665_IL SEGRETO DEL MEDAGLIONE (The Locket). Stati Uniti; 1946. Regia di John Brahm.
Piccolo gioiello cinematografico, reso memorabile anche dalla particolarissima struttura narrativa, Il segreto del Medaglione è un thriller psicologico a forti tinte noir. Del resto a garanzia di qualità c’è l’origine del regista John Brahm, autore tedesco emigrato in America che, come molti altri suoi colleghi, lasciò la Germania nel 1933, portando con sé ad Hollywood l’eredità dell’arte cinematografica della propria terra. Ai tempi il paese europeo godeva di una scuola artistica nelle arti visive che non aveva rivali e, ne Il segreto del Medaglione, a questa attitudine dobbiamo quegli influssi espressionistici che già avevano contribuito fortemente a definire il genere noir americano degli anni ’40, qui efficacemente interpretati dalla splendida fotografia, a cura del maestro Nicholas Musuraca. In effetti il film di Brahm non è sempre considerato un noir, avendo una struttura narrativa del tutto particolare e non aderendo allo standard, abitualmente piuttosto rigoroso, del genere principe dei Quaranta. Ma la confezione formale, come detto anche grazie all’arte fotografica di Musuraca, lo rende particolarmente affine ai noir del periodo. E poi Laraine Day, nei panni di una inquietantemente radiosa Nancy Fuller, sfodera una prestazione interpretativa che le merita un posto di rilievo in un’ipotetica galleria di dark ladies, di gran lunga la figura più interessante del genere noir. Per la verità la Nancy de Il segreto del Medaglione è un personaggio assai più complesso delle solite femme fatale dei film in bianco e nero degli anni Quaranta; quelle, seppur centratissime e indovinatissime, erano figure poco più che bidimensionali, mascherando la loro vera natura buona dietro al cinismo e all’aspetto di avvenenti vamp. Anni dopo, la meravigliosa Jessica Rabbit con il suo “non sono cattiva, è che mi disegnano così”, darà una buona definizione della struttura psicologica delle dark ladies: nei film dell’epoca avevano un ruolo e dovevano interpretarlo. Che in genere era quello di indurre in tentazione l’eroe della storia e, essendo quegli anni piuttosto tribolati, portandolo alla perdizione. Cosa che, in sostanza, fa anche Nancy, seppure in modo personale e diverso dal solito.
In compenso, la nostra protagonista, non si accontenta di mettere nei guai un solo uomo ma ne rovina tre in un unico film. E per far questo, e rendere comunque concentrata la vicenda senza che sembri una carrellata sugli amori della sua protagonista, Brahm opta per una struttura a flashback concentrici. Ma, ad un certo punto, sembra esagerare visto che nella storia ci saranno ben tre salti sovrapposti all’indietro nel tempo: in pratica, quando entra in scena la Nancy bambina, siamo di fronte ad un flashback di un flashback di un flashback. Operazione rischiosissima perché lo spettatore rischia di perdere il filo del discorso dal momento che tre dei quattro complessivi livelli narrativi sono sostanzialmente molto simili tra loro. In tutti e tre c’è la nostra eroina che, con una disarmante finta ingenuità e il viso delizioso di Laraine Day corredato da un sorriso irresistibile sempre pronto, riesce a far perdere la testa a John Willis (Gene Raymond), al dottor Harry Blair (Brian Aherne) e addirittura a Norman Clyde (addirittura perché l’uomo è interpretato da Robert Mitchum).
La questione è ambientata nel giorno di matrimonio tra Laraine e John, e i due primi flashback ci portano ai tempi delle vicende tra la ragazza e gli altri due uomini che, come detto, hanno un andamento analogo tra loro; il successivo livello narrativo, quello dell’infanzia di Nancy, è comunque strettamente connesso anzi, è l’origine dei disturbi che affliggono la donna e che si riverseranno sulle sue storie sentimentali. Si diceva dell’aspetto noir de Il segreto di Medaglione: da questo punto di vista sembra una divagazione fuori tema il passaggio londinese della storia, con i suoi accenni alle vicende belliche del secondo conflitto mondiale. Una sensazione che si affianca a quella che può sorgere per i tanti e lunghissimi flashback e che determina un certo spaesamento nello spettatore: forse un tentativo (nel caso, abbastanza riuscito) di indurre una sorta di stato confusionale in modo metalinguistico. I ripetuti salti nel tempo creano infatti un effetto straniante, amplificato dal cambio di punto di vista del narratore ogni volta differente, sotto il profilo narrativamente tecnico, così come l’utilizzo di argomenti fuori tema (Londra durante la guerra) in un film almeno visivamente appartenente ad un genere strettamente codificato come il noir. Ma questo lavoro di Brahm non è aggressivo, lavora semmai sottotraccia: nel concreto, visto la buona verve narrativa del regista di origine tedesca, può capitare, ad un certo punto del racconto, di aver preso come riferimento primario la storia tra Nancy e il dottor Blair, dimenticandosi che la vicenda si colloca al giorno delle nozze tra la ragazza e Willis.
In ogni caso un certo clima confuso si percepisce, nella pellicola, ma il calibrato dosaggio non lo rende fastidioso; anzi, alla fine è un efficace strumento per dare tridimensionalità alla protagonista della storia, Nancy. Il finale, in linea con il genere thriller, esplora l’aspetto psicologico della vicenda così come della protagonista, con qualche passaggio che, se non negli effetti espliciti, ha più di un eco horror. E qui prende corpo, nella scena della cerimonia, la confusione seminata prima dal regista e che, fino a quel punto, stava ben nascosta nella graziosa testolina di Nancy. Insomma, Brahm propone un cocktail variegato ma si dimostra capace di gestire la miscela e, soprattutto, la sua protagonista è un personaggio a suo modo memorabile.
Perché ne Il segreto del Medaglione c’è, tra l’altro, una spiccata critica sociale a quell’America che pure aveva accolto il regista esule dall’Europa: lo spunto che dà origine ai disturbi psicologici di Nancy, e quindi a tutta la vicenda, è un gioiello (il medaglione del titolo), che la ragazza aveva ardentemente desiderato sin da bambina. La ricchezza come principale obiettivo, sottolineato dall’escalation sociale che la donna compie scegliendosi via via un partner sempre più facoltoso, negli Stati Uniti è, secondo Brahm, radicata sin dal principio, sin dall’infanzia. La borghesia americana, incarnata benissimo dalla signora Willis (Katherine Emery), non sembra poi molto diversa da una qualsiasi aristocrazia europea, e anche questa è una critica piuttosto pesante alla società a stelle e strisce.
Sebbene la metafora migliore, in questo senso, che Brahm sembra proporci è proprio il viso sorridente di Loraine Day: è la perfetta incarnazione di un certo modo di intendere l’America. Sempre sorridente, sempre ben disposta, sempre sincera, sempre disposta ad ammettere eventualmente qualcosa (ma solo dopo essere stata scoperta), Nancy non sembra davvero poter avere un lato oscuro. Ed è proprio questo roseo modo di porsi che inquieta maggiormente; perché poi, quando le magagne vengono alla luce, si può perfino tirare un sospiro di sollievo. Oggi, che gli Stati Uniti hanno già mostrato, e più volte, il loro lato più truce, la cosa può sembrare quasi scontata. Nel 1946, l’anno di uscita nelle sale di Il segreto del Medaglione, l’America stava assurgendo al ruolo di paese leader del cosiddetto mondo libero. Avessimo dato retta a Brahm ci saremmo risparmiati molte amare sorprese.
Loraine Day
il quadro senza pupille fa una certa impressione :0
RispondiEliminaSi, era un elemento del film: il pittore interpretato da Robert Mitchum eseguiva un dipinto di Cassandra prendendo a modello la protagonista della storia. Il che gettava un'ulteriore luce inquietante sulla figura del sorridente personaggio di Loraine Day. Non ne ho parlato nella rece perché non ho colto particolari sviluppi in quel senso ma mi sembrava solo un accenno. Il dipinto era per altro inquietante e l'ho messo nella gallery; forse avrei dovuto accennarne.
RispondiEliminava bene così, è giusto che nella rece metti le cose che ritieni più significative, ci sono sempre i commenti per approfondire ;)
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