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martedì 28 gennaio 2025

GLI INESORABILI

1614_GLI INESORABILI (The Unforgiven). Stati Uniti 1960: Regia di John Huston

John Huston è giustamente considerato uno dei grandi registi americani ma, curiosamente, non è certo un habitué del genere cinematografico americano per eccellenza, il western. Anzi, Gli inesorabili è il suo primo impegno ufficiale come regista di un lungometraggio ambientato alla frontiera: e si tratta di un esordio istrionico almeno quanto il suo autore. Perché per questo suo tardivo approccio al genere che ha sancito il mito del Sogno Americano, Huston addirittura ribalta i presupposti di quel Sentieri selvaggi di John Ford che forse si può ritenere il “western definitivo”. Tratto da un romanzo di Alan Le May, esattamente come Sentieri Selvaggi, The unforgiven ne capovolge infatti le coordinate narrative: se nel film di Ford erano i bianchi a cercare una ragazza rapita ed allevata dagli indiani, qui sono i Kiowas, una tribù delle praterie, a ricercare una giovane ragazza strappata alla propria gente per essere adottata presso una famiglia di coloni. La ragazza in questione è Rachel Zachary (una raggiante Audrey Hepburn), sorellastra di tre giovanotti di cui il maggiore è Ben (il granitico Burt Lancaster), della quale lei è invaghita, sebbene non in modo dichiarato. Questa sorta di tresca amorosa, avrà la sua importanza, sebbene in principio appaia un po’ torbida, essendo i due cresciuti come fratello e sorella. Comunque la situazione generale presentata da Huston ci appare senza particolari problemi, con gli Zachary alleati e legati ad una famiglia vicina, i Rawlins (il cui capofamiglia è Zeb, interpretato da Charles Bickford); gli affari come allevatori vanno bene e tutto fila per il meglio. Senonché si presenta sulla scena un vecchio e malandato soldato, forse pazzo o forse no, che, come avesse una sorta di funzione di memoria storica, ricorda o rivela a tutti l’origine di Rachel. La situazione precipita quando arriva il fratello di sangue della ragazza, Lost Bird, in capo ai Kiowas, determinato ad avere indietro la sorella. Sorella su cui si scaglia la comunità, incolpandola di aver causato la morte di un membro della famiglia Rawlins, e addirittura ripudiata, in primis addirittura da Cash (Audie Murphy) uno dei suoi fratellastri, solo per il suo essere di sangue indiano. 

I toni dello spettacolo si alzano e, nello stile eccentrico del regista americano, passa sullo schermo perfino l’impiccagione del vecchio soldato per mano di una donna, ma’ Rawlins furibonda per la perdita del figlio. E’ quindi un film con momenti di grande enfasi dove Huston si diverte a rovesciare i soliti cliché narrativi del west: dei presupposti abbiamo detto, ma va ricordato almeno la scena “simbolica” della vacca sul tetto della fattoria, che in parte è documento storico e in parte è ribaltamento di un’immagine consueta (l’animale sta’ sopra anziché a terra), e nella fase dell’attacco degli indiani fa specie che l’incendio della casa sia, contrariamente al solito, appiccato dagli assediati come sistema difensivo. Attacco indiano che, tra l’altro, è un fiasco colossale per i nativi, con un’intera schiera di guerrieri fatti fuori da un uomo, un ragazzo e due donne. A Huston, evidentemente, gli indiani non interessano e li tratta come mere comparse; a Lost Bird viene concesso qualcosa in più, ossia l’onore di essere sacrificato da Rachel che di fronte alla scelta tra la sua natura e la sua cultura, sceglie quest’ultima. Un confronto tra questi due grandi ascendenti, natura e cultura, è evidenziato anche dalla scena del piano: agli indiani che suonano i loro primitivi strumenti prima della battaglia, gli Zachary rispondono con la madre Matilda (Lilian Gish) che suona Mozart al pianoforte, piazzato per l’occasione nel cortile di casa. Gli indiani sono zittiti a fronte della superiore evoluzione musicale degli assediati; una scena piuttosto surreale, affascinante e certamente anche simbolica. Huston non pare quindi tanto interessato alla questione razziale; il razzismo diffuso tra la comunità dei coloni è vissuto con qualcosa di più che rassegnazione (leggi comprensione) perfino da parte di Rachel. La ragazza sembra quasi d’accordo con il fatto di essere discriminata, e solo l’amore che alla fine sboccerà liberamente con Ben aggirerà il problema. Ecco, su questo il regista sembra non avere dubbi: l’amore è più forte del pregiudizio; il resto, le questioni razziali dal punto di vista sociale e morale come pure le vicende storiche, possono anche venire ribaltate tanto poco rilevante è l’importanza che hanno.

 



Audrey Hepburn 




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