sonora, film di Sidney J. Furie, è The Appaloosa; in sostanza si riferisce al cavallo del
protagonista, che è appunto un animale di detta razza. La cosa non sembrerebbe
nemmeno tanto sorprendente; è nota l’importanza che avevano i cavalli nel west, un
luogo selvaggio dove avere un buon destriero poteva fare la differenza tra cavarsela
o rimanere appiedati in mezzo ad un deserto o alla mercé di qualche
malintenzionato. Ma qui si sottolinea una razza di cavalli che è tipicamente
indiana, quindi le cose tutto sommato meno consuete cominciano ad essere due: è
comunque strano che il film sia intitolato al cavallo e non al suo cavaliere, e
poi si privilegia qualcosa riferito ai nativi e non agli americani, intesi come bianchi.
E proprio la carnagione pallida ‘poco centrale’ in quest’opera è un indizio
ribadito in modo esplicito, quando Matt/Mateo (Marlon Brando) si tinge coi
fondi di caffè il volto per sembrare messicano. Perché tutti i personaggi che
popolano A Sud Ovest di Sonora
vengono dal Messico, e spesso vi risiedono anche, visto che il film comincia in
un paesino di frontiera ma prevede una lunghissima escursione a sud del confine.
Praticamente l’unico gringo della
storia è il citato Matt, ma va considerato che è un ex confederato, e quindi
non propriamente uno yankee, ovvero
un nordamericano di quelli vincenti.
No, Matt la Guerra Civile l’ha persa e
ora ritorna al suo paese, a Ojo Prieto, con un cavallo e 200 dollari per provare
a metter su, con l’amico fraterno messicano e la sua famiglia, un rancho.
Il cavallo è un animale
notevole e desta l’attenzione di Trini (la bella Anjanette Comer), che vuole
usarlo per scappare da Chuy Medina (un John Saxon alquanto su di giri), che invece
blocca la donna e, in fin della fiera, si tiene l’appaloosa per ripagarsi del
fastidio. Ovviamente Matt è di diverso avviso, ma Chuy Medina è il classico bellimbusto
messicano sempre spalleggiato da almeno un paio di sgherri. L’americano non è
il tipo che ingoia facilmente il rospo, ma dovrà sudarsela per rimettere le
cose a posto, recuperando il cavallo e ottenendoci anche Trini come premio
finale. Il film è del 1966 e come aspetto della pellicola e commento sonoro a
prima vista potrebbe sembrare un
western
classico, non fosse per le inquadrature bizzarre che il regista ogni tanto
si inventa.
Un particolare della sella in primo piano, sfocato, che occupa una
parte consistente dello schermo, e altre stramberie simili che sono di
difficile interpretazione. Vezzi registici a parte, l’ambientazione messicana
ma anche la presenza di Marlon Brando, lo ascrivono però pienamente alla
corrente dei
tardo-western, se non
proprio ad uno di quelli definiti
crepuscolari.
Pur se di grande carisma, Brando è già un attore della generazione che portava
in dote i primi dubbi, le prime contraddizioni, e in effetti anche Matt, il suo
personaggio, non è certo un eroe tutto d’un pezzo. (Va detto che l’attore non
sembra particolarmente coinvolto, e si dice che abbia preso parte all’opera
solo per scopi
alimentari). Il
regista Sidney J. Furie rincara la dose in questo senso, nel presentare cioè un
America un po’ alternativa all’idea classica: l’eroe è un bianco, ma non certo
un vincente, alla fine si trova una donna messicana, così come il socio in
affari, mentre è indiano il cavallo su cui intende fondare il suo business.
Insomma, il cinema western come esempio di
melting
pot. E, da questo punto di vista,
A
Sud Ovest di Sonora riesce anche ad essere interessante.
Anjanette Comer
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