1468_HOTEL IMPERIAL . Stati Uniti 1939; Regia di Robert Florey.
Curioso film che riuscì finalmente a vedere la luce dopo
svariate traversie produttive, Hotel
Imperial di Robert Florey è il remake dell’omonimo lungometraggio del 1927
di Mauritz Stiller (in Italia distribuito come L’ultimo addio). Nonostante per il ruolo centrale della vicenda
venne ingaggiata l’attrice italiana Isa Miranda, il film di Florey non ebbe
distribuzione nel nostro paese. E’ un peccato perché la diva italiana tiene benissimo
la scena all’interno di un’opera godibile e assai particolare. E’ infatti arduo
stabilire a quale genere appartenga Hotel
Imperial: l’ambientazione è bellica, precisamente durante
Intanto Elias (Gene Lockhard), il buffo cameriere, comincia i preparativi per l’arrivo delle truppe dello Zar girando il dipinto nell’hall dell’hotel: è un quadro doubleface, da un lato c’è l’Imperatore Francesco Giuseppe, dall’altro quello dello Zar Nicola II, che ora viene prontamente messo in luce. Evidentemente la città di Suja è sottoposta ai continui ribaltamenti del fronte di guerra. E, a proposito di quadri, viene anche di nuovo esposta l’ultima fatica del Generale Videnko (Reginald Owen), il comandante russo che quando occupa con le sue truppe l’hotel si diletta nella pittura. Il commento di Elias guardando la tela è lapidario: se combattono come dipingono, povera Russia! Oltre che ad indicare il clima leggero che fa sovente capolino nell’opera, questi spunti suggeriscono lo stato di una terra di confine contesa continuamente. In ogni caso il senso di appartenenza della popolazione della località di Suja, dove è ambientata la vicenda, propende in massima parte per la sponda austriaca. Pur nelle tante anime della vicenda, viene comunque rispettata la traccia gialla prevalente, disseminando il racconto di rimandi ai classici della narrativa investigativa, dalla camera chiusa dall’interno, che i russi risolvono alla loro maniera sfondando la porta, alla doppia numerazione per cui esistono due camere 12, che ingenera un equivoco narrativo. In realtà quest’ultimo mistero è molto semplice da spiegare, in quanto i militari, austriaci e russi che siano, per scaramanzia non vogliono rischiare di morire avendo dormito la notte precedente in una stanza contrassegnata dal numero 13.
E’ un dettaglio semplicemente curioso ma che aiuta a comprendere sia il tono divertito della vicenda sia la cura con cui era stato preparato il copione. In ogni caso tra le tante piste che si dipanano tra i corridoi e le stanze dell’Hotel Imperial c’è anche una trama spionistica, con l’ufficiale austriaco che è una spia al soldo dei russi che, un po’prevedibilmente, è proprio l’ufficiale cercato da Anna. Fu quindi Kuprin (J. Carroll Naish) che, con il suo spregiudicato comportamento, indusse al suicidio la sorella diciassettenne della protagonista. Trovato il colpevole dell’indegno gesto, e scoperto che l’individuo era doppiamente indegno, essendo una spia, il film può volgere al termine. Anna rischia solo da protocollo hollywoodiano di essere giustiziata dai russi prima dell’arrivo provvidenziale dei nostri, nella fattispecie gli austroungarici guidati dal tenente Nemassy. Lieto fine prevedibile ma ai tempi dell’uscita del film si era all’alba di una nuova Guerra Mondiale, la seconda, e un po’ del carico di angoscia che doveva essere presente nell’aria anche Hotel Imperial si incarica di smaltirlo. Nonostante le romantiche ultime scene di Anna e Nemassy, una ragazzina come Sonia, morta suicida a diciassette anni per il capriccio di un militare, è una tragedia che non può essere dimenticata. Come invece sembrava che il mondo, in quel 1939, stesse proprio facendo.
Isa Miranda
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