142_LA BAIA DEL TUONO (Thunder Bay). Stati Uniti, 1953; Regia di Anthony Mann
Film che rivela chiaramente il suo essere smaccatamente opera su commissione, La Baia del Tuono è al contempo un onesto prodotto
di svago pur rimanendo coerente con la poetica dell’autore, il validissimo
regista Anthony Mann. Infatti c’è un James Stewart (l’ingegner Steve Martin,
nel film) che si butta anima e corpo in un’impresa che, allo spettatore (e
forse anche allo stesso regista ma certo non al protagonista) in qualche
momento sembra porre qualche dubbio morale. Lo sfruttamento petrolifero del
Golfo del Messico è davvero quella benedizione per l’umanità che va professando
il prode ingegnere? Alla fine, il trasporto trascendete per il proprio lavoro,
vissuto come una vera e propria missione di vita, finisce quasi per convincere
anche noi che, a posteriori, sappiamo bene quali danni ha fatto l’industria
petrolifera nel mare (e non solo). Ma naturalmente l’obiettivo della macchina
da presa di Mann non è focalizzato sull’ecologia, ma piuttosto sulla brama
interiore, sulla sete di conquista (intesa
in senso lato) che anima gli spiriti pionieri come l’ingegner Martin. Questo
naturalmente mentre, in modo diciamo così ufficiale,
viene imbastita una doppia storia d’amore a sfondo progressista, nel senso che il progresso aiuta e alla fine si sposa
(letteralmente) con la comunità locale dei pescatori, in perfetta armonia da
film hollywoodiano.
Nel lungometraggio c’è una esplicita componente
tecnica che supporta il valore del progresso: viene illustrata per sommi capi
l’idea di un’istallazione (la prima al mondo) di una piattaforma petrolifera in
mezzo al mare e vengono anche mostrati alcuni passaggi sul suo funzionamento.
Buona anche la doppia storia d’amore, con l’aiutante di Martin, Johnny Gambi
(Dan Duryea) che si sposa la figlia minore (Marcia Henderson) di un marinaio
locale, mentre all’ingegnere toccherà quella più grande, ovvero la splendida
Stella (nientemeno che una smagliante Joanne Dru), pur dopo una logicamente
tribolata storia sentimentale.
Insomma, tutto
è bene quel che finisce bene, si potrebbe dire; se non fosse che oggi
sappiamo come le cose, nella realtà (in riferimento generale all’uso del
petrolio e particolare all’estrazione nel Golfo), alla lunga non siano andate
poi in modo così trionfale. E allora questo film, proprio per la sua onesta e
ingenua propaganda tecnica del progresso, qualche dubbio può farcelo venire,
magari quando ci raccontano delle meraviglie tecnologiche del futuro.
Marcia Henderson
Joanne Dru
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