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giovedì 2 gennaio 2025

GLI SPECIALISTI

1601_GLI SPECIALISTI . Italia, Francia, Germania Ovest 1969: Regia di Sergio Corbucci

Sergio Corbucci conferma, con l’interessante Gli specialisti, la sua fama di nume tutelare, secondo solo al grandissimo Sergio Leone, degli spaghetti-western. Il regista romano ha una assoluta padronanza di questo particolarissimo genere, e riesce ad inserire nel suo lavoro alcune forzature che, a conti fatti, finiscono per essere tra gli aspetti più rimarchevoli dell’opera. Ad esempio la presenza dei quattro giovani debosciati che fumano hashish, o l’incredibile e grottesca ultima sequenza con gli abitanti di Blackstone nudi e costretti a strisciare come vermi per la main-street, sono passaggi che, a rigor di logica e coerenza narrativa, dovrebbero lasciare perplessi. Eppure rappresentano anche il lato meno gratuito e scontato del film e, se li assumiamo ad esempio, in generale del western all’italiana. Genere che può avere un senso se porta qualcosa di originale, di realmente significativo, perché diversamente l’idea di produrre film sulla conquista dell’ovest americano girati in Italia o in Europa sarebbe davvero poco comprensibile. Da un punto di vista squisitamente narrativo la storia è ben congeniata, e riflette anche la critica sociale che probabilmente preme a Corbucci, che se la prende con gli affaristi e la gente per bene: sarebbero questi ultimi gli specialisti del titolo, nel senso di ‘specialisti in linciaggi’, o, per proseguire con la metafora, in giustizia di comodo. Il protagonista è Hud, un pistolero che se ne va in giro con un gilet in maglia di ferro in grado di respingere le pallottole (tipico espediente da spaghetti-western) interpretato da un Johnny Halliday che fa un po’ troppo il verso al Clint Eastwood della trilogia del dollaro. Più interessanti le figure dello sceriffo interpretato da Gastone Moschin, che pur sembrando un impiegato più che un uomo di azione, rivela comunque una sua non comune dignità, e del bandito pseudo-rivoluzionario messicano El Diablo (Mario Adorf), un personaggio interessante anche se, forse, non definito fino in fondo. Nonostante moltissimi elementi siano smaccatamente legati alla frontiera americana del 1800, nel complesso, vuoi per l’ambientazione alpina, vuoi per certi passaggi davvero troppo grotteschi, il lungometraggio sembra una sorta di pastiche, divertente e graffiante: ma forse rappresenta meglio di tanti altri, l’anima anarchica che è la cifra più tipica degli spaghetti-western.  







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