153_ACTAS DE MARUSIA: STORIA DI UN MASSACRO (Actas de Marusia). Messico, 1976; Regia di Miguel Littìn.
Il regista cileno Miguel Littìn nel 1976 era da
tempo esiliato in Messico; a suo dire, il giorno stesso dell’insediamento del
Generale Pinochet al governo, sua moglie venne avvertita della sua fucilazione!
Dal canto suo, nel suo esilio messicano il volitivo autore non si perse però d’animo e, preso
il soggetto di un altro esule forzato, Patricio Manns, realizzò Actas de Marusia: storia di un massacro,
un testo che è una severa condanna per il regime cileno del tempo. E’ infatti
evidente che l’obiettivo di Littìn sia Pinochet, al tempo spietato dittatore
dello stato sudamericano, ma in realtà l’episodio narrato appartiene ad un
altro periodo storico. L’operazione di Manns e Littìn sul soggetto è
sopraffina: si prende un evento storicamente accaduto, il massacro di Marusia, appunto, che avvenne nel 1925 e che vide una
dura repressione ai danni ai poveri minatori del piccolo paese, ma lo si
anticipa al 1907, ovvero quando storicamente accadde un altro tragico evento del
tutto simile, il più famoso massacro della scuola
Santa Maria de Iquique, che vide anche in quel caso un eccidio di minatori
(un numero imprecisato, pare qualche migliaio) da parte dell’esercito cileno.
Insomma, sembrano dirci Littìn e Manns, le date non sono importanti, nella
storia cilena, tanto i poveri minatori venivano trucidati in modo simile (e
quindi interscambiabile) nel 1907 come nel 1925; e nel 1976 con Pinochet al
potere di sicuro non doveva esserci un clima più salubre, per la povera gente.
A parte queste sottigliezze storiche, il film può essere
benissimo apprezzato come prodotto di intrattenimento; per la verità, questo è
vero fino ad un certo punto, perché bisogna averci lo stomaco, visto che le
immagini sono piuttosto dure (c’è addirittura un sorprendente passaggio scatologico). Ma tant’è, il film ha sin
da subito, sin dal titolo, una certa pretesa
storica: e se per i cileni poteva
bastare Actas de Marusia, per
rievocare il tragico episodio, i distributori italiani hanno pensato bene di
evidenziare l’attendibilità del racconto con l’aggiunta di un storia di un massacro, che vuole
appunto ribadire che si parla di qualcosa di storicamente accaduto.
Dal punto di vista tecnico, Littìn lavora su due binari
quasi paralleli ma che trovano una giusta armonia: da un lato racconta in modo
asciutto, realistico, concedendo poco allo spettatore dal punto di vista
narrativo. Questo alimenta in modo efficace l’impatto storico della pellicola
che, anche in base alla conosciuta storia del Sudamerica e in particolare del
Cile, fornisce un quadro altamente credibile, per quanto efferato. Ma
sull’altro piatto della bilancia Littìn, aiutato dalla riuscita collaborazione
alle musiche di Mikis Theodorakis e Angel Parra, conferisce alla sua opera un
tono epico, grazie all’emozionante e strepitoso tema musicale. Actas de Marusia diviene quindi, oltre
che un atto di accusa, anche un tributo, una celebrazione, della figura del pampino cileno (l’abitante della pampa), sfruttato nelle miniere per gli
interessi degli investitori inglesi e vessato dalle angherie dei militari
locali.
A questo proposito si può notare il differente comportamento
tenuto, nelle fasi della rivolta, da queste due categorie: gli uomini d’affari
anglosassoni, nonostante il manifesto disprezzo per i minatori, a fronte dei
primi scontri, sono disposti a concessioni. Non per una qualche forma di
giustizia sociale, ma per mero calcolo speculativo: meglio concedere e far
rientrare la protesta, che cercarsi rogne; i lauti margini di guadagno lo permettono.
Al contrario, i militari cileni sono intransigenti e disposti ad ogni violenza pur di ristabilire la condizione originaria.
Insomma, un film certamente duro e anche apertamente schierato politicamente; ma necessario.
Un onore, per l’Italia, che ad interpretare il personaggio principale sia stato chiamato il nostro Gian Maria Volonté, validissimo, come al suo solito, soprattutto in questi contesti.
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