1466_TOTO', PEPPINO E I FUORILEGGE . Italia 1956; Regia di Camillo Mastrocinque.
Sull’onda del
successo del precedente Totò, Peppino e la Malafemmina, i produttori di
Cinecittà misero subito in cantiere questo Totò, Peppino e i fuorilegge, che
cercò di sfruttare, senza riuscirvi pienamente, la stessa formula. Le
similitudini tra le due pellicole saltano all’occhio, anche per via della
vicinanza tra l’uscita nelle sale. Innanzitutto il cast, che vede lo stesso
regista, la stessa coppia di prim’attori, l’attrice Dorian Gray e il cantante
Teddy Reno; ma sono le scenette comiche, tra tutte la stesura della lettera e
la serata nel locale notturno, a dare la netta sensazione della replica. Purtroppo,
in questo caso, quello che aveva funzionato a meraviglia riesce appena a
ottenere la sufficienza: Totò è sempre in gran forma, sia chiaro, ma anche la
sua verve comica mostra un po’ la cinghia quando messa in contesti già troppo
sfruttati. Da parte sua Peppino è relegato in un ruolo minore, tanto che ad un
certo punto, quando Totò viene rapito, sparisce completamente di scena, per
ritornarvi solo nel finale. Titina De Filippo è presenza ingombrante e, nel
proseguire il paragone con Totò, Peppino e la Malafemmina, fa
onestamente rimpiangere la più discreta e digeribile Vittoria Crispo. Il film
segna forse anche un pericoloso passo falso nella carriera di Dorian Gray:
vista negli sgargianti panni della “Malafemmina”, l’avvenente attrice sembrava
lanciata ad un ruolo da star del calibro delle dive di Hollywood. Il che deve
essere sembrato anche ai produttori nostrani, che hanno provato maldestramente
a cucire sulla bella Marisa Luisa Mangini (vero nome della Gray) un ruolo che,
grosso modo, ricordava nientemeno la Marilyn Monroe in Come sposare un
milionario (1953, regia di Jean Negulesco). E per far questo si è ricorso
anche all’uso della doppiatrice Rosanna Calavetta, che presta abitualmente voce
alla diva americana. Il punto è che, probabilmente, in Come sposare un
milionario, sebbene possa sembrare strano, nel film si cercò di attenuare
un po’ il fascino della Monroe, per non far sfigurare Lauren Bacall nel
confronto. Marilyn aveva però una tale potenza visiva da risplendere di luce
divina nonostante i tentativi di renderla un minimo umana: ovvero la miopia,
una certa “leggerezza” di carattere, e anche e soprattutto, il suo ruolo
marginale rispetto alla Bacall nel film di Negulescu. Dorian Gray non è Marilyn
Monroe, il che non è certo un’offesa, e spogliata dei lustrini della precedente
interpretazione, appare poco incisiva e troppo anonima. Peccato.
Comunque, nel
complesso, il film si lascia guardare.
Dorian Gray
Galleria
Nessun commento:
Posta un commento