1654_ACID - DELIRIO DEI SENSI . Italia, 1968. Regia di Giuseppe Scotese
Secondo lo stesso Scotese, Acid – Delirio dei sensi fu il primo
lungometraggio europeo ad occuparsi di questo potente stupefacente, e il film
ebbe anche delle noie con un’interpellanza parlamentare. A detta del regista,
secondo questi esponenti politici italiani, il film rischiava unicamente di
fare una inutile e dannosa pubblicità ad un fenomeno che, al momento, non era
presente nel nostro paese e nemmeno sarebbe mai sorto. Il film venne bocciato
anche dalla censura, almeno in prima istanza. Scotese, rilasciò un’ampia
dichiarazione per giustificare il proprio operato, svolto “con la
collaborazione di scienziati di notorietà mondiale” [La censura boccia
(in prima istanza) «Acid – Delirio dei sensi», L’Unità, domenica 17 dicembre 1967,
pagina 6]. Tra questi studiosi, spicca il nome di
Albert Hofmann, il chimico che per primo sintetizzò e sperimentò –su sé stesso–
l’LSD [dall’intervista
pubblicata su: Daniele Aramu, Apocalisse domani, Nocturno Book nr.9 –
Mondorama, Nocturno Edizioni, Milano, pagina 30]. Tuttavia il
risultato finale, almeno artisticamente, non fu all’altezza delle aspettative,
con un montaggio che lascia più di qualche perplessità e con Scotese stesso che
definì il film, in seguito, lapidariamente, “un aborto!” [Ibidem].
Scotese, tuttavia, godeva di una stampa non particolarmente ostile, almeno se
paragonata ad altri autori di Mondo movie. “Movimento «hippy», marijuana, LSD, diventano materia di film anche per
noi. Dopo Il sesso degli angeli ed Escalation, ecco Acid –
delirio dei sensi del regista Giuseppe Scotese (di cui è annunciato un
documentario-inchiesta sulla fame del mondo, Il pane amaro), che tratta
del problema degli allucinogeni in America con tono obiettivo, ispirandosi ai
risultati d’un reportage condotto dalla televisione di New York negli ambienti
dei trafficanti e dei consumatori. La ricostruzione, autentica per quanto
riguarda gli «esterni», è viceversa più o meno inventata nei suoi episodi
esemplificativi, dalla somma dei quali dovrebbe uscire (ma è difficile giungere
a tanto sullo schermo) una spiegazione insieme fisiologica e sociologica
dell’inquietante fenomeno. In effetti i «casi» raccontati dal film sfumano nel
generico di un’«inquietudine» e di una correlativa «evasione» quali ci son
state sempre: l’esempio della scrittrice che per dimenticare il suo infelice
amore per un negro (infelice non per motivi razzistici) prende la droga, sa
troppo di romanzo perché possa inquadrarsi nell’attualità del problema. Anche
negli altri esempi, come quello dell’idillio della giovane giornalista col
gangster, la buona intenzione di spiegare l’uso della droga come una rivolta contro
la civiltà del benessere materiale, si perde nel frastaglio psicologico di un
fatto privato. Meglio è riuscito il film nel tentativo di rivelarci il segreto
della droga in sé, ossia di rappresentare attraverso le immagini quello che
prova un consumatore di allucinogeni. Anche qui restiamo nell’approssimazione
(e non così avanzata e geniale quale si ebbe in Chappaqua del giovane
Conrad Rooks); ma il ricorso a filtri colorati e alla sdoppiatura e
frantumazione delle immagini, non si risolve sempre in mero tecnicismo, apre
qualche spiraglio attraverso il promesso «delirio dei sensi». Come non si
potrebbe dubitare dell'impegno «civile» con cui il regista ha trattato il tema,
serietà che spicca soprattutto nell'incorniciatura documentaria delle sequenze
girate dal vero e delle interviste con medici e psichiatri. Janet Tillet,
Annabella Andreoli, Stephen Forsyth, gli interpreti” [l.p., Gli allucinogeni in America, La Stampa, anno 102, nr.90,
domenica 14 aprile 1968, pagina 9].
La recensione risulta, ad essere onesti, persino troppo lusinghiera, per il volonteroso ma irrisolto film di Scotese. Così come anche questa: “Incerto nel tono, tra documentaristico e romanzesco, Acid – Delirio dei sensi annoda diverse storie di giovani americani dediti all'uso dello LSD: tutte, bisogna dirlo, a fine non lieto, benché i medici intervistati all’inizio del film si dimostrino piuttosto cauti nel valutare eli effetti del fenomeno, largamente diffuso oltre Oceano (si calcolano a due milioni i nuovi tossicomani). Giuseppe Scotese, il regista, ci aveva dato anni or sono una pregevole inchiesta cinematografica, Le città proibite, e ne ha pronta un’altra eccellente, Il pane amaro, sul problema della fame nel mondo. Con Acid – Delirio dei sensi egli ha fatto un passo falso, e ce ne dispiace, perché il punto di partenza non mancava d'interesse. Ma la ricostruzione «in studio» di vicende pur forse desunte dalla realtà, e un atteggiamento genericamente moralistico, infirmano in grave misura la qualità del risultato. Tra gli attori professionisti, si salva forse la nostra Annabella Andreoli. che ha un viso sensibile ed espressivo” [Acid – Delirio dei sensi, L’Unità, domenica 28 aprile 1968, pagina 16]. In effetti, se l’idea alla base poteva anche essere valida, la scelta della massiccia ricostruzione delle storie private dei protagonisti, non è poi supportata da un’adeguata messa in scena. Se la ricostruzione artefatta, in un documentario, è accettabile –da un punto di vista della credibilità scenica, lasciando stare ogni altra contestazione concettuale di questa pratica– se limitata a poche sequenze estemporanee, che rievocano appunto una ripresa dal vero e non pianificata, nel momento in cui ci si spinge oltre, occorre attrezzarsi a dovere. Oggi questo tipo di produzioni sono definite docufiction, e, sebbene neppure queste, in genere, brillino per le interpretazioni degli attori o la complessiva confezione formale, proprio una messa in scena adeguatamente credibile –quella tipica dei film di finzione, insomma– dovrebbe essere il requisito indispensabile. Tra gli interpreti di Acid – Delirio dei sensi si può citare la stuzzicante e sconosciuta Federica Sachs, che, nel film, interpreta Ursula, un personaggio spregevole seppur seducente. Forse proprio la connotazione negativa agevola l’improvvisata attrice che, in ogni caso, se la cava egregiamente aiutata anche dal physique du rôle. Scotese e Gianpaolo Santini, direttore della fotografia, in materia di riprese sapevano indubbiamente il fatto loro, tuttavia la scelta di visualizzare attraverso stratagemmi tecnici gli effetti psichedelici dell’LSD era un’impresa ardua e non si può dire che sia stata felicemente superata.
Al fenomeno dei Mondo Movie, Quando la Città Dorme ha dedicato il secondo volume di studi attraverso il cinema: MONDO MOVIE, AUTOPSIA DI UN GENERE, AUTOPSIA DI PAESE
Nessun commento:
Posta un commento