1380_LA CORDA DI SABBIA (Rope of Sand). Stati Uniti 1949; Regia di William Dieterle.
Hal B. Wallis, dichiarò pubblicamente che, con La corda di sabbia, cercava di rinverdire i fasti di una sua precedente produzione, Casablanca (1942), il grande classico di Michael Curtiz. Probabilmente il buon Wallis aveva messo nel mirino Humphrey Bogart e Ingrid Bergman, le star della pellicola, ma di quel capolavoro si dovette accontentare dei comprimari, Claude Reims, Peter Lorre e Paul Henriet. Siamo in Sud Africa e La corda di sabbia del titolo è una striscia di terreno fortemente desertico che aiuta a delimitare la ‘zona proibita’, un’area ricca di diamanti sulla quale le autorità coloniali non vogliono mollare la presa. Infatti, nel caso si riesca a superare il deserto, bisognerà fare i conti con feroci guardie armate assai determinate. La regia del film è affidata al valente William Dieterle che, subito in apertura, dà sfoggio di una mirabile sequenza con un inseguimento di un nativo che prova a scappare a piedi, tra le dune di sabbia, inseguito dai mezzi cingolati della milizia. La scena è un pezzo di bravura di Dieterle, qui ad uno dei suoi ultimi spunti interessanti di una gloriosa carriera, e si avvale dell’ottima fotografia di Charles B. Lang Jr. e delle potenti musiche di Frank Waxman, che ci mettono subito sull’avviso: se non siamo all’inferno, ci manca poco. I tre attori citati e presi dal cast di Casablanca sono anche stavolta comprimari, sebbene di notevole calibro, a cominciare da Claude Reims: il suo Mr. Martingale è un curioso uomo d’affari, senza scrupoli, come tutti i ricchi colonialisti del tempo, ma con un suo personalissimo gusto dell’onore. Nel dar vita a questi ambigui personaggi Claude Reims è insuperabile.
Paul Henriet è invece Vogel, il comandante della polizia: un uomo sadico e di scarso valore, che utilizza il posto di rilievo che occupa per dispensare angherie e arricchirsi spudoratamente. Peter Lorre è Toady, ricettatore e losco faccendiere che, per la verità, ha un ruolo troppo marginale. Peccato. Il protagonista del film è Mike Davis, cercatore di diamanti e guida per turisti in cerca d’avventura, interpretato da un aitante Burt Lancaster in quella che lo stesso attore americano ritiene la sua peggior performance sullo schermo. Sarà, ma, a guardare La corda di sabbia, né la prestazione di Burt, né tantomeno il film nel suo complesso, suscitano impressioni così negative, anzi. La storia è semplice ma, trattandosi di un noir esotico/avventuroso, questo non rappresenta certo un problema: in sostanza Mike aveva trovato un luogo, all’interno della zona proibita, zeppo di diamanti.
Malmenato e torturato da Vogel, non ne aveva rivelato l’ubicazione ed era infine stato scacciato dal paese. Dopo un paio d’anni era tornato e, se anche avesse avuto altre idee, il benvenuto del capo della polizia lo riporta immediatamente all’ingiustizia subita. Vogel lo intercetta infatti quando Mike non è ancora sceso dalla nave e, spalleggiato dai suoi gendarmi, lo maltratta che ancora non ha messo piede sulla terraferma. Il cercatore di diamanti è un tipo sanguigno: fosse stato anche disposto a sorvolare sul passato, a questo punto si riprenderà i suoi diamanti, costi quel che costi. Intorno a questa caccia al tesoro, si snoda la storia imbastita da Dieterle e dai suoi collaboratori: bar, locali notturni, ricevimenti in eleganti dimore, ma anche avvincenti scene negli spettacolari esterni, girate nel deserto di Yuma, negli Stati Uniti; insomma, tutto il campionario tipico del caso. Lancaster è il solito trattore umano, capace di portare avanti qualunque storia in qualunque situazione, e anche questo è un solido elemento di garanzia. Per essere un noir che si rispetti, manca da citare la dark lady della vicenda e qui c’è forse il tasto un po’ dolente dell’operazione. Già il personaggio di Suzanne Renaud si rivela troppo tenero, per ambire al ruolo di femme fatale, ma, ad affossare definitivamente la sponda sentimentale del film, è proprio la scarsa consistenza della pur simpatica Corinne Calvet, l’interprete chiamata per impersonarla. L’attrice francese è certamente carina e anche di buona presenza, ma manca completamente del necessario glamour hollywoodiano per reggere il ruolo della dark lady in un noir. Oltretutto, di questa cosa dovevano essere consapevoli anche gli autori, tanto che il suo personaggio è preso ripetutamente a pesci in faccia – metaforicamente parlando, sia chiaro – sia da Mike che da Martingale. Nel lieto fine, chiede a Mike quasi supplicando “davvero non mi ami?”, che svilisce anche la sua uscita di scena. Con una presenza femminile così poco affascinante, l’aspetto noir del film è depotenziato e La corda di sabbia finisce per essere piuttosto un appassionante racconto d’avventura. La rabbia di Lancaster nel deserto, che si scazzotta furibondo contro Henriet, è uno dei punti di forza del film. Ma il pezzo davvero indimenticabile è quando Mike distrugge deliberatamente, e per dispetto, un preziosissimo vaso nell’elegante casa del capo della polizia. Anche gli eroi hollywoodiani hanno le loro debolezze.
Corinne Calvet
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