661_LE PISTOLE DEI MAGNIFICI SETTE (Guns of the Magnificent Seven). Stati Uniti; 1969. Regia di Paul Wendkos.
Terzo capitolo della saga dei Magnifici Sette, il film di
Paul Wendkos Le pistole dei Magnifici
Sette registra l’abbandono di Yul Brinner, l’unico che avesse interpretato
entrambi i primi due episodi, nei panni di Chris Adams. A questo punto, della
formazione originale di interpreti non rimane più nessuno, mentre resiste il
ruolo del personaggio protagonista, Chris Adams appunto, qui impersonato da
George Kennedy. Kennedy è bravo, anche se gli manca il carisma necessario a
reggere il ruolo di leader: lo sa anche Wendkos, che infatti cerca di rimarcare
il contrario con una battuta durante il racconto. Comunque l’attore se la cava
discretamente, anche perché il film è un’operazione di semplice intrattenimento,
nella quale è naturale essere un po’ di bocca buona. Tra i nuovi elementi dei sette vale la pena ricordare James
Withmore, nel ruolo di Levi, e volendo anche Monte Markham nei panni di Keno.
Il film presenta poche varianti rispetto ai suoi predecessori: stavolta i sette devono liberare l’elemento più
rappresentativo della classica comunità rurale, Quintero (Fernando Rey), tenuto
prigioniero dai federali messicani in un carcere di ‘massima sicurezza’.
Curiosamente il ruolo di Quintero è interpretato da Fernando Rey che nel
precedente Il ritorno dei Magnifici Sette
aveva già recitato ma nel ruolo del prete. Ovviamente il manipolo di
uomini riuscirà nell’impresa venendone però decimato: prima del conflitto
finale, ci sono alcuni interessanti scambi di vedute tra i vari elementi, tra i
quali il più rilevante è quello tra Slater, un ex confederato che ha perso
l’uso di un braccio, e Cassie, un muscoloso uomo di colore. Cassie sarà il
primo a cadere, e lo farà in una scena particolare, con la camicia azzurra che
ricorda la divisa unionista, macchiata di sangue, tra le braccia proprio di
Slater, un uomo in uniforme sudista. Un quadro che cerca di riunire, (per altro
nella morte, visto la fine che farà anche Slater), il sudista e il nordista, il
bianco razzista e l’ex schiavo negro. Divertente l’iniziale scena della
scampata impiccagione a causa del cavallo rubato, con Chris che suggerisce a Keno di mettersi vicino
all’abbeveratoio per far avvicinare a sé l’equino, attirato lì dall’acqua, spacciandone
il comportamento per attaccamento al padrone e dimostrarne falsamente la
proprietà. Buoni anche i dialoghi, qualche volta un po’ sopra le righe ma in
modo comunque consono al tenore della pellicola. Strepitosa come prevedibile la
colonna sonora di Elemer Bernstein che ripropone il classico tema della saga.
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