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giovedì 11 aprile 2024

TOTO', PEPPINO E I FUORILEGGE

1466_TOTO', PEPPINO E I FUORILEGGE . Italia 1956; Regia di Camillo Mastrocinque.

Sull’onda del successo del precedente Totò, Peppino e la Malafemmina, i produttori di Cinecittà misero subito in cantiere questo Totò, Peppino e i fuorilegge, che cercò di sfruttare, senza riuscirvi pienamente, la stessa formula. Le similitudini tra le due pellicole saltano all’occhio, anche per via della vicinanza tra l’uscita nelle sale. Innanzitutto il cast, che vede lo stesso regista, la stessa coppia di prim’attori, l’attrice Dorian Gray e il cantante Teddy Reno; ma sono le scenette comiche, tra tutte la stesura della lettera e la serata nel locale notturno, a dare la netta sensazione della replica. Purtroppo, in questo caso, quello che aveva funzionato a meraviglia riesce appena a ottenere la sufficienza: Totò è sempre in gran forma, sia chiaro, ma anche la sua verve comica mostra un po’ la cinghia quando messa in contesti già troppo sfruttati. Da parte sua Peppino è relegato in un ruolo minore, tanto che ad un certo punto, quando Totò viene rapito, sparisce completamente di scena, per ritornarvi solo nel finale. Titina De Filippo è presenza ingombrante e, nel proseguire il paragone con Totò, Peppino e la Malafemmina, fa onestamente rimpiangere la più discreta e digeribile Vittoria Crispo. Il film segna forse anche un pericoloso passo falso nella carriera di Dorian Gray: vista negli sgargianti panni della “Malafemmina”, l’avvenente attrice sembrava lanciata ad un ruolo da star del calibro delle dive di Hollywood. Il che deve essere sembrato anche ai produttori nostrani, che hanno provato maldestramente a cucire sulla bella Marisa Luisa Mangini (vero nome della Gray) un ruolo che, grosso modo, ricordava nientemeno la Marilyn Monroe in Come sposare un milionario (1953, regia di Jean Negulesco). E per far questo si è ricorso anche all’uso della doppiatrice Rosanna Calavetta, che presta abitualmente voce alla diva americana. Il punto è che, probabilmente, in Come sposare un milionario, sebbene possa sembrare strano, nel film si cercò di attenuare un po’ il fascino della Monroe, per non far sfigurare Lauren Bacall nel confronto. Marilyn aveva però una tale potenza visiva da risplendere di luce divina nonostante i tentativi di renderla un minimo umana: ovvero la miopia, una certa “leggerezza” di carattere, e anche e soprattutto, il suo ruolo marginale rispetto alla Bacall nel film di Negulescu. Dorian Gray non è Marilyn Monroe, il che non è certo un’offesa, e spogliata dei lustrini della precedente interpretazione, appare poco incisiva e troppo anonima. Peccato.
Comunque, nel complesso, il film si lascia guardare.  







 Dorian Gray





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